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Ho ascoltato ‘Memento Mori’, il nuovo disco dei Depeche Mode e vi dico che…

Rieccomi su queste pagine. In nove punti parlo di Memento Mori, nuova fatica discografica dei Depeche Mode, pubblicata ufficialmente ieri 24 marzo 2023. In fondo al post, come consuetudine del blog – nato nel 2011 – troverete una playlist di nove brani da ascoltare gratuitamente sul mio canale personale di Spotify.

Partiamo!

1. Ho ascoltato il nuovo disco dei Depeche Mode. Prima di scriverne l’ho ripassato tre-quattro volte ed è bellissimo farlo sotto il sole del Mare Arabico di South Goa; spiagge orlate di palme, mare caldo, clima tropicale e soprattutto i Depeche Mode sparati in cuffia. What else? “Infierisco su di voi”. Steso al sole chiudo gli occhi ascoltando l’incipit del disco: My Cosmos is Mine. Gli echi industrial di cui la canzone è permeata contrastano con il clima circostante (32 gradi) al punto da generare in me un sottile brivido di freddo. Si chiama “effetto Martin Gore”, lui “può fare” questo e altro. Molliamo il mio viaggio indiano e concentriamoci sulla nuova fatica discografica dei Depeche Mode;

2. La produzione è stata affidata ancora una volta a James Ford (precedentemente aveva prodotto Spirit nel 2017) affiancato da Marta Salogni (Engineering and Additional Programming). Ford è un produttore discografico e cantautore inglese noto per essere membro di Simian Mobile Disco e The Last Shadow Puppets, nonché per il suo lavoro di produzione con Arctic Monkeys, Foals, Florence and the Machine, Pet Shop Boys e molto altri ancora. Riguardo all’esperienza con i Dm dice: “Parliamo di gente che viene dagli anni ’80. Sono abituati a registrare molto lentamente e, quindi, sono rimasti davvero sorpresi dalla velocità con cui invece ho lavorato. Per Memento Mori avevano pianificato tre o quattro mesi e invece abbiamo finito per farlo in due”. Sintetizzando il suo pensiero ha in pratica affermato che Martin Gore e Dave Gahan sono anziani, ma andiamo avanti;

3. Due cenni anche sulla Salogni. Chi è? Dice di sé: “Sono partita da Brescia per l’Inghilterra tredici anni fa. Ho fatto la gavetta partendo dal nulla portando i caffè a quelli bravi e poi le cose hanno cominciato a cambiare. Ho studiato inglese, quello tecnico che si usa negli studi, ho conosciuto David Wrench che è stato per me un mentore. Mi ha permesso di affiancarlo nei suoi lavori per Frank Ocean, David Byrne e Bloc Party, tra gli altri. Dave Gahan di lei dice: “Sono entusiasta del lavoro fatto con lei. Porta idee interessanti e fresche che fanno emergere l’identità dei Depeche nel migliore dei modi”. Una domanda sorge spontanea: come Marta Salogni è finita a lavorare con una delle più grandi rock band del mondo? “Merito di James Ford, sostiene, mi ha chiesto di dargli una mano per questo album sapendo che avevo già lavorato con Dave in più occasioni” (con i Soulsavers). Marta è anche coautrice di Speak to me, canzone che chiude Memento Mori;

4. James “lingualunga” Ford ha spifferato alcuni aneddoti sui Dm che faranno la gioia degli appassionati. Intendiamoci, niente che già non si sapesse eh? Confermano, semmai, le dinamiche inquiete del trio. “Fletch e Martin erano amici fin dai tempi della scuola, – ricorda – Martin è uno di poche parole e quando c’era da discutere con Dave lo faceva attraverso Fletch; litigavano furiosamente, ma attraverso di lui”. Gahan ha sempre subìto la relazione esistente tra i due amici al punto da sentirsi paradossalmente escluso dal gruppo per lungo tempo. “Dopo la sua morte – continua – Martin e Dave hanno scoperto di essere amici. Hanno cominciato a parlare tra loro e soprattutto a lavorare insieme nel processo compositivo dell’album; ciò ha generato un’energia incredibile, probabilmente lo stesso Fletch ne sarebbe rimasto incredulo”.

Ma veniamo al disco.

