Molte esistenze finiscono incastrate in un paradosso. Ma solo pochissime riescono a trasformarlo nel proprio tratto distintivo. È stato così per Gianni Minà, l’uomo dal multiforme ingegno che ha affermato se stesso facendo parlare gli altri. Una vita trascorsa a raccontare le vite altrui, un’intervista dopo l’altra, un sorriso dopo l’altro, fino a modellare una personalissima idea di scoop: a far notizia non può essere il fatto pruriginoso, il pettegolezzo da recintare in un titolo, ma la vera essenza, o meglio l’anima, dell’intervistato. Tutto elevando sempre a sistema quell’aforisma che lui stesso aveva pronunciato qualche anno fa: “Il giornalista è un pochino vanitoso, perché deve raccontare cose che vorrebbe vivere lui”. È stato così fino a lunedì sera, quando la sua scomparsa non ha lasciato eredi professionali ma un’eredità gigantesca da maneggiare con cura. Perché la cifra del suo lavoro non va ricercata (solo) nella collezione di grandi nomi che ha fatto parlare, quanto nell’empatia. Quella che stabiliva con l’intervistato, certo, ma anche quella che si instaurava fra lui e il pubblico, con il cronista che diventava un semplice strumento per far fuoriuscire le emozioni dei due estremi del servizio: chi raccontava se stesso e chi ascoltava (o leggeva).
Re Mida della parola, per anni ha trasformato in notizia tutto quello che ha toccato. E lo ha fatto seguendo sempre una personalissima stella cometa. “Ero vorace – ha detto – volevo frequentare tutte le cose”. La curiosità diventa il suo motore. Si interessa di tutto, mantenendo intatto dentro di sé quello spirito da fanciullino di Giovanni Pascoli. D’altra parte la folgorazione era arrivata a 8 anni. Gianni era un bambino che seguiva il Tour de France e prendeva appunti su dei foglietti che poi dava agli amici. Solo che è molto più preciso di alcuni giornalisti affermati. È l’inizio non di una carriera, ma di un modo di vivere. Perché Minà ha riaffermato una dimensione ontologica della professione. Lui non ha fatto un giornalista. Lui è stato un giornalista. “Non ho mai lasciato questa idea di fare il cronista – ha raccontato qualche tempo fa alla Scuola Normale Superiore – e questo mi ha portato a raccontare storie che sono impossibili da smentire. Se il giornalista ha una morale suffraga le proprie affermazioni con delle prove. E il giornalista non scinde mai il privato dal pubblico”. La scalata è stata vertiginosa. A 19 anni entra a Tuttosport. L’anno dopo è già in Rai. È lì che Minà tratteggia la sua estetica. E più il suo curriculum diventa pingue, più la sua tecnica diventa affilata.
I suoi servizi diventano dei piccoli cult, la sua agendina zeppa di numeri una figura mitologica che incanta le redazioni. Lui non intervista personaggi famosi, lui crea legami che spaziano dal grande rispetto all’amicizia più sincera. Eppure non sempre gli va bene. Il primo incontro con Muhammad Ali è al limite della catastrofe. “La nostra amicizia nasce nello studio del suo avvocato e manager, Chauncey Eskridge – ha raccontato alla Normale – Avevo la presunzione del giovane giornalista che pensava di aver toccato il cielo. Ali mi rispondeva a monosillabi e io avevo capito che non avrei mai potuto mandare in onda quell’intervista. Dentro di me mi chiedevo: ‘Io sono una persona gradevole, dopotutto, perché lui mi risponde in maniera così sgradevole?’. Alla fine lui mi si avvicina e mi dice: ‘Non ti è piaciuta l’intervista, vero?’. Io gli risposi di no e lui mi domandò il perché. Dissi: ‘Perché non ho capito che carattere hai, cosa sei’. Lui cambiò espressione e mi rispose: ‘Credevo che fossi uno di quei giornalisti che viene dall’Europa e che vuole insegnarmi come devo vivere. Sono in debito con te di un’altra intervista”.
