Nadine apre la porta di ferro della sala che un tempo era l’ingresso della stazione parigina di Charonne e si blocca. Si aspettava gente, ma non così tanta. La riunione del comitato d’azione della “Rete per lo sciopero generale” è iniziata da neanche mezz’ora e non c’è più posto a sedere. Marion, in prima fila, le fa un cenno. Poi riabbassa la testa e twitta in diretta sull’account ufficiale del gruppo: “Siamo in 150”. Nadine, che di mestiere fa l’autista di bus in periferia ed è in sciopero continuativo dal 7 marzo, resta ferma sulla porta ad ascoltare i compagni e si prenota per l’intervento. A Parigi sono passate da poco le 19 di una giornata lunghissima di scioperi, proteste “selvagge” e blocchi. La maggior parte dei presenti ha passato la mattina bloccando i camion all’ingresso di un inceneritore. Era poco dopo l’alba e ora c’è già da pensare alla prossima azione e, soprattutto, prepararsi per la decima giornata di sciopero generale. Il clima è pesante: l’ultima manifestazione imponente ha risollevato il morale e la repressione sempre più dura delle forze dell’ordine ha scatenato una nuova ondata di indignazione. Ma tenere il ritmo, dopo quasi tre mesi, è dura. E i militanti sono sempre più stanchi. “Ecco perché siamo qui stasera, perché ora per resistere dobbiamo organizzarci”, dice Laura aprendo l’assemblea. “Non possiamo permetterci di disperdere le energie”. Partono gli applausi.
La platea è mista: seduti nella penombra del locale la Flèche d’or, che si chiama così perché da qui partivano gli storici treni Londra-Parigi, ci sono facce di tutte le età. E soprattutto mestieri diversi: ferroviere, insegnanti, infermiere, bibliotecari, dipendenti pubblici. La serata non è aperta a tutti: l’appello è partito online, ma solo dopo una breve intervista via mail è stato concesso di conoscere l’indirizzo. Chi sei, che lavoro fai e in che zona abiti: lo scopo dell’incontro è operativo e solo chi può dare una mano concreta è ammesso. Anche perché il movimento è di fronte a un bivio. “Io lavoro per le ferrovie a Paris Nord”, esordisce Laura. “Stasera siamo qui per confrontarci e fare una specie di stato maggiore dell’attività nella regione parigina. Da qualche giorno vediamo che c’è un cambiamento della mobilitazione. Dopo una fase molto controllata, ora ci sono tante azioni spontanee. E poi si stanno unendo anche i più giovani, cosa che non era il caso fino a poco fa e che sta portando forza a tutti i lavoratori. Non scendono in piazza solo per la pensione, ma anche per i salari, le condizioni di vita e contro questo sistema politico. Avere dalla nostra parte una gioventù arrabbiata è molto importante”. Laura grida al microfono: vuole farsi sentire bene, ma soprattutto convincere anche i più demoralizzati. E’ faticoso, dice, ma di fronte “a un governo così debole”, “dobbiamo e possiamo organizzarci”. Perché ora o mai più. “La differenza la sta facendo l’asse tra vari lavoratori. Non siamo soli”. E si mette a elencare le ultime azioni: venerdì scorso, ad esempio, hanno riempito due bus per raggiungere la raffineria di Gonfreville-l’Orcher in Normandia e in 200 hanno sostenuto i compagni precettati dal governo per tornare al lavoro. “Lunedì mattina siamo stati davanti all’inceneritore di Ivry”, alle porte di Parigi, “e grazie alla presenza massiccia dei manifestanti abbiamo bloccato i camion”. Il problema, chiude Laura, “ora è riuscire a estendere gli scioperi. Per farlo servono tanti comitati come quello di stasera”.
Inizia a girare il microfono e a turno si prende la parola. Non si conoscono tutti: l’obiettivo era coinvolgere reti diverse e aprire un dialogo. Tra gli organizzatori principali dell’incontro c’è un piccolo partito di estrema sinistra (Révolution permanente) e il suo leader, Anasse Kazib, che è anche ferroviere e sindacalista Sud Rail. “Dobbiamo convincere altre persone a scioperare”, dice. “E per farlo dobbiamo allargare le nostre parole d’ordine, che devono riguardare anche inflazione e salari”. Kazib è preoccupato per la tenuta del morale di chi sciopera: “Siamo a fine mese, iniziano ad arrivare le buste paga e non ci sono abbastanza soldi per pagare l’affitto o mangiare. E’ così che ci vogliono convincere a cedere. Dobbiamo aumentare la raccolta fondi per le casse dello sciopero e aiutare i nostri compagni”. Ad ascoltarlo, mimetizzata tra la folla, anche l’attrice vincitrice due volte del premio César Adèle Hanael: era con loro venerdì per il picchetto di solidarietà a chi lavora nelle raffinerie, è tornata anche per il comité organizzativo. Non parla, ma a fine serata accetta di fare un video per la raccolta fondi che viene lanciato online.
