“Arrivano col coltello tra i denti”, “Vogliono prendersi tutto”, “Rischiano anche gli intoccabili“. Nei corridoi di Viale Mazzini i commenti si sprecano, i dirigenti chiacchierano, ai piani più bassi aumentano i dubbi su quel che sarà, al settimo piano il silenzio nasconde la quiete prima della tempesta. “La Rai deve essere servizio pubblico sostenuto dal canone, ma è suo dovere essere plurale, rappresentare il pensiero di tutti i cittadini e io sono qualcosa ho subito censure sulla mia pelle. Qualche piccolo Stalin circola ancora in Rai, qualcuno che sta ancora con il colbacco”, ha dichiarato il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano a “Che tempo che fa“.
L’operazione “presa di Viale Mazzini” è iniziata ma dovrà attendere l’uscita di Carlo Fuortes. L’attuale amministratore delegato incontrerà la premier Meloni a fine aprile, dopo l’approvazione del bilancio, per poi annunciare le dimissioni direzione Teatro alla Scala di Milano. Una partita da chiudere con l’ok di Beppe Sala non ancora arrivato. Ma a via della Scrofa si guarda oltre: la poltrona di ad per Roberto Sergio, la nomina di direttore generale per Giampaolo Rossi.
Il primo, ora capo delle radio Rai, è un ex casiniano ora diventato meloniano, stimato anche da Gianni Letta. Rossi è da sempre l’uomo Rai di Giorgia Meloni, con alle spalle diverse esperienze a Viale Mazzini e con un posto occupato (poi fregato in extremis al bis) in consiglio d’amministrazione. Organo che non decadrà ma continuerà ancora per un anno con gli attuali membri, con l’incognita presidente perché c’è chi accenna alle dimissioni di Marinella Soldi.
Per il partito di Giorgia Meloni la scelta dell’ad e del dg ma anche del nome del nuovo direttore del Tg1. In cima alla lista appare ormai da settimane quello del prescelto: Gian Marco Chiocci. L’ex direttore del Tempo, ora all’Adnkronos, è però un esterno e questo farebbe esplodere nuove polemiche. Secondo il quotidiano La Repubblica, Chiocci potrebbe farcela con l’ok del Movimento 5 Stelle, stimato da tempo da Giuseppe Conte. L’attuale direttrice Monica Maggioni potrebbe ottenere una poltrona secondaria (c’è chi accenna alla Direzione Editoriale al posto di Giuseppina Paterniti) mantenendo la presenza in video con un programma in seconda serata.
Fdi non potrebbe però ottenere sia il Tg1 che il Tg2, ora nelle mani di Nicola Rao. Quella poltrona nel valzer delle nomine dovrebbe finire a Forza Italia (Antonio Preziosi) o alla Lega (Angela Mariella) con Rao spostato in un ruolo comunque di primo piano. Il piano b? La guida degli Approfondimenti (struttura a cui fanno capo tutti i talk del servizio pubblico) o di Radio 1. I talk sono ora nelle mani di Antonio Di Bella, vicino alla pensione, il cui mandato è stato già prorogato fino a metà maggio, per quella poltrona si fa anche il nome di Paolo Corsini, l’attuale vice di Di Bella è in quota Fratelli d’Italia. Andrea Vianello, ora a Radio1 e Giornale Radio, è stato accostato a Rai Sport (dopo l’uscita di Alessandra De Stafano, direzione Parigi) o al ruolo di corrispondente in Brasile. Rai Sport fa gola anche alla Lega che punterebbe sull’ex direttore Auro Bulbarelli ma anche Paolo Petrecca (Fdi) ora a RaiNews. L'”invasione nera” risparmierebbe il Tg3 concesso all’opposizione con la permanenza di Mario Orfeo (ormai quasi più vicino a Giampaolo Rossi che al Partito Democratico) o con l’attuale vicedirettrice del Tg1 Costanza Crescimbeni, ben vista da M5S e Pd.
“Si prenderanno la Rai ma in parte l’hanno già presa”, aggiunge una fonte beninformata ricordando i numeri dei telegiornali della prima e della seconda rete. Ma soprattutto lo sbarco nell’access prime time di Bruno Vespa, con i suoi “Cinque minuti” visti ogni sera da oltre 4.5 milioni di telespettatori, in onda a panino tra il telegiornale e il game show di Amadeus. Nel mirino della maggioranza Lucia Annunziata dopo lo scontro con il ministro Roccella ma anche la striscia informativa di Marco Damilano. Con Fabio Fazio in scadenza e la chiara volontà di non rinnovare il suo contratto. Tra dire e il fare, polemiche e milioni di euro di pubblicità. Troppo presto per stabilire il finale ma non è presto per immaginare la trama del film, chiara ormai a tutti: la necessità di una narrazione differente anche nei programmi del daytime e pure negli show per famiglia.
La struttura del Prime Time, ora affidata a Stefano Coletta, travolto dalle polemiche sanremesi ma dalla sua ha mosse riuscite, potrebbe finire a Marcello Ciannamea in quota Lega. Quest’ultimo sognerebbe di guidare in contemporanea anche la struttura DayTime al posto di Simona Sala, dove si fa il nome del meloniano Angelo Mellone, in corsa anche per la poltrona di Rai Fiction al posto di Mariapia Ammirati. Così nel tormentone di nomine e indiscrezioni arrivano a traballare le colonne del servizio pubblico: Amadeus, Carlo Conti e Antonella Clerici, oltre al già citato Fazio. E con loro i 200/300 milioni di pubblicità che garantiscono con i loro show. Fazio a parte, in una partita più complessa e politica, difficile immaginare volti di punta fuori dalla Rai. Al netto delle indiscrezioni Amadeus tornerà alla conduzione e direzione artistica di Sanremo anche nel 2024, non solo per i suoi record (ascolti, pubblicità e vendite) ma anche perché ha un contratto firmato con la Rai. Fermento, rumors che si rinnovano. Questa volta però Massimo Giletti sembra davvero vicino al ritorno dopo l’esclusione nel 2017, potrebbe ottenere un talk show in onda al giovedì sera su Rai2. La nuova governance dovrà poi risolvere la “grana Pino Insegno“, amico personale di Giorgia Meloni. Ricevuto nei giorni scorsi addirittura a Palazzo Chigi, per lui si cerca un titolo forte. Dopo essere stato accostato al Festival di Sanremo potrebbe finire a L’Eredità al posto di Flavio Insinna. In estate le prime manovre: nuovi titoli per Monica Setta (Lega), Laura Tecce (Fratelli d’Italia) e Nunzia De Girolamo, ex ministra legata al centrodestra e moglie del democratico Boccia, per lei la conduzione della Vita in Diretta Estate. Un posto al sole per la poco nota Incoronata Boccia, stimata professionalmente da Giampaolo Rossi, che potrebbe ottenere la guida di Agorà o quella del Tg2Post.
Il servizio pubblico sarà “invaso”, una militarizzazione per occupare praticamente tutti gli spazi chiave e con una Vigilanza Rai (destinata ai grillini) ancora senza presidente. Con l’opposizione troppo poco rumorosa, Elly Schlein si espressa solo ieri così: “Sulla questione degli assetti dell’informazione nel servizio pubblico dobbiamo seguirla con particolare attenzione. Mi pare che il governo stia cercando di metterci un po’ troppo le mani. Vigileremo”. Vigileranno per davvero?