Con Diego Armando Maradona andrà diversamente. Fra i due si crea una connessione intima, un rapporto di fiducia assoluto. Diego parla con Gianni apertamente, sapendo che alcune cose non usciranno mai. Minà lo ripaga mostrandogli una vicinanza e una correttezza totali e totalizzanti. Quando Diego si sposa con Claudia Villafane, nel 1989, Gianni è fra gli invitati. Maradona è l’incarnazione di tutto ciò che attira il giornalista. Minà è attratto dalle figure perdenti, non in senso sportivo, ma reale. Ama i reietti, quelli che magari riescono a diventare più grandi dello sport che praticano ma che hanno un vissuto da emarginati, figure picaresche alla ricerca del riscatto. “A me piacciono i perdenti – ha ammesso – perché alla fine sono sempre i vincitori”. Diego e Gianni parleranno spesso davanti a una telecamera. E sempre in modo diverso. L’intervista storica è quella andata in onda il 25 novembre 1990 su Dribbling, quando il giornalista chiede all’asso argentino: “Diego, che ti succede?”. Ma ci sono altri due incontri che spiegano forse ancora come il giornalista sia riuscito a far uscire la vera essenza di Maradona. La prima si svolge durante i Mondiali del 1990, a Trigoria, sede del ritiro dell’Argentina. Maradona si sta allenando in palestra. Corre sul tapis roulant, fa pesi, esercizi posturali. Poi quando è in piedi Minà gli domanda: “Lo sai che nel momento in cui questa famosa pierna izquierda non sarà più capace di fare le magie che ha fatto per tutti questi anni tutta questa gente che ha dovuto subire il tuo carattere non ti vorrà neanche più salutare”.
Diego, sudato e con una gamba distesa, lo guarda e risponde: “Sicuramente non vivrò per il saluto di questi”. L’altra si svolge su una collinetta da dove si vede la sagoma di un’industria. “Questa è Napoli, la Napoli che lavora, questa è l’Italsider, e tu sei riuscito a entrare nel ventre di questa città come se fossi nato qui”. Diego incrocia le braccia sul petto e dice: “Mi fanno sentire come uno di loro. Mi sono trovato molto bene ma qui non c’è un equilibrio. Qui ti amano o ti ammazzano, nel senso calcistico. Fai un gol e sei il più forte del mondo, sbagli e non sei un campione. Ma io alla gente di Napoli devo dire grazie per tutto quello che fanno per Maradona”. E a distanza di anni è ancora difficile trovare un qualcosa che racconti meglio la simbiosi fra Napoli e Maradona meglio di quella chiacchierata con vista sullo stabilimento di Bagnoli. I servizi di Minà sono caleidoscopici. Perché raccontano la realtà vista attraverso una lente dell’insolito e dell’inusuale. Quando la Sampdoria vince lo scudetto nel maggio del 1991, Gianni segue per tutta la giornata Paolo Villaggio, tifoso blucerchiato. I due vanno allo stadio insieme, con l’attore avvolto in un doppiopetto blu con una ingombrante coccarda all’occhiello sinistro. È tutta colorata. Bianco. Rosso. Blu. Nero. “Mi dovrei vergognare – dice Villaggio a Minà – io sono un intellettuale di sinistra, dovrei vivere queste cose con un certo distacco. Però è dura, non si può”. E ancora: “Io non credo in Dio ma da oggi credo alla Sampdoria”. È un servizio che rimarrà nella storia.
Così come era avvenuto qualche tempo prima a Biltz. Gianni aveva invitato Ugo Tognazzi e suo figlio Ricky. L’intervista era partita con il ragazzo che definiva il padre la persona più divertente del mondo. Qualche minuto dopo era entrato anche Raimondo Vianello, grande amico di Tognazzi. Poi interviene il regista Marco Ferreri che dice: “Io ho portato nasi!”. Si va avanti così per qualche minuto, a parlare di cinema e di prospettive. Con Raimondo che indossa narici di maiale, Ugo con un naso finto con i baffi e gli occhiali, Ricky che lancia coriandoli. Solo che il tono della trasmissione resta sempre alto. Così come avviene con Franco Battiato, intervistato su Rai Due. “È venuto fuori che tu non credi nella ragione di Stato”, dice Minà. Il cantante lo guarda e sorride: “Proprio no, sono un antiwagneriano costituzionalmente. Per non ammazzare un uomo farei andare uno Stato in miseria”. Minà si inserisce di nuovo: “Qualcuno sta rabbrividendo!”. Battiato fa spallucce e dice: “Rabbrividisca pure”. È proprio qui che il lavoro di Minà trova il suo compimento: perché scardina tutti i canoni della televisione pubblica e statale di quegli anni, mette a nudo personaggi, racconta i loro convincimenti su temi che possono essere grandi o piccoli, ma che grazie anche alle sue domande riescono a non essere mai banali. Ed è proprio questo che rimane di lui. Perché l’uomo che faceva parlare gli altri si è spento lunedì sera, nel bel mezzo di un’epoca dove c’era più bisogno di lui, in un modello di comunicazione dove tutti parlano di se stessi attraverso i social e con frasi preconfezionate, dove l’arte della provocazione è stata plastificata. Ma almeno la sua eredità non potrà essere dispersa.