Il microfono gira ancora e prende la parola un tecnico di Tgv che da dieci giorni fa sciopero selvaggio, ovvero non rispetta i turni chiesti dall’azienda per garantire un servizio minimo. Indossa la tuta da lavoro e racconta che, ogni giorno, insieme ai colleghi mettono sul tetto dell’ufficio la bandiera della protesta e ogni sera viene tolta. “E’ un simbolo, ma è importante. Noi siamo scioccati perché uno dei nostri compagni ha perso un occhio durante l’ultima manifestazione. Io lavoro lì da quando ho 15 anni e proprio lui mi aveva accolto per primo. Siamo tutti sconvolti per quello che gli è successo. Io vi prometto che nelle prossime ore non ci sarà uno solo treno che uscirà e lo faremo per il nostro compagno”. Arriva anche il turno di Nadine. “Io sono in sciopero da quasi un mese. Ogni giorno esco di casa e non so a quale azione di protesta finirò. Guardate che questa spontaneità è fondamentale perché li sta disorientando. Per il resto, la fatica è da mettere in conto. Lo sappiamo che funziona così e non possiamo spaventarci proprio adesso”.
A preoccupare è soprattutto la reazione del governo contro i cortei. “E’ una strategia molto potente”, dice Gabriel che si presenta come un ecologista radicale. “Sanno che se vieni picchiato durante un protesta, poi difficilmente tornerai in piazza. Perché ci sono le ferite fisiche, ma anche quelle psicologiche”. Le immagini di quello che è successo alla manifestazione del 26 marzo contro il bacino idrico a Sainte-Soline le hanno viste tutti. E le ultime notizie parlano di due militanti ricoverati e che sono tra la vita e la morte. “Qualcuno dice che abbia segnato un punto di non ritorno per la polizia. Io dico che è la ripresa di un modo di agire che hanno sempre avuto”. Proprio la repressione delle forze dell’ordine però, apre un nuovo asse dentro il movimento. Lo dice Stéphane che interviene per gli studenti e riporta le parole dei suoi compagni: “Sappiate che in queste ore ci sono state assemblee partecipatissime sia nelle università che nei licei. Sono dalla nostra parte e l’indignazione per il comportamento della polizia non ha fatto altro che rafforzare le loro motivazioni”. Il Reseau intanto si è organizzato: Joshua fa il giurista e ha messo in piedi un collettivo con tanto di numero verde d’emergenza per chi dovesse avere bisogno di una difesa legale. “Chiamateci se avete bisogno”, dice prima di tornare al suo posto.
Sono passate quasi tre ore e ancora nessuno se ne è andato. La chiusa tocca ancora a Laura: “Lo sapevamo che Macron e i suoi avrebbero reagito. Ora la domanda è: noi siamo pronti a reagire e opporci a un governo che non è mai stato così debole?”. Applaudono tutti: non è facile, ma chi è venuto fino lì ci proverà. Intanto gira il foglio per raccogliere i numeri di cellulare: nasceranno dei piccoli comitati divisi per area e già nelle prossime ore saranno contattati per i blocchi. Prima di andare Kazib chiama all’ordine: c’è da fare un video di sostegno per Mehdi, uno dei loro che è stato preso di mira e massacrato in rete dall’estrema destra. La sala si alza e intona uno dei cori del corteo “pour la grève generale”. E’ ancora solo l’inizio, lo giurano.
