Quindici anni fa, più o meno di questi tempi, ricevevo – insieme a tutti gli altri cittadini americani con reddito inferiore a un certo importo (inclusa mia moglie) – un assegno di circa un migliaio di dollari a sostegno della liquidità circolante messa a dura prova da spericolate operazioni finanziare come gli “junk bonds” (obbligazioni spazzatura) e gli arcinoti “Subprime Mortgages” (mutui in liquidazione) trasformati poi, con l’ausilio di potenti banche d’affari (e loro mediatori) insieme al potere magico delle “cartolarizzazioni”, in potenti esche per i “pescioloni” delle Borse che abboccarono in quantità afrodisiaca fino al punto da mettere l’intero sistema bancario americano incapace di reggere il peso di una bolla gigantesca di carta straccia venduta come se fossero valori dando il via al rovesciamento della “frittata”.

Con un crollo in borsa che ha rischiato di sotterrare per sempre non solo la Lehman Brothers, ma tutte, o quasi, le grandi banche americane quasi totalmente libere di speculare su tutto quello che entrava dalla loro porta d’ingresso. Ormai si sa quasi tutto di quella spericolata fase delle “liberalizzazioni bancarie” iniziate con Ronald Reagan e proseguite con Bill Clinton che hanno spalancato la porta a speculatori di ogni tipo che, quando calcolavano bene il loro rischio, erano capaci di creare volutamente “bolle finanziarie immense” con milioni di titoli vari (“junk bond” e altri) estremamente sopravvalutati che poi aggredivano (come lupi affamati) a colpi di operazioni “Short” (o “al ribasso” una tecnica, non particolarmente difficile, che consente di guadagnare proprio quando il valore del titolo scende).

Ho riepilogato sommariamente la “Grande Crisi” del 2008 per introdurre i pareri di alcuni esperti inclusi due premi Nobel per l’economia sull’attuale “Crisi delle banche” cominciata da poco più di una settimana col fallimento della Silicon Valley Bank (Svb), californiana, che ci riporta di colpo alle paure di disastri globali sul tipo di quelli temuti nel 2008.

Joseph E. Stiglitz (Nobel economia 2001), per esempio, addossa quasi completamente a Jerome Powell, attuale numero uno della Federal Reserve americana perché ha ceduto alle pressioni di chi premeva per l’aumento dei tassi come unico rimedio per combattere l’inflazione. La tecnica monetaria di alzare i tassi di riferimento delle banche per combattere l’inflazione è da sempre contestata da tutti i “keynesiani” perché agisce in particolar modo a danno dei soggetti a reddito fisso (salariati, pensionati, ecc.) che perdono immediatamente tutto il valore dell’inflazione nel loro potere d’acquisto, spesso senza più riuscire a recuperarlo interamente.

Ma Stiglitz ha persino, attualmente, l’esperienza diretta di sua figlia, ceo di una “education start-up” sostenuta con fondi della Svp a testimonianza del prezioso lavoro svolto dalla Svb e ad altre iniziative simili. Quindi ciò che è successo nella Silicon Valley, la più nota area al mondo di “Venture Capital” e “Start-up entrepreneurs”, dove gli investitori si incontrano direttamente con giovani inventori e piccoli imprenditori con grandi idee per avviare imprese che poi, in diversi casi, partono e talvolta diventano colossi imprenditoriali globali (Microsoft, Apple, Amazon, ecc.).

Stiglitz addossa a Powell e a Donald Trump la causa di questo fallimento. Trump sotto la sua presidenza ha dato via libera alla riduzione o cancellazione di molte tutele adottate nel 2008 per la difesa delle banche (soprattutto attraverso i famosi “stress test” annuali a misurare la solidità finanziaria della banca da Trump ritenuti “ormai superflui” e quindi molto “affievoliti”). La crisi invece arriva sempre quasi di sorpresa quando, a causa del rialzo dei tassi e della scarsa “capitalizzazione” di questo tipo di banche, comincia a circolare qualche “notizia” sul rischio di default provocato dal temutissimo “bank run” la cosiddetta “corsa allo sportello” a ritirare i propri valori lasciando la banca a corto di liquidità fino al punto in cui il Capitale Proprio della banca diventa insufficiente a garantire l’operatività del capitale investito costringendo la banca a dichiarare il fallimento.

Stiglitz (colpito anche negli affetti personali) avvisa che, in buona parte, la causa prima del “bank run” è stata anche la velocità e facilità con la quale è possibile oggi ritirare soldi e investimenti dalla propria banca chiedendo, quindi, di annullare le riforme “liberiste” di Trump, prima causa di questo fallimento poiché la “Svb” faceva un lavoro serio e molto utile specialmente ai giovani di avviamento per nuove iniziative, non un’attività speculativa. Quindi chiede tempo e aiuti per far ripartire la banca invece che liquidarla (a vantaggio di altri speculatori).

La paura però è contagiosa e, pochi giorni dopo la posizione fallimentare di Svb, è arrivata la notizia della Unione banche svizzere (Ubs) in procinto di percorrere lo stesso “calvario”. Ma Ubs è molto più grande di Svb ed è in Europa, proprio come Deutsche Bank. E’ addirittura considerata la locomotiva d’Europa.

Anche Paul Krugman (Nobel economia nel 2008) è d’accordo con Stiglitz (e molti altri) che non c’era urgenza di alzare i tassi a marzo. Nel suo articolo “How big a deal is the banking mess?” (si può tradurre in tanti modi, per me il miglior significato sarebbe: “Dove può arrivare questo pasticcio bancario?”) Krugman dice persino che il “Bank Run”, in casi ravvicinati (come quelli di Svb e Ubs), attiva questo fenomeno: “When depositors pull their money out of bank the effect is disinflationary, even deflationary” (‘Quando i depositanti ritirano i loro soldi dalla banca l’effetto è disinflazionario, o persino deflazionario’).

Equivalente almeno alla discesa di un quarto o mezzo punto d’inflazione. La mossa della Lagarde (aumento di mezzo punto come Powell) è perciò molto pericolosa. Speriamo che non si ripeta lo stesso errore del suo connazionale Jean-Claude Trichet nel 2011 quando non produsse un Bank Run, ma sprofondò tutta l’Europa in una lunga recessione.

I banchieri centrali devono stare molto attenti ad alzare i tassi, anche se è il sistema più semplice per ridurre l’inflazione. Il risultato potrebbe essere un “Bank Run”, come nel caso della Silicon Valley Bank che fallisce, o addirittura dell’intera Europa che entra in recessione come nel 2011.

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