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Gianni Minà, il giornalista che raccontava le vite degli altri attraverso la lente dell’insolito
Molte esistenze finiscono incastrate in un paradosso. Ma solo pochissime riescono a trasformarlo nel proprio tratto distintivo. È stato così per Gianni Minà, l’uomo dal multiforme ingegno che ha affermato se stesso facendo parlare gli altri. Una vita trascorsa a raccontare le vite altrui, un’intervista dopo l’altra, un sorriso dopo l’altro, fino a modellare una personalissima idea di scoop: a far notizia non può essere il fatto pruriginoso, il pettegolezzo da recintare in un titolo, ma la vera essenza, o meglio l’anima, dell’intervistato. Tutto elevando sempre a sistema quell’aforisma che lui stesso aveva pronunciato qualche anno fa: “Il giornalista è un pochino vanitoso, perché deve raccontare cose che vorrebbe vivere lui”. È stato così fino a lunedì sera, quando la sua scomparsa non ha lasciato eredi professionali ma un’eredità gigantesca da maneggiare con cura. Perché la cifra del suo lavoro non va ricercata (solo) nella collezione di grandi nomi che ha fatto parlare, quanto nell’empatia. Quella che stabiliva con l’intervistato, certo, ma anche quella che si instaurava fra lui e il pubblico, con il cronista che diventava un semplice strumento per far fuoriuscire le emozioni dei due estremi del servizio: chi raccontava se stesso e chi ascoltava (o leggeva).
Re Mida della parola, per anni ha trasformato in notizia tutto quello che ha toccato. E lo ha fatto seguendo sempre una personalissima stella cometa. “Ero vorace – ha detto – volevo frequentare tutte le cose”. La curiosità diventa il suo motore. Si interessa di tutto, mantenendo intatto dentro di sé quello spirito da fanciullino di Giovanni Pascoli. D’altra parte la folgorazione era arrivata a 8 anni. Gianni era un bambino che seguiva il Tour de France e prendeva appunti su dei foglietti che poi dava agli amici. Solo che è molto più preciso di alcuni giornalisti affermati. È l’inizio non di una carriera, ma di un modo di vivere. Perché Minà ha riaffermato una dimensione ontologica della professione. Lui non ha fatto un giornalista. Lui è stato un giornalista. “Non ho mai lasciato questa idea di fare il cronista – ha raccontato qualche tempo fa alla Scuola Normale Superiore – e questo mi ha portato a raccontare storie che sono impossibili da smentire. Se il giornalista ha una morale suffraga le proprie affermazioni con delle prove. E il giornalista non scinde mai il privato dal pubblico”. La scalata è stata vertiginosa. A 19 anni entra a Tuttosport. L’anno dopo è già in Rai. È lì che Minà tratteggia la sua estetica. E più il suo curriculum diventa pingue, più la sua tecnica diventa affilata.
I suoi servizi diventano dei piccoli cult, la sua agendina zeppa di numeri una figura mitologica che incanta le redazioni. Lui non intervista personaggi famosi, lui crea legami che spaziano dal grande rispetto all’amicizia più sincera. Eppure non sempre gli va bene. Il primo incontro con Muhammad Ali è al limite della catastrofe. “La nostra amicizia nasce nello studio del suo avvocato e manager, Chauncey Eskridge – ha raccontato alla Normale – Avevo la presunzione del giovane giornalista che pensava di aver toccato il cielo. Ali mi rispondeva a monosillabi e io avevo capito che non avrei mai potuto mandare in onda quell’intervista. Dentro di me mi chiedevo: ‘Io sono una persona gradevole, dopotutto, perché lui mi risponde in maniera così sgradevole?’. Alla fine lui mi si avvicina e mi dice: ‘Non ti è piaciuta l’intervista, vero?’. Io gli risposi di no e lui mi domandò il perché. Dissi: ‘Perché non ho capito che carattere hai, cosa sei’. Lui cambiò espressione e mi rispose: ‘Credevo che fossi uno di quei giornalisti che viene dall’Europa e che vuole insegnarmi come devo vivere. Sono in debito con te di un’altra intervista”.