Mondo
Francia, nel comitato d’azione che organizza blocchi e scioperi selvaggi: “Così ci prepariamo per resistere ancora a Macron”
Nadine apre la porta di ferro della sala che un tempo era l’ingresso della stazione parigina di Charonne e si blocca. Si aspettava gente, ma non così tanta. La riunione del comitato d’azione della “Rete per lo sciopero generale” è iniziata da neanche mezz’ora e non c’è più posto a sedere. Marion, in prima fila, le fa un cenno. Poi riabbassa la testa e twitta in diretta sull’account ufficiale del gruppo: “Siamo in 150”. Nadine, che di mestiere fa l’autista di bus in periferia ed è in sciopero continuativo dal 7 marzo, resta ferma sulla porta ad ascoltare i compagni e si prenota per l’intervento. A Parigi sono passate da poco le 19 di una giornata lunghissima di scioperi, proteste “selvagge” e blocchi. La maggior parte dei presenti ha passato la mattina bloccando i camion all’ingresso di un inceneritore. Era poco dopo l’alba e ora c’è già da pensare alla prossima azione e, soprattutto, prepararsi per la decima giornata di sciopero generale. Il clima è pesante: l’ultima manifestazione imponente ha risollevato il morale e la repressione sempre più dura delle forze dell’ordine ha scatenato una nuova ondata di indignazione. Ma tenere il ritmo, dopo quasi tre mesi, è dura. E i militanti sono sempre più stanchi. “Ecco perché siamo qui stasera, perché ora per resistere dobbiamo organizzarci”, dice Laura aprendo l’assemblea. “Non possiamo permetterci di disperdere le energie”. Partono gli applausi.
La platea è mista: seduti nella penombra del locale la Flèche d’or, che si chiama così perché da qui partivano gli storici treni Londra-Parigi, ci sono facce di tutte le età. E soprattutto mestieri diversi: ferroviere, insegnanti, infermiere, bibliotecari, dipendenti pubblici. La serata non è aperta a tutti: l’appello è partito online, ma solo dopo una breve intervista via mail è stato concesso di conoscere l’indirizzo. Chi sei, che lavoro fai e in che zona abiti: lo scopo dell’incontro è operativo e solo chi può dare una mano concreta è ammesso. Anche perché il movimento è di fronte a un bivio. “Io lavoro per le ferrovie a Paris Nord”, esordisce Laura. “Stasera siamo qui per confrontarci e fare una specie di stato maggiore dell’attività nella regione parigina. Da qualche giorno vediamo che c’è un cambiamento della mobilitazione. Dopo una fase molto controllata, ora ci sono tante azioni spontanee. E poi si stanno unendo anche i più giovani, cosa che non era il caso fino a poco fa e che sta portando forza a tutti i lavoratori. Non scendono in piazza solo per la pensione, ma anche per i salari, le condizioni di vita e contro questo sistema politico. Avere dalla nostra parte una gioventù arrabbiata è molto importante”. Laura grida al microfono: vuole farsi sentire bene, ma soprattutto convincere anche i più demoralizzati. E’ faticoso, dice, ma di fronte “a un governo così debole”, “dobbiamo e possiamo organizzarci”. Perché ora o mai più. “La differenza la sta facendo l’asse tra vari lavoratori. Non siamo soli”. E si mette a elencare le ultime azioni: venerdì scorso, ad esempio, hanno riempito due bus per raggiungere la raffineria di Gonfreville-l’Orcher in Normandia e in 200 hanno sostenuto i compagni precettati dal governo per tornare al lavoro. “Lunedì mattina siamo stati davanti all’inceneritore di Ivry”, alle porte di Parigi, “e grazie alla presenza massiccia dei manifestanti abbiamo bloccato i camion”. Il problema, chiude Laura, “ora è riuscire a estendere gli scioperi. Per farlo servono tanti comitati come quello di stasera”.
Inizia a girare il microfono e a turno si prende la parola. Non si conoscono tutti: l’obiettivo era coinvolgere reti diverse e aprire un dialogo. Tra gli organizzatori principali dell’incontro c’è un piccolo partito di estrema sinistra (Révolution permanente) e il suo leader, Anasse Kazib, che è anche ferroviere e sindacalista Sud Rail. “Dobbiamo convincere altre persone a scioperare”, dice. “E per farlo dobbiamo allargare le nostre parole d’ordine, che devono riguardare anche inflazione e salari”. Kazib è preoccupato per la tenuta del morale di chi sciopera: “Siamo a fine mese, iniziano ad arrivare le buste paga e non ci sono abbastanza soldi per pagare l’affitto o mangiare. E’ così che ci vogliono convincere a cedere. Dobbiamo aumentare la raccolta fondi per le casse dello sciopero e aiutare i nostri compagni”. Ad ascoltarlo, mimetizzata tra la folla, anche l’attrice vincitrice due volte del premio César Adèle Hanael: era con loro venerdì per il picchetto di solidarietà a chi lavora nelle raffinerie, è tornata anche per il comité organizzativo. Non parla, ma a fine serata accetta di fare un video per la raccolta fondi che viene lanciato online.
