Due Giulietta e Romeo di Prokofiev nel giro di poche settimane a Bologna. Il primo allestimento, rivolto ai bambini, era nel cartellone di Baby BoFè, la rassegna di musica classica dedicata ai più piccoli a cura del BolognaFestival. Il secondo, quello tenutosi sabato 25 marzo al Teatro delle Celebrazioni nella forma di balletto, come prevedevano le musiche originali di Prokofiev, festeggiava i vent’anni della messa in scena registica e coreografica di Fabrizio Monteverde, all’epoca del debutto prodotto dal Balletto di Toscana e da qualche anno entrato nel repertorio del Balletto di Roma.

Il Fantateatro, che ha curato lo spettacolo della rassegna Baby BoFè, ha proposto la tragedia di Shakespeare in una riduzione in prosa tutto sommato fedele, con un’antologia della musica di scena di Prokofiev eseguita al pianoforte, che ha visto a sorpresa i bambini del pubblico silenziosi e attenti. Una prova sorprendente che dimostra come, a prescindere dalla difficoltà e dalla qualità di quanto viene proposto, i più piccoli partecipano sempre con curiosità agli spettacoli. Motivo per il quale è necessario per la loro formazione di futuri spettatori aumentare l’offerta di musica classica per la fascia dell’infanzia.

Nel caso del Giulietta e Romeo del Teatro Celebrazioni, la ballerina Carola Puddu ha fatto incetta di biglietti acquistati da adolescenti grazie alla sua partecipazione ad Amici di Maria de Filippi. Se questa circostanza abbia penalizzato la qualità del balletto preferirei non soffermarmi, ma se ha conquistato anche solo uno dei giovani agli spettacoli di danza o alla musica classica allora ben venga qualche operazione spot che raccolga così tanti giovani in sala.

Se il Fantateatro ha messo in scena una recita filodrammatica, che entusiasma il pubblico degli adulti abituati forse a standard un po’ bassini, lo spettacolo al Teatro delle Celebrazioni ha magicamente riportato al teatro settecentesco: nel senso che, come allora, la platea chiacchierava amabilmente scartando caramelle e si raccontava di camomille, callifughi e rimedi medicinali vari. Il tutto durante l’introduzione musicale di Prokofiev, come se si trattasse di un sottofondo di muzak accessorio al salto in scena della giovane ballerina televisiva. Mentre le quinte suggestive e le luci rosso tiziano davano un efficace segno della tragedia incombente, fra le file delle poltrone si consumava il dramma delle arrampicatrici da posto in platea, risalendo fino alle prime file bloccando la visuale con certe acconciature cotonate da costringere molti a scapicollarsi per vedere porzioni dello spettacolo. Sulla scena le famiglie, qui matriarcali, dei Capuleti e dei Montecchi venivano aizzate dalle capifamiglia che correvano da un lato all’altro del palcoscenico in sedia a rotelle con un curioso effetto da grand prix, salvo poi alzarsi e compiere alcuni passi di danza rivelandosi, in sostanza, delle false invalide.

A parte il mistero inspiegabile della sedia a rotelle in scena, gli altri attrezzi hanno dato all’allestimento un tocco a volte di delicatezza, come nel caso della testiera del letto sulla quale è appollaiata Giulietta amorevolmente seguita dalla nutrice. Notevole la celebre danza dei cavalieri (che ha fatto sobbalzare molti spettatori perché già musica di uno spot di un profumo) dove i costumi e le coreografie ci portano in una festa borghese fatta di mossettine e gesticolazioni che fanno pensare a un party di lusso presso qualche famiglia di alto lignaggio e basso gusto.

Ma la sorpresa più bella sono stati i numerosi giovani rimasti attenti a quanto accadeva sul palco: c’è speranza per il futuro del teatro se cresceranno rispetto ai loro genitori scriteriati con la voglia di partecipare a uno spettacolo dal vivo. E che ne parlino pure sui loro account social il giorno dopo, se questo dovesse servire a fare sopravvivere, o magari riportare in piena vita, l’arte, la musica, il teatro, la danza.

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