Con Diego Armando Maradona andrà diversamente. Fra i due si crea una connessione intima, un rapporto di fiducia assoluto. Diego parla con Gianni apertamente, sapendo che alcune cose non usciranno mai. Minà lo ripaga mostrandogli una vicinanza e una correttezza totali e totalizzanti. Quando Diego si sposa con Claudia Villafane, nel 1989, Gianni è fra gli invitati. Maradona è l’incarnazione di tutto ciò che attira il giornalista. Minà è attratto dalle figure perdenti, non in senso sportivo, ma reale. Ama i reietti, quelli che magari riescono a diventare più grandi dello sport che praticano ma che hanno un vissuto da emarginati, figure picaresche alla ricerca del riscatto. “A me piacciono i perdenti – ha ammesso – perché alla fine sono sempre i vincitori”. Diego e Gianni parleranno spesso davanti a una telecamera. E sempre in modo diverso. L’intervista storica è quella andata in onda il 25 novembre 1990 su Dribbling, quando il giornalista chiede all’asso argentino: “Diego, che ti succede?”. Ma ci sono altri due incontri che spiegano forse ancora come il giornalista sia riuscito a far uscire la vera essenza di Maradona. La prima si svolge durante i Mondiali del 1990, a Trigoria, sede del ritiro dell’Argentina. Maradona si sta allenando in palestra. Corre sul tapis roulant, fa pesi, esercizi posturali. Poi quando è in piedi Minà gli domanda: “Lo sai che nel momento in cui questa famosa pierna izquierda non sarà più capace di fare le magie che ha fatto per tutti questi anni tutta questa gente che ha dovuto subire il tuo carattere non ti vorrà neanche più salutare”.
Diego, sudato e con una gamba distesa, lo guarda e risponde: “Sicuramente non vivrò per il saluto di questi”. L’altra si svolge su una collinetta da dove si vede la sagoma di un’industria. “Questa è Napoli, la Napoli che lavora, questa è l’Italsider, e tu sei riuscito a entrare nel ventre di questa città come se fossi nato qui”. Diego incrocia le braccia sul petto e dice: “Mi fanno sentire come uno di loro. Mi sono trovato molto bene ma qui non c’è un equilibrio. Qui ti amano o ti ammazzano, nel senso calcistico. Fai un gol e sei il più forte del mondo, sbagli e non sei un campione. Ma io alla gente di Napoli devo dire grazie per tutto quello che fanno per Maradona”. E a distanza di anni è ancora difficile trovare un qualcosa che racconti meglio la simbiosi fra Napoli e Maradona meglio di quella chiacchierata con vista sullo stabilimento di Bagnoli. I servizi di Minà sono caleidoscopici. Perché raccontano la realtà vista attraverso una lente dell’insolito e dell’inusuale. Quando la Sampdoria vince lo scudetto nel maggio del 1991, Gianni segue per tutta la giornata Paolo Villaggio, tifoso blucerchiato. I due vanno allo stadio insieme, con l’attore avvolto in un doppiopetto blu con una ingombrante coccarda all’occhiello sinistro. È tutta colorata. Bianco. Rosso. Blu. Nero. “Mi dovrei vergognare – dice Villaggio a Minà – io sono un intellettuale di sinistra, dovrei vivere queste cose con un certo distacco. Però è dura, non si può”. E ancora: “Io non credo in Dio ma da oggi credo alla Sampdoria”. È un servizio che rimarrà nella storia.
