“Dopo che le cose sono successe, tutti sono capaci di prevederle!”. Si tratta di un rituale psicologico a cui, spesso, ci siamo sottoposti un po’ tutti e che è ancestrale, antropologico. Anche Cicerone diceva: “I troiani sono sapienti sempre in ritardo”. Nel campo della finanza, però, il “senno di poi” si traduce nella credenza, necessaria per fare previsioni, che, voltandoci a esaminare il passato, si possano scorgere nei fatti, cosi come si sono succeduti, tendenze presentate come espressione di andamenti sistematici.
Cosa succede poi quando, come sta capitando negli ultimi periodi per effetto della ennesima crisi bancaria, quelle previsioni sono sbagliate? Eventi che gli “esperti” meglio informati (e che quindi hanno esaminato bene il passato) non hanno saputo prevedere diventano quasi inevitabili dopo che sono successi. I guru della finanza forniscono una interminabile serie di esempi. Ogni giorno, un’ora dopo che hanno chiuso i mercati, si sentono sui media gli “esperti” che spiegano con grande sicurezza perché i mercati si sono comportati come di fatto è successo.
Un ascoltatore, un normale risparmiatore, poco informato e consapevole delle dinamiche di quei mercati, potrebbe agevolmente compiere la deduzione, scorretta, che i comportamenti dei mercati sono ragionevoli al punto che quel che è successo avrebbe potuto venire previsto prima, nel corso della giornata. Se infatti chiedete agli analisti e consulenti finanziari che avevano fatto previsioni su un indice o sul prezzo di un titolo, dopo che la scadenza futura è già passata, quale fosse stata la loro valutazione, si scopre quasi sempre che la loro valutazione “a posteriori” si appiattisce su quello che è effettivamente successo.
Questo errore, di natura cognitiva (riguarda le conoscenze), consiste nella successiva modificazione di quella che era la nostra precedente stima soggettiva in modo da avvicinarla a come sono andate effettivamente le cose. In altri termini, anche se gli eventi hanno smentito le loro previsioni del passato, gli analisti e i consulenti finanziari – che non possono ovviamente cambiare il passato – rivedono, in alcuni casi anche inconsapevolmente, le previsioni fatte a suo tempo. La morale è che quando le cose sono già successe vengono presentate meno sorprendenti di quanto non sembrassero prima.
A Napoli si dice che “mettono la pezza a colore”, un’espressione idiomatica per identificare un modo furbo di simulare, imbrogliare i discorsi, di trovare un sotterfugio per camuffare piuttosto che per riparare. Le “pezze a colore” sono dei trucchi volgari per nascondere le malefatte o sbrigarsela dopo una gaffe. Ciò è dovuto essenzialmente a un eccesso di fiducia nella loro capacità previsionale (overconfidence): nelle valutazioni sul futuro tendono a sopravvalutare la loro capacità di stimare quello che succederà. Si tratta di un errore di natura motivazionale (eufemismo per dire che è presunzione): si sentono sicuri della loro capacità di valutare le cose. Mentre le previsioni efficaci si basano sulla analisi (e la comunicazione trasparente) delle incertezze. Insomma pensano il futuro più prevedibile di quello che in effetti è. Poi (a posteriori), si auto-illudono e si convincono di aver previsto lo stato futuro delle cose molto meglio di quanto non ne fossero stati effettivamente capaci. Quante volte avete sentito ripetere la frase “lo sapevo” pur avendo ascoltato una previsione completamente diversa? E’ una sorta di effetto placebo che tranquillizza.
Non dobbiamo tanto rammaricarci, però, perché ci sono poche categorie professionali in cui il divenire esperti di previsioni implica il ridursi dell’overconfidence: si tratta di quei casi in cui si è puniti duramente dalle conseguenze di questo meccanismo. Pensate ai chirurghi che, sottoposti continuamente (esperienza) ad analisi costi-benefici dei tentativi fatti e dei successi ottenuti, imparano in poco tempo a essere perfettamente calibrati. In quei casi spesso c’è di mezzo la vita. Ecco perché gli analisti e i consulenti finanziari non hanno paura a sbagliare le previsioni, nonostante, spesso, rovinino ugualmente la vita delle persone.