“Semplificazione e rapidità sono valori importanti, ma non possono andare a discapito di principi altrettanto importanti come trasparenza, controllabilità e libera concorrenza“. Il nuovo Codice degli appalti varato dal governo viene stroncato dall’Autorità nazionale anticorruzione (Anac). “Sotto i 150.000 euro va benissimo il cugino o anche chi mi ha votato e questo è un problema, soprattutto nei piccoli centri”, ha ribadito mercoledì mattina il presidente Giuseppe Busia, mettendo nel mirino gli affidamenti senza gara che, allargati a dismisura durante la pandemia, ora diventano strutturali. Insieme alla possibilità per le stazioni appaltanti di ricorrere alla procedura negoziata senza bando previa consultazione di almeno dieci operatori economici per lavori fino a 5,3 milioni di euro. Con il risultato di sottrarre alla concorrenza il 98% dei lavori. Sostanzialmente “si dà mano libera, si dice non consultate il mercato, scegliete l’impresa che volete”, sottolinea Busia. Il risvolto pratico, insomma, è che “si prenderà l’impresa più vicina, quella che conosco, non quella che si comporta meglio”, ha spiegato a Zapping su Radio Uno.
“Soglie troppo elevate per gli affidamenti diretti e le procedure negoziate”, ha scritto poi Busia in una nota, “rendono meno contendibili e meno controllabili gli appalti di minori dimensioni, che sono – va notato – quelli numericamente più significativi. Tutto questo col rischio di ridurre concorrenza e trasparenza nei contratti pubblici”. Proprio nella fase in cui “stanno affluendo ingenti risorse europee”. Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, che martedì non ha partecipato alla conferenza stampa post cdm, in occasione dei 75 anni di Confapi ha replicato dicendo di non concordare con l’autorità indipendente: “L’Anac dice ‘se gli appalti vanno più veloce è un favore sostanzialmente ai malintenzionati‘. Io penso che sia vero il contrario, più lungo è l’iter di un appalto pubblico più è facile che il corrotto incontri il corruttore. Più breve è l’iter dell’appalto meno è facile che i due si incontrino”.
Il presidente dell’Anac aveva già detto criticato il testo scritto dal Consiglio di Stato e in parte modificato dal governo Meloni. Come anche l’Ance. “È come permettere di guidare in città senza patente dove c’è il limite dei 50 km“, aveva avvertito a valle dell’iter parlamentare riguardo alle possibilità per le stazioni appaltanti non qualificate di affidare lavori fino a 500mila euro, anche questo intervento puntualmente confermato nel nuovo testo. La burocrazia “negativa” che “frena la dobbiamo eliminare, siamo tutti d’accordo”, ha spiegato Busia, ma “non possiamo eliminare la burocrazia che fa controlli per far bene, che fa controlli per rispettare i diritti, che fa controlli perché i soldi vanno spesi bene, per garantire tutti coloro che lavorano nei cantieri” e perché “si usino materiali corretti”, è stato il monito di chi guida l’Anticorruzione. “Si spendono meglio i soldi, non si violano i diritti, le opere durano di più e si rispetta la concorrenza”, ha aggiunto parlando di questi aspetti come “valori” che “dobbiamo preservare se il Paese vuole crescere”. E ha concluso: “La crescita sana l’abbiamo così”.
La bocciatura dell’Anticorruzione, che aveva chiesto modifiche ma è rimasta inascoltata, non è totale, perché la digitalizzazione prevista nel nuovo Codice “obbliga a trasparenza e partecipazione”. Un altro elemento positivo è il “ruolo accresciuto di Anac di ausilio e sostegno alle stazioni appaltanti con la creazione di bandi tipo, documenti tipo, atti già pronti, che le amministrazioni possano usare”. Ma le buone notizie sul “codice Salvini” – come lo ha ribattezzato la Lega, rivendicandolo – finiscono qui.
L’attacco delle opposizioni – Intanto dall’opposizione Michele Gubitosa, deputato e vicepresidente del M5S, fa sapere che “sul Codice degli appalti faremo le barricate in Aula”. E il capogruppo del Pd in commissione Ambiente alla Camera, Marco Simiani, nota che “un conto è rendere più trasparenti e veloci le procedure, anche potenziando gli organici delle Pa e con la digitalizzazione; altra cosa è la completa deregulation voluta dalla destra. Con l’innalzamento delle soglie oltre le quali è obbligatoria la gara, circa il 98% degli appalti potrà essere affidato senza un procedimento di aggiudicazione trasparente e al quale tutti gli operatori possano partecipare. Parliamo di una torta da 18,9 miliardi di euro all’anno. In questo modo viene così a mancare non solo la sana concorrenza tra le imprese, e di conseguenza anche possibili impatti negativi relativi alla qualità dell’opera o dei lavori o servizi che si appaltano, ma si corre il rischio concreto che questa massa di denaro susciti pericolosi appetiti sui quali l’Anac, il cui ruolo di controllo viene ridimensionato, non potrà adeguatamente vigilare”. Franco Mari, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra in commissione Lavoro della Camera, “mentre la Camera si appresta a varare una Commissione di inchiesta sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, il governo approva il nuovo Codice degli Appalti che spinge esattamente nella direzione opposta. Così anche in materia di appalti usciamo dalla pandemia peggio di come eravamo entrati: le deroghe attuate in tempo di Covid ora diventano la regola”.