di Marzio Chirico e Federica Capitani

Martedì 21 marzo è stata pubblicata la classifica giornaliera di Air Quality sullo stato della qualità dell’aria nelle grandi città del mondo. Tra le prime dieci città più inquinate troviamo Milano, che appare ufficialmente come la terza città con l’aria più irrespirabile al mondo.

Tale classifica, basata sulla quantità rilevata di particolati chimici nell’aria, calcola la concentrazione delle polveri sottili su una scala da 0 a 300. Il PM2.5 indica il livello delle particelle generate dalla combustione degli impianti di riscaldamento ed industriali, le quali nuocciono gravemente ai polmoni. In Italia il parametro della valutazione di PM10 è la media giornaliera: secondo il D. Lgs. 155/2010 questo limite è pari a 50 µg/mc, da non superare più di 35 volte per anno civile. Nello stesso decreto viene anche stabilito un limite annuale fissato a 40 µg/mc come media annua. Secondo le centraline dell’Arpa, le concentrazioni a Milano sono state molto vicine ai limiti fissati, con una media di PM10 pari a 47.75 µg/m³ e di 77µg/m³ di Pm2.5. Addirittura, è stato consigliato l’utilizzo delle mascherine Ffp2 e di non fare attività fisica all’aperto.

La classifica fornita da Air Quality è giornaliera ed è soggetta a continue modifiche quotidiane in base alla raccolta dati. Inoltre, in base agli ultimi dati raccolti dall’agenzia Ansa Lombardia, la città di Milano registra una qualità dell’aria assai critica. Infatti, si registrano delle concentrazioni di PM2.5 superiori mediamente al valore di 25-50 µg/m³. In Italia, Milano viene ritenuta all’avanguardia dal punto di vista delle iniziative “green”, però in essa persiste il problema della qualità dell’aria.

La pessima qualità dell’aria registrata a Milano rappresenta solamente la punta dell’iceberg di un problema che coinvolge l’intera area della Pianura Padana. Quasi 80mila persone nel nostro paese sono morte prematuramente per cause legate all’inquinamento solo nell’ultimo anno. Nel corso del 2023, le giornate dove sono stati superati i valori critici sono già 12. Tuttavia le norme europee stabiliscono lo sforamento del limite di 50 microgrammi di PM10 solamente per 35 giorni all’anno. Come suggeriscono i risultati registrati dall’Agenzia Ambientale Europea e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, il limite annuale verrà superato molto presto e presenterà effetti a cascata più o meno visibili sulla salute e sull’inquinamento della città.

Le cause sono molteplici e sono principalmente i riscaldamenti e i trasporti, nonostante Milano venga notoriamente lodata come una città con un servizio di trasporto pubblico adeguato. Tale servizio però non riesce a creare dei capillari ed efficaci collegamenti fra le periferie e il centro, compresa la copertura totale di metro e tram. Inoltre, dobbiamo ricordarci che a partire dall’inizio di quest’anno sono aumentati i prezzi dei biglietti singoli e degli abbonamenti. Di conseguenza, le fasce più povere della popolazione rischiano di essere escluse dall’accesso a questo servizio. Ancora una volta Milano si dimostra come un luogo che sta cambiando volto ma che dimentica parti di città e le fasce di popolazione più a disagio.

Come recita l’Agenda Climatica di Fridays For Future Italia, “il settore dei trasporti è responsabile in Italia del 25% delle emissioni di gas a effetto serra (dati 2019). Con circa 40 milioni di automobili circolanti, l’Italia è seconda in Europa per auto pro capite. Per questo sono necessari forti investimenti, per creare una rete più capillare, affidabile, efficiente e sicura. Servono più linee di treni e autobus, più mezzi in servizio e l’aggiornamento di quelli più datati e inquinanti. Utilizzare il trasporto pubblico deve diventare una comodità, non un ulteriore problema nella vita dei/delle pendolari”. Visti i dati recenti, il trasporto pubblico non solo deve essere una comodità ma diventare la norma. Solo così potremo vedere un forte miglioramento della qualità di vita e dell’aria delle persone che vivono nelle grandi città. Dobbiamo riacquistare il “diritto di respirare”.

Pochi giorni fa, è uscita la nuova edizione del rapporto Ipcc che ancora una volta ci mette in guardia sullo stato climatico e ambientale del mondo. Ricordiamo che sarà l’ultimo report del decennio, perciò le politiche climatiche dell’Italia (che come membro dell’UE ha le responsabilità storiche maggiori) e di tutto il mondo risulteranno estremamente incisive per contrastare il rischio di collasso climatico nel nostro paese. Questo collasso è presente, anche in Italia. L’Ipcc ha un intero capitolo sull’adattamento, cioè le pratiche e le azioni da mettere in campo per adattarci alle conseguenze del cambiamento climatico. La crisi climatica è già qui, ha bussato alla porta di casa mentre eravamo distratti a vedere chissà cosa alla tv. Abbiamo i dati, abbiamo le soluzioni. Quando vedremo l’azione istituzionale e politica?

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