È di questi giorni la notizia che sono stati travolti da una indagine della magistratura tre consorzi del Milanese attivi nel facchinaggio, il Consorzio Sac e Consorzio Progresso Logistico, entrambi di Lainate e Ailati Scarl di Trezzano sul Naviglio. Operavano nella gestione di cooperative e società accusate di avere ottenuto profitti illeciti ai danni dell’Erario, dei lavoratori e delle imprese concorrenti. La scorsa settimana si era trattato della Brt e di Geodis (del medesimo gruppo), della notissima azienda italiana ex Bartolini, leader nelle consegne di pacchi e grande azienda nel settore logistico, controllata da un gruppo d’oltralpe. La Procura della Repubblica di Milano ha disposto l’amministrazione giudiziaria.

Facchini, magazzinieri ed autisti della Brt erano, e probabilmente lo sono ancora oggi, soggiogati a paghe da miseria e a condizioni di lavoro “impossibili”. L’azienda è finita nel mirino della Guardia di Finanza che ha disposto il sequestro di 120 milioni di euro per frode fiscale per la gestione dei lavoratori, senza alcuna tutela normativa da parte di cooperative intermediarie fornitrici di servizi in appalto che evadevano l’Iva e il pagamento dei contributi.

Le coop nascevano e sparivano per evitare di essere individuate per battere la concorrenza di altri operatori (pochi) che invece rispettano le norme. Una vera e propria forma di caporalato per gestire la mano d’opera di società intermediarie e cooperative.

Nel 2021 un’analoga inchiesta prese di mira la Dhl con un maxi sequestro di 20 milioni di euro per frode sull’Iva e contributi non versati. Mentre dilaga da anni il mercato dell’e-commerce e della grande distribuzione che richiede sempre più addetti per le imprese di spedizione e di gestione delle piattaforme logistiche, parallelamente crescono cooperative e società intermediarie per sfruttare i lavoratori con bassi salari e orari di lavoro notturni e massacranti, evadere i contributi previdenziali, il fisco e l’Iva. Sistema dei diritti, lavoratori (spesso stranieri) e lo Stato vengono colpiti senza esclusione di colpi.

Il fenomeno riguarda tutto il territorio nazionale, ma non si riesce ad attivare meccanismi normativi e contrattuali che coinvolgano imprese, sindacati ed amministrazioni pubbliche per avviare un vero e proprio risanamento nel comparto. Il Far West della logistica italiana poggia anche su un sistema di condizinamento di grandi gruppi immobiliaristi, anche internazionali, che stanno “sequestrando” fette importanti dei territori (prevalentemente aree agricole) per aumentare il consumo di suolo con l’edificazione di sempre più grandi e numerose piattaforme logistiche. Legando nella voracità e spesso nell’illegatità costruttori e gestori delle attività di raccolta e smistamento delle merci. Il tutto con l’accondiscendenza e il silenzio delle amministrazioni comunali che svendono il loro territorio.

Una potenza d’urto che ha persino coinvolto la magistratura di Piacenza, arrivata a mettere in discussione le libertà sindacali ed il diritto ad organizzarsi contro il lavoro nero e lo sfruttamento, invocando gli arresti per alcuni sindacalisti del Si Cobas. Il tribunale del Riesame di Bologna ha invece smentito la procura di Piacenza, sostenendo che facevano ‘il loro lavoro’ di tutela degli addetti, nelle forme tipiche delle lotte sindacali (blocchi stradali compresi) che ora, anche con il decreto sui “rave”, saranno messi fuori legge.

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