La lunga battaglia di lobby tra ong per la protezione delle foreste e aziende della bio-energia si conclude con una vittoria quasi schiacciante delle seconde, che hanno trionfato nel negoziato a porte chiuse tenuto nel Trilogo sulla terza riforma della Direttiva Energie Rinnovabili (Red III). La fase finale del processo legislativo dell’Ue, che vede rappresentanti del Consiglio e dell’Europarlamento trovare una mediazione insieme alla Commissione, ha portato all’approvazione di norme che ammettono la necessità di difendere le foreste e la loro capacità di assorbire carbonio, ma inseriscono un’ampia varietà di deroghe e discrezionalità concesse agli Stati membri. L’energia da biomasse forestali è da anni qualificata come a “emissioni zero” sulla base del fatto che gli alberi, bruciando, emettono la stessa Co2 assorbita durante i decenni in cui hanno vissuto, e come “rinnovabile” perché le piante possono ricrescere. Ma scienziati e ambientalisti sottolineano che la quantità di anidride carbonica prodotta bruciando legna è – per la stessa unità di energia prodotta – maggiore di quella prodotta dalla combustione di petrolio e carbone e, per questo, le biomasse forestali possono rappresentare un rischio per gli obiettivi climatici.

Stop alla combustione di legname di qualità (ma ampia discrezionalità sulla sua definizione) – In base alla riforma della direttiva, non sarà più possibile sovvenzionare in modo diretto l’energia elettrica o il calore generati dalla combustione di alcune categorie di legname, quali “legno tondo di qualità industriale” (adatto all’uso in prodotti come carta o mobili), ceppi e radici. Tuttavia, fa notare la ong Partnership for Policy Integrity, “poiché esistono pochi dati sulla quantità di legname che rientrerebbe in queste categorie, non è chiaro quale sarà l’impatto”. Inoltre, gli Stati membri dispongono di un ampio potere discrezionale nel determinare quale legname sia qualificabile come “legno tondo di qualità industriale”. L’unica norma che avrebbe sicuramente limitato l’utilizzo delle foreste per la produzione di energia sarebbe stata quella proposta dal Parlamento, – ovvero ridurre la quantità di energia prodotta bruciando legna sovvenzionabile come “rinnovabile” – che però non è stata inclusa nell’accordo finale. Oggi la metà delle energie rinnovabili in Europa sono prodotte bruciando legna (in Italia la percentuale è del 15%). La quantità rischia di aumentare dato l’impegno europeo ad incrementare la produzione complessiva di energia rinnovabile dal 30% al 42,5 % nel 2030.

Basta impianti che non fanno co-generazione (ma con eccezioni) – La direttiva Red III pone fine al sostegno finanziario diretto per l’elettricità generata dalla combustione biomassa (sia da foreste che da silvicultura) negli impianti che producono sola elettricità, sprecando il calore generato. Era la disposizione più temuta dalle società proprietarie delle più grandi centrali a biomasse italiane, che ricevono milioni di euro di sussidi ogni anno senza fare co-generazione e quindi producono energia in maniera inefficiente e non sostenibile finanziariamente. Tuttavia – sottolinea Partnership for Policy Integrity – la norma contiene deroghe per le centrali elettriche che operano nelle regioni di “transizione giusta” (territori che devono far fronte a gravi sfide socio-economiche derivanti dalla transizione verso la neutralità climatica), per gli impianti che impiegano la cattura e lo stoccaggio di Co2 da biomassa, “nonché per alcuni impianti che hanno già ricevuto supporto”. Potrebbero quindi ricadere nelle eccezioni le cinque grosse centrali calabresi, che ricevono quasi la metà dei sussidi italiani all’energia da biomasse legnose e che secondo il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri avrebbero truffato il Gse dal gennaio 2014 al gennaio 2019, “presentando istanze per l’accesso all’incentivazione recante attestazione di dati non veritieri”.

Tutti gli occhi sui legislatori nazionali – “Una caratteristica sorprendente di questa revisione delle norme sulla biomassa forestale è l’importanza data alla legislazione nazionale”, sottolinea Martin Pigeon, attivista di Forests & Climate della ong Fern. Gli Stati dell’Ue dovranno valutare se l’uso della biomassa è compatibile con gli obiettivi climatici. L’accordo richiede che i Paesi o le regioni che forniscono biomassa forestale dispongano di leggi nazionali, nonché di sistemi di monitoraggio e applicazione per garantire il rispetto di determinati requisiti di raccolta “sostenibile” (che si applicano obbligatoriamente solo agli impianti con potenza termica di almeno 7,5 MW). Se tali condizioni non sono soddisfatte, l’accordo esclude il legno proveniente da determinati ecosistemi dal conteggio ai fini degli obiettivi di energia rinnovabile e quindi dalla ricezione di sovvenzioni. “Viene data la supremazia alla legislazione nazionale che, in un contesto di mercato unico – dichiara Pigeon – continuerà a spingere verso il basso gli standard ambientali”. “La Direttiva sulle Energie Rinnovabili continuerà a premiare le compagnie energetiche per bruciare milioni di alberi – sostiene l’attivista – le foreste sono la nostra migliore possibilità di assorbire anidride carbonica, quindi la decisione odierna continuerà a peggiorare le crisi climatiche, la perdita di biodiversità e a danneggiare la salute delle persone, tutto a spese dei contribuenti”.

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