Così come era avvenuto qualche tempo prima a Biltz. Gianni aveva invitato Ugo Tognazzi e suo figlio Ricky. L’intervista era partita con il ragazzo che definiva il padre la persona più divertente del mondo. Qualche minuto dopo era entrato anche Raimondo Vianello, grande amico di Tognazzi. Poi interviene il regista Marco Ferreri che dice: “Io ho portato nasi!”. Si va avanti così per qualche minuto, a parlare di cinema e di prospettive. Con Raimondo che indossa narici di maiale, Ugo con un naso finto con i baffi e gli occhiali, Ricky che lancia coriandoli. Solo che il tono della trasmissione resta sempre alto. Così come avviene con Franco Battiato, intervistato su Rai Due. “È venuto fuori che tu non credi nella ragione di Stato”, dice Minà. Il cantante lo guarda e sorride: “Proprio no, sono un antiwagneriano costituzionalmente. Per non ammazzare un uomo farei andare uno Stato in miseria”. Minà si inserisce di nuovo: “Qualcuno sta rabbrividendo!”. Battiato fa spallucce e dice: “Rabbrividisca pure”. È proprio qui che il lavoro di Minà trova il suo compimento: perché scardina tutti i canoni della televisione pubblica e statale di quegli anni, mette a nudo personaggi, racconta i loro convincimenti su temi che possono essere grandi o piccoli, ma che grazie anche alle sue domande riescono a non essere mai banali. Ed è proprio questo che rimane di lui. Perché l’uomo che faceva parlare gli altri si è spento lunedì sera, nel bel mezzo di un’epoca dove c’era più bisogno di lui, in un modello di comunicazione dove tutti parlano di se stessi attraverso i social e con frasi preconfezionate, dove l’arte della provocazione è stata plastificata. Ma almeno la sua eredità non potrà essere dispersa.
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Roma, 11 mar (Adnkronos) - Domani, mercoledì 12 marzo alle 17.30, presso la sala stampa della Camera dei deputati – via della Missione 4 a Roma – si terrà la presentazione del libro 'Antonio Martino, interventi istituzionali'. Lo rende noto Forza Italia.
All’evento interverranno i capigruppo azzurri alla Camera e al Senato, Paolo Barelli e Maurizio Gasparri; Stefano Benigni, vicesegretario nazionale di Forza Italia e segretario nazionale del movimento giovanile azzurro e Marco Reguzzoni, presidente dell’associazione I Repubblicani e curatore della pubblicazione.
"Si tratta di un omaggio a un importante protagonista della storia politica del nostro Paese - spiega Reguzzoni –, un grande pensatore e liberale. Un esempio per i giovani, che proprio nel libro potranno trovare spunti e riflessioni ancora attualissimi in alcuni dei suoi discorsi pronunciati in occasioni istituzionali”. Il volume vanta i contributi di due importanti esponenti di Forza Italia: Letizia Moratti - che di Martino è stata collega di governo - e il vicesegretario e segretario nazionale dei Giovani di Forza Italia Stefano Benigni.
(Adnkronos) - “Il pensiero di Martino – sottolinea Benigni - continua a ispirare chiunque creda in una società libera, dinamica e meritocratica. La sua visione rimane un pilastro per tutti coloro che, come noi, ritengono che il futuro dei giovani dipenda dalla possibilità di costruirlo liberamente, senza imposizioni. Martino – ha aggiunto – è stato uno dei grandi protagonisti della storia del nostro movimento e per questo credo che debba essere parte del nostro “album di famiglia”, quella raccolta di grandi figure, fortemente voluta anche dal nostro Segretario Nazionale, Antonio Tajani, che saranno sempre un modello e un punto di riferimento per noi e per la nostra azione politica”.
(Adnkronos) - E' stato proprio l'uomo a chiamare il 112 per soccorrere la madre. Agli agenti ha raccontato che la donna, con diverse patologie, era caduta ma l'orario indicato e alcuni elementi non hanno convinto del tutto. A insospettire i poliziotti anche alcuni interventi recenti: erano state segnalate un paio di liti dopo che il quarantottenne, consulente, era tornato a vivere a casa della madre, dopo una separazione difficile.
Altro tassello contro il figlio l'aver incassato, il giorno dopo la morte della madre, un bonifico fatto dal conto della donna al suo per una cifra di 30mila euro. Interrogato su questo aspetto ha preferito non rispondere alle domande degli inquirenti. L'autospia, disposta dalla pm Giancarla Serafini, ha infine certificato i sospetti: il medico legale ha certificato la morte per soffocamento. Per l'uomo è scattato l'arresto per omicidio e maltrattamenti.
