Ci sono principalmente tre tipi di odiatori: il primo è chi taglia la testa agli altri per non sentirsi più “basso”. Questo tipo di persona odia gratuitamente, perché si sente profondamente frustrata e delusa da se stessa e dalla vita, e riversa sul mondo tale frustrazione. Poi, ci sono gli odiatori seriali a pagamento. Ne sono pieni i media tradizionali e i social. Si tratta di una forma di prostituzione in cui sono presenti logiche di convenienza, in termini di denaro o professionali. In questo caso odiare conviene e, a volte, i professionisti più utili e abili arrivano a percepire un pagamento.
Infine, c’è chi odia in maniera genuina, perché si è sentito attaccato, aggredito, violato nella sua integrità fisica o psicologica. L’odio genuino di solito si manifesta verso una persona vicina che ci ha fatto del male: un insegnante che ha distrutto la nostra autostima; un genitore che ha abusato di noi; un partner che ci ha traditi o delusi, ad esempio. Odiare una persona dopo averla amata ha funzioni ben precise: può essere un meccanismo finalizzato all’interruzione definitiva della relazione, oppure è una forma estrema di richiesta di maggiore vicinanza e attenzione da parte del partner. Gli esseri umani hanno strane forme per chiedere amore, attenzione e accettazione. A volte lo fanno impartendo dolore.
L’odio è, in definitiva, una sentenza di condanna senza possibilità di appello. È prendersi la libertà di negare totalmente la possibilità di essere amati e perdonati, e si arriva a desiderare di infliggere le peggiori punizioni. Tutti noi nasciamo con la capacità di aggressione e compassione: per decidere quale tendenza abbracciare è fondamentale che gli individui, le comunità e la società facciano una scelta consapevole. Infatti, la chiave per superare l’odio e rendersi conto della miseria che porta nella propria esistenza è un’educazione alla consapevolezza: comprenderne le radici in se stessi.