Il microfono gira ancora e prende la parola un tecnico di Tgv che da dieci giorni fa sciopero selvaggio, ovvero non rispetta i turni chiesti dall’azienda per garantire un servizio minimo. Indossa la tuta da lavoro e racconta che, ogni giorno, insieme ai colleghi mettono sul tetto dell’ufficio la bandiera della protesta e ogni sera viene tolta. “E’ un simbolo, ma è importante. Noi siamo scioccati perché uno dei nostri compagni ha perso un occhio durante l’ultima manifestazione. Io lavoro lì da quando ho 15 anni e proprio lui mi aveva accolto per primo. Siamo tutti sconvolti per quello che gli è successo. Io vi prometto che nelle prossime ore non ci sarà uno solo treno che uscirà e lo faremo per il nostro compagno”. Arriva anche il turno di Nadine. “Io sono in sciopero da quasi un mese. Ogni giorno esco di casa e non so a quale azione di protesta finirò. Guardate che questa spontaneità è fondamentale perché li sta disorientando. Per il resto, la fatica è da mettere in conto. Lo sappiamo che funziona così e non possiamo spaventarci proprio adesso”.
A preoccupare è soprattutto la reazione del governo contro i cortei. “E’ una strategia molto potente”, dice Gabriel che si presenta come un ecologista radicale. “Sanno che se vieni picchiato durante un protesta, poi difficilmente tornerai in piazza. Perché ci sono le ferite fisiche, ma anche quelle psicologiche”. Le immagini di quello che è successo alla manifestazione del 26 marzo contro il bacino idrico a Sainte-Soline le hanno viste tutti. E le ultime notizie parlano di due militanti ricoverati e che sono tra la vita e la morte. “Qualcuno dice che abbia segnato un punto di non ritorno per la polizia. Io dico che è la ripresa di un modo di agire che hanno sempre avuto”. Proprio la repressione delle forze dell’ordine però, apre un nuovo asse dentro il movimento. Lo dice Stéphane che interviene per gli studenti e riporta le parole dei suoi compagni: “Sappiate che in queste ore ci sono state assemblee partecipatissime sia nelle università che nei licei. Sono dalla nostra parte e l’indignazione per il comportamento della polizia non ha fatto altro che rafforzare le loro motivazioni”. Il Reseau intanto si è organizzato: Joshua fa il giurista e ha messo in piedi un collettivo con tanto di numero verde d’emergenza per chi dovesse avere bisogno di una difesa legale. “Chiamateci se avete bisogno”, dice prima di tornare al suo posto.
Sono passate quasi tre ore e ancora nessuno se ne è andato. La chiusa tocca ancora a Laura: “Lo sapevamo che Macron e i suoi avrebbero reagito. Ora la domanda è: noi siamo pronti a reagire e opporci a un governo che non è mai stato così debole?”. Applaudono tutti: non è facile, ma chi è venuto fino lì ci proverà. Intanto gira il foglio per raccogliere i numeri di cellulare: nasceranno dei piccoli comitati divisi per area e già nelle prossime ore saranno contattati per i blocchi. Prima di andare Kazib chiama all’ordine: c’è da fare un video di sostegno per Mehdi, uno dei loro che è stato preso di mira e massacrato in rete dall’estrema destra. La sala si alza e intona uno dei cori del corteo “pour la grève generale”. E’ ancora solo l’inizio, lo giurano.
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Palermo, 19 feb. (Adnkronos) - Non è morta per essere caduta dal balcone, come si era appreso in un primo momento, la donna di 80 anni deceduta all'ospedale di Marsala (Trapani). Lo rendono noto i Carabinieri di Marsala (Trapani). La Procura, diretta da Fernando Asaro, ha emesso un provvedimento di fermo di indiziato di delitto nei confronti del figlio 51enne per il reato di omicidio preterintenzionale, commesso ai danni della madre convivente. "Il provvedimento, eseguito dai Carabinieri della Compagnia di Marsala, scaturisce dalle risultanze delle indagini svolte dai militari dell’Arma e coordinate dalla Procura di Marsala, in ragione del decesso della donna, ricoverata da circa tre giorni presso l’ospedale Paolo Borsellino di Marsala per un asserito avvelenamento da farmaci", spiegano i Carabinieri.