Palermo, 11 mar. (Adnkronos) - La Polizia di Stato di Trapani ha arrestato uno stalker seriale che violava sistematicamente le prescrizioni di divieto di avvicinamento alla ex compagna. Il personale del Commissariato di P.S. di Alcamo ha dato esecuzione all’ordine di arresto emesso dalla Corte d’Appello di Palermo nei confronti dello stalker di nazionalità rumena, di 46 anni. Nello specifico, l’Autorità Giudiziaria, a seguito delle reiterate violazioni della misura del divieto di avvicinamento alla parte offesa, ha ritenuto di dover disporre l’aggravamento della stessa con la misura cautelare più afflittiva della custodia in carcere. Difatti, nonostante la prescrizione di non avvicinarsi all’ex coniuge con l’obbligo di portare con sé il dispositivo elettronico anti-stalker, il cittadino rumeno girava indisturbato per la città lasciando in più occasioni il dispositivo a casa.
Peraltro, nell’ambito di una ulteriore attività d’indagine, l’arrestato è stato raggiunto da un provvedimento cautelare che disponeva il divieto di avvicinamento alla parte offesa, con applicazione del dispositivo elettronico, poiché lo stesso veniva ritenuto responsabile di analoghe condotte persecutorie poste in essere in pregiudizio di un’altra donna con cui aveva intrattenuto una relazione sentimentale.
L’arrestato è stato quindi fermato e condotto presso gli Uffici del Commissariato di P.S. per poi essere tradotto presso la Casa Circondariale di Trapani. "La Polizia di Stato ribadisce il proprio impegno nella tutela delle vittime di stalking e violenza, invitando chiunque si trovi in situazioni analoghe a rivolgersi tempestivamente alle Forze dell’Ordine", si legge in una nota.
Roma, 11 mar. (Adnkronos) - Il Gruppo Dolomiti Energia ha preso parte alla terza edizione di Key - The Energy Transition Expo (alla Fiera di Rimini, dal 5 al 7 marzo), l’evento di riferimento in Italia dedicato al presente e al futuro dell’energia, fra tecnologie e soluzioni per la transizione energetica, strategie per il clima e rinnovabili.
"Noi portiamo l'esperienza di una società che è focalizzata solamente sulle rinnovabili, che ha fatto e operato una scelta particolare che continuiamo a perseguire. Siamo il primo operatore di sole rinnovabili in Italia e vogliamo continuare a crescere in questo settore e a integrare la catena del valore. Quindi vogliamo essere presenti su tutti i pezzi della catena del valore del settore energia, dalla produzione all'energy management, alla commercializzazione e a tutti i nostri clienti. E a crescere in maniera coordinata fra i vari settori in modo da avere una copertura automatica all'interno del gruppo fra la produzione e il consumo", spiega Stefano Granella, Ceo di Dolomiti Energia.
In Fiera sono state presentate le soluzioni integrate che il Gruppo propone per guidare la transizione energetica di imprese, aziende energivore, pubbliche amministrazioni, enti e clienti domestici in tutta Italia. Con attenzione a efficienza energetica, forniture energetiche innovative, rinnovabili, flessibilità energetica, ottimizzazione dei consumi, uso consapevole delle risorse.
Alla lunga storia di sostenibilità del Gruppo si sono aggiunte di recente tre importanti tappe. Il Gruppo è, infatti, il primo player nazionale con un portafoglio di impianti 100% rinnovabili tra i vincitori delle aste del Capacity Market 2026 di Terna, introdotto per favorire la decarbonizzazione e assicurare la stabilità del sistema elettrico italiano.
Inoltre, in ottica di diversificazione ulteriore della produzione rinnovabile e per consolidare la propria posizione tra le grandi multiutility italiane (il Gruppo è quarto produttore italiano di energia idroelettrica), il Gruppo ha di recente perfezionato una partnership strategica con il Gruppo Ivpc, attivo nel settore delle energie rinnovabili in Italia, per ampliare la generazione da eolico e fotovoltaico. La prima iniziativa di successo nata da questa partnership è la recente messa in esercizio di un nuovo impianto fotovoltaico ad Apricena in Puglia.
Infine, il Gruppo ha dato vita al progetto Renewability, prima community remota di prosumer in Italia. È un modello di consorzio che offre alle aziende l’opportunità di investire in impianti di produzione da fonte rinnovabile e di approvvigionarsi dell’energia prodotta dai propri impianti, svincolandosi dall’andamento dei prezzi dell’energia. In qualità di aggregatori nell’ambito del meccanismo Energy Release 2.0, Dolomiti Energia mette a disposizione una capacità produttiva di energia rinnovabile, grazie ad impianti di prossima realizzazione.
