Diritti

A 2 anni dal pestaggio omofobo non c’è giustizia: “Condanna? Solo per lesioni personali, manca l’aggravante. Da governo attacco ai diritti Lgbt+”

A due anni dall’aggressione omofobica alla metro Valle Aurelia di Roma, non è ancora arrivato a sentenza il caso del pestaggio ai danni di Jean Pierre Moreno, l’attivista Lgbt+ picchiato con calci, pugni e lancio di sassi soltanto perché stava baciando il suo compagno.
Si attendeva il verdetto, con una decina di militanti in presidio di solidarietà di fronte agli uffici del giudice di pace, ma alla terza udienza in due anni è arrivato l’ennesimo rinvio, in attesa di ascoltare alcuni testimoni. Una sentenza ora attesa per maggio. Al di là dei tempi lunghi, però, come ha denunciato la vittima, “la giustizia non arriverà mai”. Il motivo? “Una condanna sarebbe comunque monca, perché in Italia manca una norma che punisce chi agisce spinto da un intento omofobico”, precisa l’avvocata Martina Colomasi di Rete Lenford, legale della vittima.
Tradotto, ha denunciato anche Rosario Coco, presidente di Gaynet, “l’esito del processo si avvia verso una probabile condanna per lesioni personali, la stessa che potrebbe essere comminata per una lite in un parcheggio”. “Sono deluso, arrabbiato. Noi vittime siamo le uniche persone esposte, ma non abbiamo tutele. Mentre il mio aggressore, protetto dalla privacy, non si è mai presentato in tribunale, nessuno sa chi è. Dovrebbe almeno capire il danno che ha fatto”, denuncia Moreno.
“Nonostante le immagini che fecero il giro del mondo, con l’aggressore che scavalcò i binari per picchiare due ragazzi omosessuali, dopo due anni ancora non c’è giustizia. A causa dell’affossamento della legge contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo nello scorso novembre 2021, tra i vergognosi applausi del centrodestra, l’Italia non riconosce ancora la matrice omofoba tra i pregiudizi su cui si basano i crimini d’odio, diversamente da quelli basati su razza, etnia, nazionalità e religione”, denuncia Gaynet.
Per poi attaccare l’attuale maggioranza che sostiene il governo Meloni: “Le stesse persone che oggi in Parlamento dicono ‘c’è l’adozione in casi particolari’ per le famiglie arcobaleno, sono quelle che dicevano ‘le leggi ci sono già’ nella scorsa legislatura. Ma non è così”. Tradotto, insiste Coco, “c’è in corso un attacco ai diritti delle persone Lgbt+. Se i precedenti governi non erano stati in grado di approvare leggi a sostegno dei diritti civili, questo esecutivo va contro qualsiasi principio di eguaglianza. Sia sulla genitorialità che sulla violenza di stampo omofobico le normative mancano, al di là di quanto sostenga la destra”.
“Non vogliamo vedere persone in carcere, ma ottenere sentenze giuste, che riconoscano la vera motivazione dei reati, con pene sostitutive e lavori socialmente utili, come prevedeva il disegno di legge Zan affossato in Senato con il vergognoso applauso delle destre”, spiega pure Lou Ms.Femme, un’altra attivista presente al presidio. “La nostra azione non si fermerà finché anche l’Italia, ultima tra i fondatori UE, non riconoscerà finalmente tutte le fattispecie di discriminazione previste dall’OSCE e dal quadro giuridico europeo sui crimini d’odio, che include anche l’orientamento sessuale e l’identità di genere”, è stato l’appello rilanciato al termine dell’udienza.