Dopo la vittoria di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia alle politiche di settembre, i social furono invasi da foto e grafiche di vecchie regole fasciste che imponevano l’italianizzazione dei termini inglesi. Era una boutade. La realtà, tuttavia, certe volte può superare l’immaginazione. Fratelli d’Italia, infatti, ha presentato alla Camera una proposta di legge (in otto articoli) che ha l’obiettivo dichiarato di difendere la lingua italiana dal “dilagare” delle parole straniere, in “un’ottica di salvaguardia nazionale e di difesa identitaria“. Con tanto di obblighi, divieti e sanzioni per chi dovesse violarli, con multe dai 5mila ai 100mila euro. Tutto vero. Si va dalla proibizione dell’uso di denominazioni straniere per i ruoli nelle aziende, fino alla stretta sui corsi in lingua nelle università. “Se non ti fai capire o non vuoi farti capire dal popolo sei antidemocratico“, ha commentato il primo firmatario Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera.

Immediato il coro di critiche dalle opposizioni. Per il Pd si tratta di una proposta “che rasenta il ridicolo“. Il M5s ha ironizzato: “Multeranno anche il ministero per il Made in Italy?”, istituito proprio dal governo in questa legislatura. Una battuta, quest’ultima, che trae spunto dalle righe di presentazione del testo di legge. È qui che si evidenzia l’uso sempre più frequente di anglicismi anche “nel linguaggio della politica, nelle leggi, nelle istituzioni e nel cuore dello Stato”. Una “infiltrazione” che, per i firmatari della legge, è ben più ampia. E raggiunge ormai “livelli di guardia“. Il rischio, si legge, è che i forestierismi possano portare alla “scomparsa” dell’italiano.

“Prioritario”, per i deputati FdI, è fare “argine” con le iniziative contenute nella proposta di legge. In primis, l’obbligo della lingua italiana per la promozione di beni e servizi pubblici. Obbligo che riguarda anche le comunicazioni in qualsiasi luogo pubblico. Poi, traduzioni e interpreti imposti per legge in tutti gli eventi e le conferenze in lingua straniera sul territorio nazionale. Traduzioni obbligatorie anche sulle etichette dei prodotti tipici destinati al mercato estero. E ancora, divieto di usare forestierismi per i ruoli nelle aziende, a meno che non possano essere tradotti. E, infine, il giro di vite su scuola e università, dove i corsi in lingua sarebbero tollerati solo se giustificati dalla presenza di studenti stranieri o nell’ambito di progetti formativi specifici. A completare il quadro, l’istituzione di un Comitato interno al ministero della Cultura per la tutela della lingua. “Una proposta comica“, per Della Vedova di +Europa. “Cretina”, per Calenda. Manzi del Pd spera di essere “in un brutto sogno” e ha annunciato battaglia in Aula. Più ironici i pentastellati della commissione Cultura: “Che cosa ne penserà Giorgia Meloni, che il giorno del suo insediamento si è orgogliosamente definita una underdog della politica?”. Ironia a cui ha risposto Rampelli, che ha accusato i 5s di essere entrati in Parlamento col “vaffa day”. Il deputato di FdI ha sottolinea la presenza di una legge simile in Francia e aspetta l’iter della sua.

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