Pena dimezzata per l’anarchico spagnolo Fernando Juan Antonio Sorroche, 46 anni, accusato di aver piazzato una bomba all’esterno del K3, la sede della Lega Nord-Liga Veneta a Treviso nell’agosto 2018. Non più 28 anni di reclusione, come deciso in primo grado, ma 14 anni e 10 mesi. La sentenza d’appello arriva a pochi giorni dalla manifestazione degli anarchici a Venezia organizzata proprio per protesta nei confronti del processo in aula-bunker di Mestre. La corte, presieduta da Carlo Citterio, è rimasta in camera di consiglio per sette ore.
In mattinata, a spianare la strada verso una riduzione aveva contribuito la requisitoria del procuratore generale d’udienza Giancarlo Bonocore. In qualche modo aveva voluto riequilibrare una pena molto elevata con il fatto che la bomba non fosse esplosa e non avesse causato danni a persone o cose. Con il riconoscimento delle attenuanti generiche, il pg aveva chiesto di infliggere a Sorroche 21 anni e 6 mesi di carcere, con una riduzione di circa un quarto del periodo detentivo. Di fronte all’obiezione della difesa secondo cui la bomba non avrebbe dovuto esplodere, Bonocore ha aggiunto: “Ma se la bomba doveva essere un semplice gesto dimostrativo perché mettere i chiodi? Perché posizionare due ordigni? Se era un gesto dimostrativo perché fare due rivendicazioni?”. Il congegno prevedeva infatti l’esplosione di una bomba-carta che avrebbe attivato l’intervento della Polizia, poi però era stato inserito un sistema invisibile (con un filo) per far scattare la trappola: gli agenti avrebbero fatto deflagrare il secondo ordigno, la vera bomba imbottita di chiodi. L’effetto avrebbe potuto essere letale, invece il rumore dell’esplosione della bomba-carta non causò nessun intervento, ma l’ordigno fu trovato dai leghisti solo al momento dell’apertura della sede.
L’accusa era di attentato per finalità terroristiche o di eversione (articolo 280 del codice penale) che prevede una doppia situazione: nel caso di attentato alla vita delle persone la pena non può essere inferiore ai 20 anni, nel caso di semplice attentato all’incolumità, la reclusione non può essere inferiore ai sei anni. I giudici hanno probabilmente ritenuto che il fatto configurasse questa seconda ipotesi, altrimenti non si spiega il dimezzamento della pena. “Non è vero che l’attentatore voleva solo generare scompiglio. – ha dichiarato l’avvocato Stefano Trubian, parte civile per la Lega – ci fu una certosina, quasi maniacale attenzione nel far sì che l’ordigno esplodesse e questo è incompatibile con un atto dimostrativo”. Il legale ha invitato i giudici a respingere la considerazione che se non vi fu esplosione si può essere meno severi. “Non si tratta di essere indulgenti, ma di applicare dei principi. In questo Paese, di fronte alle stragi terroristiche, ci si è chiesti ogni volta che cosa si sarebbe potuto fare prima, per impedirle”.
L’avvocato Flavio Rossi Albertini (che è anche difensore di Alfredo Cospito, il detenuto in sciopero della fame per protesta contro il 41 bis) ha messo in dubbio l’attribuzione di responsabilità a Sorroche, basata sul Dna. Poi ha sostenuto che la bomba non era idonea ad uccidere e neppure ad esplodere. “Si trattava di un meccanismo realizzato in maniera complessa, così barocca, con la miccia che si accende con una deflagrazione e non con la fiamma. Durante il processo si è dimostrato che quell’ordigno non poteva esplodere”. Infine ha criticato la mano troppo pesante dei giudici di fronti agli attentati degli anarchici. I giudici hanno scelto la via di mezzo, anche se bisogna attendere le motivazioni per averne la conferma: la bomba fu piazzata da Sorroche ed era idonea ad attentare all’incolumità delle persone, anche se nessuno si fece del male.