Israele nel caos. Dopo il licenziamento da parte del premier Benyamin Netanyahu del ministro della Difesa Yoav Gallant, i leader delle proteste anti riforma della giustizia hanno indetto da subito una manifestazione a Tel Aviv di fronte al ministero della Difesa. Altri manifestanti, negli stessi momenti, hanno indetto un presidio in segno di solidarietà sono scesi sotto la casa dell’ex ministro. Complessivamente sono centinaia di migliaia le persone scese in strada per protestare ancora una volta contro la riforma della giustizia voluta da Netanyahu che, se approvata, lo metterebbe al riparo dal processo per corruzione in cui è imputato. Scontri si sono verificati nelle principali città mentre il console generale di Israele a New York, Asaf Zamir, ha annunciato le sue dimissioni. “Non posso più continuare a rappresentare questo governo”, ha detto. E anche le università annunciano una mobilitazione, con gli atenei in sciopero a tempo indeterminato.
Il leader dell’opposizione Yair Lapid ha attaccato la decisione di Netanyahu, sostenendo che “il premier può licenziare il ministro, ma non può licenziare la realtà del popolo di Israele che sta resistendo alla follia della maggioranza”. Manifestazioni sono in corso anche a Gerusalemme davanti alla residenza del premier israeliano Benyamin Netanyahu contro il licenziamento del ministro della Difesa Yoav Gallant. Lo stesso – secondo i media – sta avvenendo a Beersheva e ad Haifa. Intanto si è appreso che il segretario generale dell’Histadrut, il potente sindacato laburista, Arnon Bar-David, ha annunciato una conferenza stampa per domani durante la quale – secondo le stesse fonti – potrebbe annunciare uno sciopero generale.
“Siamo profondamente preoccupati per gli sviluppi in corso in Israele, compreso il potenziale impatto sulla capacità di reazione militare sollevato dal ministro della difesa Yoav Gallant, che sottolinea ulteriormente l’urgente necessità di un compromesso”, ha detto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Usa John Kirby commentando il licenziamento da parte del premier Netanyahu del ministro, ‘reo’ di aver chiesto di congelare la riforma giudiziaria che sta spaccando Israele. “Come il presidente ha recentemente discusso con Netanyahu direttamente, i valori democratici sono sempre stati, e devono rimanere, un segno distintivo delle relazioni Usa-Israele”, ha aggiunto il portavoce. “Le società democratiche – ha proseguito – sono rafforzate da controlli ed equilibri autentici e i cambiamenti fondamentali dovrebbero essere perseguiti con la più ampia base possibile di sostegno popolare. Continuiamo a sollecitare con forza i leader israeliani a trovare un compromesso il prima possibile basato su un ampio sostegno popolare”.
Ieri Gallant aveva chiesto in un discorso pubblico di fermare la legge di riforma giudiziaria che sta spaccando il Paese in nome dell’unità nazionale. A sostituirlo dovrebbe essere l’attuale ministro dell’Agricoltura Avi Dichter, anche lui del Likud, che aveva scelto di appoggiare la posizione di Gallant per poi ripensarci nello spazio di 24 ore affrettandosi a dichiarare la sua intenzione di votare la riforma.
A rappresentare la necessità per l’esecutivo di serrare i ranghi – mentre altri esponenti del Likud come Yuli Edelstein e David Bitan hanno espresso vicinanza a Gallant – è il tempo. L’intenzione del governo, nonostante il moltiplicarsi delle proteste in piazza, è infatti quella di varare l’intero provvedimento per entro la prossima settimana e, in ogni caso, prima della pausa della Knesset per la Pasqua ebraica. Non a caso per lunedì è in programma una commissione della Knesset che deve esaminare la questione chiave del Comitato di nomina dei giudici della Corte Suprema. L’obiettivo di Netanyahu è di portare a 11 i membri del Comitato (invece dei 9 di oggi) assicurando la prevalenza dei componenti di nomina politica sui tecnici. Altra intenzione del premier sarebbe nominare David Amsalem (Likud e noto oppositore dei poteri della Corte Suprema) secondo ministro della Giustizia che affianchi l’attuale responsabile Yariv Levin, ritenuto uno dei due architetti della riforma.
Neanche l’opposizione però intende mollare, e alle proteste di piazza aggiunge le petizioni alla Corte Suprema contro Netanyahu. Il premier ha una settimana di tempo per rispondere alla Corte che ha accolto un’istanza della ong ‘Movimento per la qualità del governo’ che accusa Bibi di aver violato la legge annunciando l’intenzione di occuparsi della riforma: in pieno conflitto di interessi, secondo la ong, visto il processo contro di lui in corso a Gerusalemme. Netanyahu si è fatto scudo di una recentissima legge approvata dalla maggioranza di destra che stabilisce l’incompatibilità di un primo ministro in carica solo in caso di problemi fisici o psichici e non per altro. Intanto, continuano le manifestazioni: gli oppositori sono rimasti tutto il giorno sotto casa di Dichter e di Levin e indetto a Tel Aviv ‘La settimana della democrazia’. I media hanno dato ampio risalto ad una fonte dell’esercito secondo cui – sulla linea di Gallant – i nemici di Israele giudicano ora lo Stato ebraico “debole e limitato nella capacità di reazione” a causa delle spaccature provocate nel Paese dalla riforma e dell’isolamento internazionale.