"La ricostruzione dei fatti ha permesso di comprendere che la donna sarebbe morta quale delle gravi lesioni riportate a seguito delle percosse subite dal figlio nei giorni antecedenti dal ricovero- dice l'Arma- Il provvedimento, terminato con la traduzione del 51enne presso il carcere di Trapani, sarà oggetto di convalida dal GIP del Tribunale di Marsala nei prossimi giorni. Le indagini preliminari sono in corso".
Palermo, 19 feb. (Adnkronos) - Una donna è morta precipitando dal balcone di casa. E' successo a Marsala, nel trapanese. I carabinieri hanno fermato il figlio con l'accusa di avere spinto la madre dal balcone, in via Oberdan. L'accusa è di omicidio. Sarà adesso il gip a pronunciarsi sul fermo del figlio. L'inchiesta è coordinata dal Procuratore di Marsala Fernando Asaro.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - "C’è una sola parola per le espressioni usate dal Presidente americano nei confronti di Zelensky. Vergogna. Profonda. Totale. Assoluta. Passeranno questi tempi bui, tornerà l’America. Sempre dalla parte dell’Ucraina". Lo scrive il senatore Pd, Filippo Sensi, sui social.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - “Trump ha detto, tra le altre cose, che Zelensky è un dittatore che ha voluto lui la guerra. Non una parola critica su Putin, che ha pianificato una invasione su larga scala dell’Ucraina libera e democratica, e sul fatto che la sua guerra di invasione totale sia fallita, nonostante la sproporzione delle forze in campo e nonostante gli aiuti militari da parte occidentale siano stati inviati con pesanti restrizioni. Da Trump non una parola di distinzione tra aggredito e aggressore, tra diritto internazionale e arbitrio, tra democrazia e tirannia”. Lo dichiara il deputato di +Europa Benedetto Della Vedova.
“Ci dovremo abituare al continuo tentativo di Trump di ribaltare la realtà. Ma ciò a cui non possiamo abituarci è il fatto che in Italia ci sia chi plauda alla prepotenza di Trump, condita di retorica antieuropea, anzichè condannarla. Ieri Salvini, oggi Conte. A quanto capisco, fosse per Conte, che non può intestarsi la leadership dell’opposizione, oggi l’intera Ucraina sarebbe una provincia russa, esattamente come lo è diventata la Bielorussia, e Putin sarebbe pronto a schiacciare sotto il suo tallone tirannico altri paesi, anche dell’Unione, in nome della ritorno della grande Russia. Tanto, a noi cosa importa?”, conclude.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - Una parlamentare Pd di lungo corso esce dall'aula esclamando: "Se non ci fosse Nordio, qualcuno lo dovrebbe inventare. Guarda, io voterei no alla mozione di sfiducia martedì...". E poi rivolta ai colleghi: "Ma avete visto le facce di quelli di Fdi? Sono sbiancati". Quello che è successo in aula oggi alla Camera al question time è che il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha risposto alla domanda di Pd e Iv sulla quale, ieri, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai Servizi, Alfredo Mantovano, aveva spiegato che non era possibile rispondere in aula in quanto informazione 'classificata'. Insomma, roba da Copasir. Non da riunione dell'aula, trasmessa in diretta.
Un corto circuito di fronte a cui le opposizioni incalzano parlando di "governo allo sbando", di "situazione fuori controllo". "Ma nelle mani di chi siamo? Siamo nelle mani di nessuno. Ieri con un atto gravissimo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Mantovano ha secretato, oggi lei ministro Nordio viene in aula e spiattella tutto. Ma non vi siete parlati?", sbotta in aula Davide Faraone di Iv.
La domanda in questione era se la polizia penitenziaria avesse o meno in uso lo spyware di Paragon. E il ministro Nordio - "a braccio", sottolineano dal Pd - ha risposto che no, "la polizia penitenziaria non ha mai usato quel sistema". Commenta Matteo Renzi: "Oggi Nordio ha messo molto in difficoltà Mantovano: ecco perché Mantovano non voleva che Nordio rispondesse in Aula", scrive sui social. Resta il fatto, aggiunge il leader di Iv, che sono state spiati cittadini - tra cui il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, e Luca Casarini - sono stati "intercettati in modo illegale: chi è stato?", chiede Renzi annunciando di voler andare fino in fondo alla vicenda: "Noi chiederemo accesso agli atti sulle spese per intercettazione di tutte le Procure della Repubblica. E non ci fermiamo".