Roma, 11 mar (Adnkronos) - "Anni e anni passati a ripetere sempre lo stesso concetto, e poi? Basta una sentenza per rinnegare tutto. Ma quello che ha stabilito la Cassazione sul caso Diciotti rimane: bisogna risarcire i migranti intrappolati a bordo. Il vicepremier Salvini negli ultimi giorni ha fatto la solita becera propaganda sostenendo che saranno i contribuenti a pagare per le sue malefatte. Non è così, c'è una cosa che si chiama danno erariale. E tocca le sue tasche, non le nostre. Non c’è propaganda che tenga". Lo dice sui social la senatrice dell’Alleanza Verdi e Sinistra Ilaria Cucchi.
Roma, 11 mar. (Adnkronos) - Felicia, brand di Andriani S.p.A Società Benefit, leader nel settore dell’healthy food per l'utilizzo di materie prime innovative e naturalmente prive di glutine, come cereali (avena, riso, grano saraceno e teff integrali) e legumi (lenticchie, ceci, piselli) è Official Supplier della Acea Run Rome The Marathon 2025 che si terrà dal 14 al 16 marzo.
Un'opportunità speciale per promuovere il legame tra alimentazione sana e sport attraverso iniziative dedicate a chi desidera avere uno stile di vita salutare e migliorare il proprio benessere.
Felicia, capofila della filiera di legumi più estesa di Italia, è buona per tutti e adatta agli sportivi. Il brand ha scelto così di diventare partner della Maratona di Roma, un evento che ogni anno attrae migliaia di atleti e appassionati da tutto il mondo.
Durante i tre giorni di evento, dal 14 al 16 marzo, Felicia prenderà parte al Villaggio Expo della manifestazione con stand dedicati, dove i visitatori potranno scoprire i prodotti del brand. Felicia offrirà momenti interattivi e giochi progettati per sensibilizzare il pubblico su come adottare un’alimentazione sana, equilibrata e leggera, prediligendo proteine vegetali e cereali integrali naturalmente privi di glutine, coinvolgendo tanto gli adulti quanto i bambini in attività di edutainment.
Uno degli appuntamenti più attesi in queste giornate è il cooking show con lo chef Massimo Buono, che si terrà venerdì 14 marzo dalle 19:30 alle 23:30 presso la Rinascente di Via del Tritone. Un'occasione esclusiva durante la quale il pubblico potrà gustare piatti gustosi e salutari a base di pasta Felicia.
Il 16 marzo, giorno della Maratona, Felicia sarà presente al Villaggio Fun Run con attività dedicate e sarà al fianco degli atleti regalando loro uno dei prodotti più iconici di Felicia: i sedanini di lenticchie rosse. Un prodotto realizzato con un solo ingrediente – farina di lenticchie rosse biologiche – che rappresenta il connubio perfetto tra ricerca tecnologica e pratiche agricole sostenibili.
"Partecipare alla Maratona di Roma è per noi un'occasione importante per condividere i nostri valori e la nostra missione. Siamo entusiasti di supportare un’iniziativa che accoglie partecipanti di ogni età e livello, dagli atleti alle famiglie promuovendo un nuovo stile alimentare ispirato alla dieta mediterranea e alla biodiversità a tavola. La nostra proposta di prodotti è adatta a tutti e coniuga qualità e benessere offrendo un’esperienza di gusto unica” ha dichiarato Marco Lentini, Marketing Director di Andriani.
(Adnkronos) - Massiccio attacco con droni da parte dell'Ucraina nella regione di Mosca in Russia. Lo ha dichiarato il sindaco della città Sergei Sobyanin sul suo canale Telegram. In precedenza, l'Agenzia federale per il Trasporto aereo aveva annunciato restrizioni temporanee ai voli in due aeroporti di Mosca per garantire la sicurezza.
La Russia ha abbattuto 337 droni ucraini in diverse regioni durante la notte, di cui 91 nei pressi di Mosca, ha riferito il ministero della Difesa russo in una nota. Secondo la dichiarazione, 126 droni sono stati abbattuti nella regione di Kursk, al confine con l'Ucraina.
Sono due le persone morte nell'attacco. Il governatore della regione di Mosca, Andrei Vorobyev, precisa su Telegram che una vittima è un 50enne morto in ospedale. In precedenza era stato riferito del decesso di un 38enne.
