Sono passati più di quattro da quanto la sonda Osiris-Rex, lanciata nel 2016 con una missione senza precedenti, agganciò l’asteroide Bennu per poi riportare sulla Terra i campioni del piccolo corpo celeste. Alla Nasa sono cominciati i preparativi per accogliere sulla Terra il campione dell’asteroide Bennu che il prossimo 24 settembre verrà paracadutato nel deserto dello Utah, attualmente sulla strada di casa dopo sette anni nello spazio. Nei prossimi sei mesi, il team della missione si eserciterà e perfezionerà la procedure necessarie al recupero del campione e al suo trasporto al Johnson Space Center di Houston, dove sarà aperto e suddiviso per essere distribuito ai ricercatori di tutto il mondo che lo studieranno per indagare le origini del Sistema solare. L’arrivo sulla Terra della capsula con circa 250 grammi di materiale dell’asteroide Bennu rappresenta una delle fasi più critiche di tutta la missione, perché il prezioso bottino dovrà essere protetto non solo dal calore e dalle vibrazioni dovute all’ingresso in atmosfera, ma anche dai contaminanti terrestri.

I membri del team di Osiris-Rex insieme ai partner della missione stanno simulando i piani di navigazione in vari scenari di meteo, attività solare e detriti spaziali, per garantire che il rientro della capsula avvenga all’interno di un’area mirata entro i 13 minuti previsti. In estate si svolgeranno le esercitazioni sul campo delle squadre di recupero, responsabili della messa in sicurezza del sito di atterraggio e dell’elitrasporto della capsula in una camera bianca portatile. Gli equipaggi avranno anche il compito di raccogliere campioni di suolo e aria intorno alla capsula per verificare l’eventuale presenza di contaminanti. Quando la capsula sarà giunta nella camera bianca portatile, verrà rimosso lo scudo termico e il guscio per preparare il trasporto verso Houston. Osiris-Rex – acronimo che sta per Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, Security-Regolith Explorer – ha osservato e studiato l’asteroide Bennu prima di far posare il braccio robotico che ha prelevato i preziosi campioni dell’asteroide. La sonda è grande quanto un Suv mentre l’asteroide, del diametro di circa 500 metri, era considerato potenzialmente pericoloso perché secondo le stime elaborate negli anni scorsi aveva una possibilità su 2.700 di colpire la Terra nei prossimi 200 anni.

Foto dall’account Twitter della Nasa

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