Chiuse le indagini preliminari della Procura della Repubblica di Verona sulle lesioni e i decessi che hanno coinvolto i neonati dell’Ospedale della donna e del bambino. La causa fu un’infezione da Citrobacter tra il 2018 e il 2020. Secondo quanto riportato dal quotidiano Il Mattino di Padova, le ipotesi di reato sono a vario titolo di omicidio colposo e lesioni colpose gravi e gravissime in ambito sanitario. Sette gli indagati.
A presentare le denunce erano stati i genitori di quattro neonati morti, un centinaio di contagiati e nove rimasti disabili. In seguito a una consulenza assegnata dalla Procura tuttavia risultano essere solo due i casi per cui gli operatori sanitari sarebbero imputabili, e cioè quelli rientranti nella cosiddetta “fase tre” o “tardiva” della diffusione del batterio nel reparto di Terapia intensiva neonatale e pediatrica dell’ospedale nel periodo intercorso tra il 22 febbraio e il 30 maggio 2020.
In quelle settimane, per i magistrati, non ci fu nessuna riunione del Comitato infezioni ospedaliero e della Commissione multidisciplinare ospedaliera, nessuna sorveglianza attiva o monitoraggio ambientale. E proprio a quel periodo risalgono una morte e una malformazione, più l’infezione di altri due neonati. Il batterio killer, secondo le evidenze, si sarebbe annidato in un rubinetto dell’acqua utilizzato dal personale della Terapia intensiva e anche nei biberon. Secondo i tecnici, i decessi dei piccoli avrebbero potuto essere evitati se chi di dovere fosse intervenuto per tempo e in modo adeguato. La chiusura del reparto per la sanificazione fu effettuata solo il 12 giugno 2020.
I sette responsabili indagati sono Paolo Biban, ex direttore della Pediatria, Francesco Cobello, ex direttore generale dell’Azienda ospedaliera universitaria, Chiara Bovo, ex direttore sanitario, Giovanna Ghirlanda, direttore medico ospedaliero, Evelina Tacconelli, direttore di Malattie infettive, Giuliana Lo Cascio, ex direttore di microbiologia e Stefano Tardivo, risk manager dell’azienda ospedaliera.