Elly Schlein chiama in causa la premier Giorgia Meloni che "ormai si è data alla latitanza": dopo la vicenda Almasri, "ora il governo tenta di squagliarsela anche sul caso Paragon". Sottolinea la segretaria del Pd: "Sappiamo che giornalisti e attivisti italiani sono stati spiati con il spyware Graphite, utilizzato esclusivamente da organi dello stato. È preciso dovere del governo fare chiarezza e dirci chi spiava queste persone e per quale motivo. Cosa sta nascondendo il governo Meloni? Il Paese si merita risposte e il luogo dove fornirle è il Parlamento".
Anche Riccardo Magi si rivolge a Meloni: "Sul caso Paragon il Governo è in cortocircuito totale. Ieri le informazioni erano secretate, oggi Nordio cambia idea e risponde. Nel frattempo, resta il mistero totale su chi ha utilizzato lo spyware di Paragon per intercettare persino i giornalisti. Giorgia Meloni non ha più alibi: deve venire con urgenza in Parlamento e spiegare se in questa vicenda c'è un coinvolgimento di apparati dello Stato e quali, eventualmente, quelli coinvolti". Mentre Andrea Orlando fa notare un'altra voce 'mancante': "Perché in tutte queste ore il responsabile della struttura del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, che ha la responsabilità sulla polizia penitenziaria, non ha ancora detto una parola? Immaginiamo che se domani mattina la Polizia di Stato o i Carabinieri avessero intercettato in maniera illegale, o se ci fosse questo sospetto, il Comandante generale dei Carabinieri o il Capo della Polizia direbbero che è vero o che non è vero o che stanno indagando".
Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, poi, aggiungono anche un altro tassello. "Abbiamo un sacco di interrogativi e il governo continua a non rispondere. E ci siamo posti anche questa domanda: la sera prima che Casarini" scoprisse lo spyware nel suo telefono, "io ero a cena con Luca Casarini e c'erano anche altri parlamentari della Repubblica: mi hanno osservato? Mi hanno spiato?".
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - Si avvicina l’appuntamento con l’Italian Investment Council by Remind, la piattaforma di dialogo che riunisce istituzioni nazionali, internazionali e Locali, insieme a imprenditori, manager, esperti e professionisti, per affrontare le sfide e cogliere le opportunità di sviluppo per la Nazione. L’incontro, organizzato da Remind (Associazione delle Buone Pratiche dei Settori Produttivi), si terrà il prossimo 25 febbraio a Palazzo Ferrajoli e vedrà la partecipazione di figure di rilievo del panorama istituzionale, economico, industriale con l’obiettivo di delineare strategie efficaci per la crescita sostenibile dell’Italia, un’agenda di rilievo per lo sviluppo della Nazione.
L’iniziativa si propone come uno spazio di confronto tra pubblico e privato, volto a promuovere politiche industriali sugli investimenti e a valorizzare le buone pratiche italiane in Europa e nel mondo. L’IIC verrà aperto dai saluti istituzionali di Antonio Tajani, Vicepresidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri, mentre tra i keynote speaker e i relatori attesi figurano Antonella Sberna, Vicepresidente del Parlamento Europeo, Gelsomina Vigliotti, Vicepresidente della Banca Europea degli Investimenti, Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Maria Teresa Bellucci, Viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Vannia Gava, Viceministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Edoardo Rixi, Lucia Albano Sottosegretario dell’Economia e delle Finanze, Viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Alessandro Morelli, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – DIPE, Nicola Procaccini Parlamentare Europeo, Renato Loiero, Consigliere per le Politiche di Bilancio del Presidente del Consiglio, Paolo Grasso, Capo di Gabinetto del Vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, Serafino Sorrenti Chief Information Officer Presidenza del Consiglio, Ferruccio Ferranti, Presidente Mediocredito Centrale, Stefano Pontecorvo, Presidente Leonardo e Vincenzo Sanasi d’Arpe, Alessandro Moricca Amministratore Unico Pagopa, Amministratore Delegato Consap, Giuseppe Romano Coordinatore Zes Unica, Simona Camerano Responsabile Scenari Economici Cdp, Virgilio Pomponi Vice Capo di Gabinetto Ministero dell’Economia e delle Finanze, Fabrizio Curcio Commissario Straordinario per la Ricostruzione Emilia Romagna, Toscana e Marche, Lamberto Giannini Prefetto di Roma, Pierluigi Biondi Sindaco l’Aquila, Alessandro Dagnino Assessore all’Economia Regione Sicilia, Marco Nardini Cfo Corporate Service GreenIt, Salvatore Corroppolo Direttore Affari Generali Dipartimento Pnrr del Mase e Don Antonio Coluccia.
