Nel corso della primavera dello scorso anno, sono stati segnalati almeno mille casi di epatite pediatrica di eziologia sconosciuta, che hanno allertato le autorità sanitarie dei 35 paesi in cui si sono verificati questi misteriosi episodi. Ad indagare una possibile origine di queste malattie inspiegabili gli scienziati dell’Università di Glasgow, dell’University College di Londra e dell’Università della California a San Francisco. In tre studi indipendenti pubblicati sulla rivista Nature, i ricercatori hanno scoperto una possibile correlazione tra le epatiti pediatriche e la presenza di due agenti patogeni: l’adenovirus umano AAV2 e il betaherpesvirus umano HHV-6B.
L’epatite, spiegano gli esperti, è un’infiammazione del fegato che può dipendere da numerosi fattori e manifestarsi in diverse forme (A-B-C-D-E). Sebbene la maggior parte delle forme tenda a risolversi spontaneamente, nei casi cronici possono svilupparsi condizioni più gravi, come cirrosi epatica e tumore del fegato. Le epatiti dei bambini, generalmente molto rare, hanno iniziato a provocare sporadici focolai in ben 35 paesi nel 2022. Degli oltre mille casi segnalati, almeno 20 hanno portato al decesso dei pazienti. Oltre 50 manifestazioni gravi hanno portato le equipe mediche a procedere con un intervento di trapianto di fegato. Il 75 per cento della popolazione colpita era di età inferiore ai cinque anni, dato che ha contribuito ad allarmare ulteriormente le autorità sanitarie. Ricerche precedenti avevano già suggerito una probabile associazione tra adenovirus umani, infezioni respiratorie e gastroenterite. Nei tre articoli scientifici, i ricercatori hanno evidenziato una correlazione tra la presenza di AAV2 e l’epatite giovanile. Non è ancora chiaro, però, se l’agente patogeno possa rappresentare un indicatore dell’infezione o se sia effettivamente legato causalmente all’insorgenza della malattia epatica.
Nella prima pubblicazione, il gruppo di ricerca guidato da Emma Thomson, riporta i risultati derivanti dall’analisi di 32 casi di epatite pediatrica. Il team ha confrontato il tessuto prelevato dal fegato dei bambini positivi con quello raccolto da 74 coetanei sani, individuando l’adenovirus nell’81 per cento e nel sette dei due gruppi, rispettivamente. Gli scienziati hanno scoperto che circa il 93 per cento dei bambini positivi all’epatite aveva un particolare gene per l’antigene leucocitario umano, una molecola che aiuta il sistema immunitario a riconoscere le cellule infette. Tale conformazione genetica era presente solo nel 16 per cento dei partecipanti sani. Questi dati, sostengono gli autori, suggeriscono che alcuni soggetti potrebbero essere geneticamente più suscettibili ad alcune forme di epatite. Il secondo lavoro, condotto da Judith Breuer, ha considerato 38 casi di epatite, riscontrando la presenza di AAV2 nel 96,4 per cento della coorte e bassi livelli di betaherpesvirus umano 6B (HHV-6B). Anche in questo caso i tessuti epatici sono stati analizzati per confronto con un gruppo di controllo e i ricercatori hanno rilevato una forte evidenza di un processo immuno-mediato nei pazienti con epatite. Il terzo articolo, redatto dagli scienziati guidati da Charles Chiu, descrive infine i dati ottenuti dal confronto dei campioni prelevati da 16 pazienti pediatrici positivi all’epatite con quelli di 113 coetanei sani. In questa coorte, l’adenovirus è stato identificato nel 93 per cento dei bambini infetti e nel 3,5 per cento dei ragazzi in salute.
Nel complesso, commentano gli esperti, questi risultati suggeriscono che la gravità dei sintomi con cui si manifesta la malattia potrebbe essere in qualche modo associata alla co-infezione di adenovirus umano e betaherpesvirus umano. Data la natura osservazionale di questi studi, gli autori sottolineano che sarà necessario condurre ulteriori approfondimenti per rispondere agli interrogativi ancora irrisolti in merito alle misteriose epatiti pediatriche. “L’ondata di epatiti riscontrate nella primavera dello scorso anno – scrive in un News & Views Frank Tacke, dell’Università di Medicina di Berlino – ha coinciso con l’allentamento delle misure predisposte per arginare la pandemia. La tempistica di queste insolite malattie epatiche potrebbe essere correlata al fatto che i bambini sono stati improvvisamente esposti a una serie di agenti patogeni dopo la sicurezza delle restrizioni, per cui il loro sistema immunitario potrebbe non essere stato sufficientemente preparato ad affrontare le minacce esterne”.