Dagli Stati Uniti alla Russia, i paesi del mondo hanno contribuito in misura diversa alle emissioni di gas climalteranti che hanno provocato un incremento delle temperature medie globali e le ben note conseguenze del cambiamento climatico. Ad esaminare le responsabilità di ogni nazione uno studio, riportato sulla rivista Scientific Data, condotto dagli scienziati del Tyndall Center for Climate Change Research presso l’Università dell’East Anglia (UEA) e del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK). I ricercatori, guidati da Matthew Jones, hanno elaborato uno strumento specifico per valutare quanto gli stati del mondo abbiano effettivamente inciso sulle temperature della Terra. Il team, coinvolto anche nella stesura dei rapporti annuali del Global Carbon Budget, ha utilizzato i dati raccolti dal 1850 al 2021 relativi alle emissioni dei tre principali gas a effetto serra derivanti dalle attività antropiche: anidride carbonica (CO2), metano (CH4) e azoto (N2O). Gli esperti hanno quindi stimato quanto e come ogni sostanza abbia influenzato il riscaldamento globale.

Secondo quanto emerge dall’indagine, Stati Uniti, Cina e Russia si piazzano sul podio come principali responsabili del cambiamento climatico, avendo causato rispettivamente il 17,3, il 12,3 e il 6,1 per cento del riscaldamento globale da emissioni di tutti i composti considerati. Brasile e India sarebbero invece responsabili del 4,9 e del 4,8 per cento di queste quote. Considerando le sostanze climalteranti, gli esperti hanno stimato che la sola anidride carbonica avrebbe aumentato di ben 1,11 °C la temperatura media globale dal 1850. 0,41 e 0,08°C risultano invece attribuibili rispettivamente a metano e azoto.

“I paesi del mondo – afferma Jones – si sono impegnati a ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Il nostro set di dati potrebbe rappresentare uno strumento importantissimo per tracciare l’effetto delle politiche climatiche e delle contromisure adottate per contrastare l’emergenza”. “Nei prossimi anni – aggiunge il ricercatore – speriamo di riscontrare un significativo calo delle emissioni. Il nostro lavoro evidenzia chiaramente che il contributo al cambiamento climatico non è uniforme a livello globale, ma varia notevolmente nelle diverse realtà nazionali. In alcuni paesi del mondo, i settori legati all’uso del suolo e alla silvicoltura possono contribuire significativamente al riscaldamento, anche se le emissioni di combustibili fossili superano notevolmente gli impatti della deforestazione”. La classifica risultante fornisce importanti approfondimenti sul contributo alle emissioni di gas serra dei diversi paesi. Ad esempio, riportano gli studiosi, dal 1850 ad oggi Stati Uniti, Cina e Russia sembrano aver causato un incremento nelle temperature medie globali di 0,28, 0,20 e 0,10 °C, rispettivamente. Il Brasile e l’India avrebbero invece provocato un aumento simile, di circa 0,08 °C. Un valore più modesto si riscontra in Indonesia, Germania, Regno Unito, Giappone, Canada, che avrebbero contribuito all’innalzarsi delle temperature medie per circa 0,03-0,05°C.

Fino al 2021, il 69,1 per cento del riscaldamento totale provocato dai gas serra poteva essere ricondotto alla sola anidride carbonica, anche se tale valore sembrava oscillare significativamente tra i vari paesi considerati. Nelle realtà con settori agricoli particolarmente sviluppati, infatti, l’incremento delle temperature dovuto alla CO2 risulta più basso rispetto alle economie basate su altri investimenti. In questo senso, il Regno Unito detiene il primato, con l’87,6 per cento del riscaldamento riconducibile all’anidride carbonica, seguito da Stati Uniti (83,3 per cento), Russia (76,1 per cento), Indonesia (71,3 per cento), Brasile (64,7 per cento) e Cina (64,3 per cento). Valutando il divario nelle responsabilità climatiche dei diversi paesi, gli esperti hanno evidenziato che i contributi combinati di Brasile, Sudafrica, India e Cina sono aumentati notevolmente dal 1992 al 2021, passando dal 17 al 23 per cento, mentre tra i paesi industrializzati aderenti all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), nello stesso periodo di riferimento, è stata osservata una diminuzione dal 47 al 40 per cento. Dal 1992, riportano gli scienziati, il riscaldamento globale associato alle emissioni di combustibili fossili è stato circa quattro volte più elevato rispetto all’aumento di temperature dovuto al cambiamento dell’uso del suolo. Per soddisfare gli obiettivi degli Accordi di Parigi, commentano gli autori, sarà necessario ridurre drasticamente i contributi dei singoli paesi e le emissioni di gas climalteranti. “Grazie a un aggiornamento annuale sulle emissioni di gas serra per tutti i paesi del mondo – conclude Pierre Friedlingstein, altra firma dell’articolo – questa pubblicazione potrebbe diventare una risorsa preziosa per monitorare il contributo di ogni nazione al riscaldamento globale. Tali informazioni sono fondamentali per elaborare strategie mirate ed efficaci per contrastare l’emergenza climatica”.

Lo studio

Valentina Di Paola

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