“Per garantire la sicurezza dei voli degli aerei civili, sono state imposte restrizioni temporanee all'operatività dell'aeroporto di Zhukovsky alle 04:24 ora di Mosca (0124 GMT). Anche all'aeroporto Domodedovo di Mosca sono state imposte restrizioni temporanee all'arrivo e alla partenza degli aerei alle 04:40 ora di Mosca (0140 GMT)”, ha dichiarato l'agenzia.
Restrizioni di questo tipo vengono spesso applicate agli aeroporti russi in seguito ad attacchi di droni provenienti dall'Ucraina. L'attivazione dei sistemi di difesa aerea russi comporta spesso l'interruzione temporanea dei decolli e degli atterraggi.
La Russia afferma di aver ripreso il controllo di 12 località nella regione del Kursk, al confine con l'Ucraina, teatro dell'offensiva dello scorso agosto lanciata dalle forze di Kiev. "Nel corso delle operazioni, le unità del gruppo Nord hanno liberato 12 insediamenti", ha reso noto il ministero della Difesa di Mosca, come riportano i media russi.
Secondo il ministero, le forze russe hanno "liberato più di cento chilometri quadrati di territorio nella regione del Kursk". Stando alle notizie diffuse da Mosca, hanno ripreso il controllo degli "insediamenti" di Agronom, Bogdanovka, Bondarevka, Dmitryukov, Zazulevka, Ivashkovsky, Kolmakov, Kubatkin, Martynovka, Mikhailovka, Pravda e Yuzhny.
Intanto sono i iniziati i colloqui fra funzionari ucraini e statunitensi a Gedda, in Arabia Saudita, dove l'Ucraina dovrebbe presentare agli Stati Uniti un piano per un cessate il fuoco parziale con la Russia.
Questi colloqui sono una conseguenza diretta della discussione avvenuta durante la visita del presidente Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca a febbraio. “Mi sento ottimista - ha detto Rubio ieri ai giornalisti in viaggio verso Gedda - voglio dire, non verremmo se non lo fossimo”. Il fattore decisivo dell'incontro sarà vedere fino a che punto gli ucraini saranno disposti “a fare cose difficili”, proprio come dovranno fare i russi, per porre fine alla guerra. Rubio ha anche accennato al fatto che l'Ucraina potrebbe di nuovo contare su ulteriori aiuti statunitensi se i colloqui andassero bene.
L'inviato della Casa Bianca per il Medio Oriente, Steve Witkoff, ha in programma di recarsi a Mosca in settimana per un incontro con il presidente russo Vladimir Putin. Lo ha detto una fonte ad Axios. L'incontro con Putin avverrebbe alcuni giorni dopo il meeting tra funzionari statunitensi e ucraini in Arabia Saudita.
L'inviato di Trump si è recato a Mosca a metà febbraio come parte di un accordo per liberare il cittadino statunitense Marc Fogel, che era detenuto in una prigione russa. Witkoff ha incontrato Putin per tre ore durante quel viaggio.
"Non c'è bisogno di correre a indossare occhiali rosa ora. Dobbiamo sempre sperare nel meglio, ma essere comunque preparati al peggio. E dobbiamo sempre essere pronti a difendere i nostri interessi". Lo ha detto il portavoce del presidente russo Dmitrij Peskov parlando della decisione di Washington togliere il sostegno a Kiev e del fatto che "molti ora dicono frettolosamente che gli americani smetteranno di fornire armi o hanno già smesso e che Musk spegnerà i suoi sistemi di comunicazione e tutto andrà per il meglio per noi”.
Ucraina e Stati Uniti riprendono dunque il dialogo dopo la lite di 10 giorni fa alla Casa Bianca, dove Donald Trump e Volodymyr Zelensky sono stati protagonisti di un clamoroso scontro. La ripresa dei contatti dovrebbe favorire la fumata bianca sull'accordo per le terre rare ucraine. Kiev, con la firma, darebbe agli Usa l'accesso alle proprie risorse minerarie.Per Trump, l'intesa rappresenta una sorta di risarcimento dopo i 350 miliardi che, secondo il presidente, gli Usa hanno speso dall'inizio della guerra.
Ci saranno anche colloqui di alto livello fra Stati Uniti e Russia nei prossimi giorni in Arabia Saudita, ha reso noto Cnn citando fonti informate che non hanno precisato altro. Gli incontri saranno separati da quelli fra le delegazioni di Stati Uniti e Ucraina in programma domani a Gedda.