Un blockbuster fantasy divertente e scanzonato per due ore abbondanti di spensierato relax. Vivaddio! In Dungeons&Dragons: l’onore dei ladri non ci sono tracce di multiverso e già questo ci delizia e ci fa respirare. Poi c’è il richiamo strutturale a certi film d’avventura anni ottanta. Quella ricerca continua da parte del manipolo di quasi eroi protagonisti di un “piano A, un piano B e un piano C” per sviluppare e far correre lo script. Non una pomposa epica odissea alla Marvel, per intenderci, ma qualcosa di più leggero, giocoso, frizzante. I malvagi Maghi Rossi hanno ucciso la moglie di Edgin (Chris Pine), ex membro degli Arpisti con mandolino a tracolla sulla schiena. Lui si rifà una vita con la figlioletta e Holga (Michelle Rodriguez) una specie di madre adottiva, guerriera forzuta della tribù di Uthgardt.
Edgin e Holga compiono rapine e cercano la “tavoletta del risveglio” per far tornare in vita la mamma uccisa. Vengono però arrestati, poi evadono, e infine si dirigono nel regno di Neverwinter governato dal loro ex compagno di scorribande Forge (Hugh Grant) che ora se la intende con una perfida maga rossa, Sofina, ma soprattutto che ha adottato la figlia di Edgin. Forge non ha però alcuna intenzione di condividere bimba e averi coi vecchi compari e cerca di fargli tagliare la testa. Edgin e Holga fuggono di nuovo e dopo aver girato per villaggi e terre reclutano Simon (Justin Smith) un giovane, inesperto ladruncolo mago e Doric (Sophia Lillis) una giovanissima druida tiefling che si trasforma in mille risoluti animali e che vuole vendicarsi della brutalità con cui Forge sta sterminando la sua tribù, per tornare alla carica del regno di Neverwinter. Nel loro rapido e saettante peregrinare incrociano anche Xenk Yendar, guerriero coraggioso privo di senso dell’umorismo che, perlustrando pericoli di un mondo sotterraneo permetterà a Simon di acciuffare un magico elmo dotato di poteri straordinari per la battaglia. La resa dei conti a Neverwinter sarà dentro ad un colosseo zeppo di feroci mostri e in un labirinto continuamente mutevole.
Tratto dal celebre gioco da tavolo della Hasbro datato 1974 e dai successivi videogame, Dungeons&Dragons è diretto e scritto da Jonathan Goldstein e John Francis Dailey come se lo scatolone con i dadi multifacce fosse naturalmente saccheggiabile e rimodellabile in chiave drammaturgica. Draghi sputafuoco, elfi, maghi, alabarde e mazze, ma anche le straordinarie e mirabolanti trasformazioni di Doric – da mosca a cervo, da topo a orsogufo – fanno dei dettagli dell’universo D&D qualcosa di vagamente datato, ma anche di efficacemente funzionale al vulnerabile e altalenante galoppo del gruppo di eroi protagonisti. D&D è infatti racconto corale, venato di continua ma mai ripetitiva comicità, dove la dimensione filosofica primigenia del gioco ammanta paesaggio naturale ricreato abbondantemente in digitale, dinamica e azione dello scontro (botte da orbi spesso rifilate da una donna, Holga), caravanserraglio di sorprese rapidissime, agnizioni scattanti su magie e poteri. L’idea che non c’è mai da prendersi sul serio inietta nella storia una sorta di spirito dissacratorio da telefilm del pomeriggio, ma anche una spiritosa leggerezza che sgrassa possibili fanfaronate action e accigliate riduzioni di romanzi fantasy. Da vedere con tutta la famiglia e parecchi popcorn. Cameo buffo e minuto di Bradley Cooper nella parte dell’ex marito di Holga.