5. Il ritorno dei Depeche Mode non passa mai inosservato, ancor di più se il singolo (Ghosts Again) con cui anticipano il nuovo album funziona. Non è un azzardo sostenere che proprio loro siano rimasti gli unici in grado di evocare una certa coerenza stilistica. Eh sì, mica si chiede di evolvere in questo tempo musicale asfittico. E’ già molto essere in grado di ripristinare sé stessi. Eppure, i Dm “a questo giro” non lucidano soltanto il marchio; la declinazione all’interno della propria memoria avviene dentro una stratificazione compositiva che guarda con grandi consapevolezze al presente. Il disco non è “un pastiche” nemmeno un’operazione marcatamente nostalgica. Memento Mori rivendica un vero e proprio suono; un suono che si chiama Depeche Mode. Pochissime le chitarre, piuttosto, sono le coordinate sequenziali della musica elettronica a segnare il passo. Le sonorità offrono ricchi contrasti: cupe e al contempo solenni, melodiche a tratti disturbanti. I testi celebrano la vita, ma in alcuni passaggi si fanno oscuri. Eppure, in fondo al tunnel, si fa largo un piccolo pertugio entro il quale l’ombra diviene luce, quanto speranza;

6. Quale altro gruppo mainstream potrebbe permettersi di intitolare il proprio album con un monito di tale pesantezza? “Ricordati che devi morire”. Un titolo che non invita certo alla leggerezza; il dolore nel disco è profondamente sentito, ma non è il denominatore comune della produzione. E’ forse più sorprendente il senso di determinazione che vede affrancarsi canzone dopo canzone. “Il tempo è fugace” riconosce Gahan nel singolo Ghosts Again, ma leggendo per intero il testo la sensazione è che tale affermazione non sia riferita all’amarezza dell’inesorabile scorrere dei giorni, bensì al conforto che il tempo della maturità dona alla vita stessa. Soul with me, canzone che Martin gelosamente custodisce per sé, è un magnifico inno all’invecchiamento: “Vedo la bellezza/Mentre le foglie iniziano a cadere” – canta – segui la luce verso le voci che chiamano”. Gore svela un lato di sé intimo e struggente, un canto che da lontano evoca la vocalità dei grandi crooner, consapevole di essere trascinato verso qualcosa di proibito nel mondo a cui musicalmente appartiene, ma che probabilmente libera un’attitudine sopita. Forse una canzone in grado di svelare nuovi possibili scenari?;

7. Andy Fletcher è morto a maggio dello scorso anno. Tra “I devoti”, ma più in generale in ambito musicale, si ritiene che “Fletch” contribuisse alle dinamiche della band come equilibratore; parliamo dell’unico membro dei Dm senza crediti autorali. Il suo contributo come pacificatore e nel processo decisionale creativo è stato comunque importante al punto da diffondersi la speculazione che “gli altri due” potessero non essere in grado di continuare senza di lui. Eppure lo hanno fatto. Lo hanno fatto e, ascoltando il disco, sembra che la perdita del loro amico da oltre 40 anni li abbia spinti a lavorare bene insieme fino a generare nuove risorse: “Non sarebbe stato giusto cancellare la nostra memoria, in primis Fletch, non avrebbe voluto” afferma Gahan. “Quel che abbiamo provato a fare è tentare una sorta di approccio delle origini evitando il disordine dovuto dalla mancata esperienza – e continua dicendo – sia nei testi che nella strumentazione utilizzata”. In conclusione, la band ha scoperto nuove risorse e ciò, paradossalmente, è successo dopo aver appreso della morte del caro amico;

8. La coppia di brani in apertura My Cosmos is Mine e Wagging Tongues propongono partiture sintetiche e melodie volutamente semplici che risalgono al 1981, più precisamente alla prima fatica discografica; tra i musicisti di quel tempo in seno al gruppo giganteggiava un certo Vince Clarke. Brani che, come detto, non sono un semplice ritorno al passato; come potrebbe una band con la loro storia tornare al pop nitido degli esordi? Ascoltando Wagging Tongue, capolavoro dell’album, vengono alla mente due splendidi sessantenni – segnati dalla battaglia – voltarsi indietro rivolgendo lo sguardo verso la propria adolescenza e scoprire che lo spirito che animava quei tempi è rimasto intatto, così come la voglia di stupire è la medesima: Wagging Tongue è l’unica canzone firmata da entrambi e, già questo, può regalare un futuro tutto da scrivere;

9. Al sottoscritto piace il disco nuovo dei Depeche Mode? Tanto. Aggiungo finalmente! Era dai tempi di Ultra che non si ascoltava un album così compatto e strutturato. La quindicesima fatica vede i Depeche Mode abbracciare le molte sfaccettature del loro sound riuscendo a non compromettere la propria coerenza stilistica. Come detto, già questo pare un’impresa. Intendiamoci non tutto funziona; alcuni momenti di generale imbarazzo sono presenti (Don’t Say You Love Me e Caroline’s Monkey). Tuttavia a quei devoti che inevitabilmente inorridiranno dinnanzi all’entusiasmo di chi scrive consiglio di sciacquarsi la bocca prima di parlare male di Memento Mori. Consiglio soprattutto di ascoltarlo attentamente e mollare il passato. Tanto non ritorna. Al limite, rivolgendo lo sguardo indietro, si potrebbe scoprire una cosa soltanto: lo spirito rimasto intatto, forse.

Vi lascio come di consueto una playlist di nove canzoni. A questo giro dedicata ai Depeche Mode.

Buon ascolto!

9 canzoni 9 … dei Depeche Mode