I crediti d’imposta per le bollette energetiche delle imprese scendono rispetto a quelli attualmente in vigore, considerato il calo generalizzato dei prezzi dell’energia. Il gas viene oggi scambiato a 46 dollari al megawatt/ora, una ventina di euro in meno rispetto ad un anno fa e quasi 300 euro in meno dai picchi raggiunti a fine estate. Nel secondo trimestre 2023 i crediti d’imposta scenderanno quindi dal 45% al del 20% per il gas, sia per le aziende gasivore (ossia tipi di produzione che richiedono una grande quantità di gas, ndr) che non gasivore mentre saranno differenziati per l’elettricità: 20% per le energivore e 10% per le imprese più piccole con potenza pari o superiore a 4,5 kW. È quanto si legge nel decreto bollette pubblicato in Gazzetta Ufficiale con cui si proroga invece fino a giugno il taglio dell’Iva al 5% sul gas, che viene esteso anche al teleriscaldamento e all’energia termica prodotta con il metano. Rimangono per ora azzerati gli oneri di sistema sul gas ma sono reintrodotti per tutti i clienti elettrici, comprese le utenze domestiche. Sempre per il gas viene gradualmente ridimensionata e poi azzerata nel corso del secondo trimestre 2023 la componente tariffaria negativa UG2, introdotta da aprile dello scorso anno da Arera e applicata ai consumi fino a 5.000 smc/anno. Una misura speciale che ha permesso di contrastare per famiglie e piccoli utenti il picco dei prezzi gas.

Viene introdotta una tassazione più favorevole per gli imprenditori agricoli che producono e cedono energia da fonti agroforestali che si applica all’anno d’imposta 2022. Lo prevede il decreto bollette che introduce un articolo che modifica la tassazione relativa alla produzione e cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali oltre i limiti già fissati (2.400 Mwh/anno per le fonti rinnovabili agroforestali e 260 mwh/per quelle fotovoltaiche). La nuova norma stabilisce, per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022, che la determinazione del reddito sulla componente riconducibile alla valorizzazione dell’energia ceduta, con esclusione della quota incentivo, si basi sul minor valore tra il prezzo medio di cessione dell’energia elettrica, determinato dall’Arera, e il valore di 120 euro/MWh. Attualmente viene viene calcolato un reddito imponibile sulla base del 25% del fatturato riferiti alla sola quota di energia (escluso incentivo). La nuova formulazione, si precisa, prevede un onere pari a 4,3 milioni di euro per quest’anno.

Al Ministero delle imprese e del made in Italy viene inoltre istituito un Fondo da 2 milioni di euro il 2023, “finalizzato a sostenere le imprese a forte consumo di energia elettrica di cui all’elenco pubblicato dalla Cassa per i servizi energetici e ambientali, localizzate nelle Regioni insulari e per le quali è istituito un tavolo di crisi nazionale presso il predetto Ministero”. Il principale beneficiario del provvedimento è la Portovesme, nel Sulcis, di proprietà del colosso Glencore. Il gruppo svizzero ha chiuso il 2022 con profitti più che triplicati a 17 miliardi di dollari (16 miliardi di euro). I ricavi sono saliti del 28% a 256 miliardi. La società ha annunciato che distribuirà ai suoi azionisti oltre 7 miliardi. Con un successivo decreto i governo dovrà individuare le modalità di utilizzo delle risorse “in modo che ne sia assicurata la compatibilità con gli aiuti di Stato” ed evitare, quindi, eventuali procedure di infrazione da parte dell’Ue. Inoltre, in sede di conversione del dl, è possibile che questi due milioni possano essere ulteriormente implementati.

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