Nel corso dell'iniziativa ci sarà un keynote speech di Dario Lo Bosco Presidente Rfi - Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane sull’innovazione e la sostenibilità delle infrastrutture e della mobilità.
I temi in discussione spazieranno dalle politiche europee per la crescita economica, alla sicurezza e difesa come pilastri dello sviluppo territoriale, fino alle nuove sfide legate alla transizione energetica, all’innovazione tecnologica ai trasporti sostenibili. Un elemento centrale dell’Italian Investment Council sarà il rafforzamento della collaborazione tra settore pubblico e privato, fondamentale per sviluppare strategie di investimento efficaci e sostenibili. In questa prospettiva, le buone pratiche dei settori produttivi rappresentano un modello di riferimento per la crescita economica dell’Italia con un focus di approfondimento sugli scenari economici da parte di Marco Daviddi (Ey), le testimonianze imprenditoriali sulla rinascita del mezzogiorno a cura di Fabrizio Marchetti (B21) e Gabriele Scicolone (Artelia Italia) e sull’immobiliare allargato con un intervento di Massimiliano Pierini (Rx Italy) e di Luca Dal Fabbro (Iren).
L’evento vedrà la partecipazione di esperti e leader del mondo imprenditoriale, tra cui, Bruno Rovelli (Blackrock Italia) Ivano Ilardo (Yard Reaas), Paolo Vari (Ideare), Francesco Burrelli (Anaci), Giulio Gravina (Italpol), Massimo Ponzellini (Centro Studi Giuseppe Bono), Emiliano Boschetto (eFm), Marta Borri (Galeotti), Michele Stella (Polis Sgr), Giorgio Pieralli (Zurich Group) che porteranno la loro esperienza su innovazione, competitività e sostenibilità nei rispettivi ambiti. Il dialogo tra istituzioni e imprese consentirà di individuare percorsi condivisi per rendere l’Italia più attrattiva per gli investitori, valorizzando al contempo le eccellenze nazionali.
Sottolineando l’importanza di creare un ambiente favorevole agli investimenti, il presidente di Remind e promotore dell’Italian Investment Council, Paolo Crisafi, ha dichiarato: “L’Italia ha un potenziale straordinario che deve essere tutelato e promosso. Stiamo collaborando, Istituzioni e Settori Produttivi, affinché la nostra Nazione diventi sempre più attrattiva per gli investitori, senza però snaturare la nostra identità economica e culturale. L’obiettivo è coniugare sviluppo e tradizione, facendo leva sulle eccellenze del Made in Italy per rilanciare la nostra economia in un’ottica di crescita sostenibile e duratura.”
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - "L'approccio imperiale di Donald Trump al negoziato per la pace in Ucraina - che prevederebbe che il 50% delle risorse e delle infrastrutture di Kiev vada agli Stati Uniti, oltre al diritto di prelazione per l’acquisto di minerali esportabili e per la concessione di tutte le future licenze - pone in secondo piano la libertà e la democrazia per l'Ucraina e con esse l'esigenza di sicurezza dell'Europa intera. A noi pare inaccettabile: stiamo con Kiev per i valori che il Presidente Mattarella ha ricordato e per cui è stato attaccato dal Cremlino”. Lo afferma il segretario di +Europa, Riccardo Magi.
“Il vicepremier Salvini, invece che occuparsi di treni, ha fatto sapere che sta con l’invasore russo. A questo punto, non sarebbe il caso che Meloni venisse in Parlamento a rendere nota la sua posizione sul piano Trump, aggiornare le Camere sugli ultimi sviluppi, dando vita a un dibattito parlamentare sulla questione ucraina, fondamentale per il futuro dell’Italia e dell’Europa? Almeno daremmo il segnale di essere ancora in una democrazia parlamentare, cosa non scontata nemmeno più in Europa”, conclude Magi.