Tagli certi oggi, in una situazione di surplus, per coprire un disavanzo incerto domani basato su stime controverse. C’è anche questo ad alimentare la veemente protesta dei cittadini francesi contro la riforma delle pensioni varata dal governo di Emmanuel Macron, che porterà l’età pensionabile da 62 a 64 anni, con un periodo contributivo che passerà da 41,75 a 43 anni. Debito pubblico, spesa pubblica e pressione fiscale sono ai massimi, ma gli obiettivi di finanza pubblica sono stati raggiunti, ha affermato il ministro Bruno Le Maire. E se anche gli stanziamenti per la difesa sono appena aumentati del 40%, perché procedere a tutti i costi con una riforma segnata da “tante difficoltà, contestazioni, adesso violenze, per recuperare 10 miliardi”, come ha detto l’ex presidente François Hollande? “Lo scopo è il dumping sociale”, denuncia la Cgt, il primo sindacato francese.
Il debito pubblico francese sfiora i 3mila miliardi di euro ed è ai massimi storici. Secondo i dati pubblicati il 28 marzo dall’Insee, l’istituto nazionale di statistica, il debito pubblico alla fine del 2022 ammontava a 2.950 miliardi di euro, il 111,6% del Prodotto interno lordo, in lieve calo rispetto al trimestre precedente, quando il rapporto era del 113,4%, grazie all’effetto combinato dell’aumento del Pil e della riduzione del debito stesso. Sulla scia di una continua ripresa delle entrate fiscali alimentate dall’inflazione, il disavanzo del 2022 è stato leggermente migliore del previsto, al 4,7% del Pil, con un target del governo del 5 per cento. Tuttavia l’inflazione ha inciso anche sugli interessi da pagare per il servizio del debito, che nel 2022 hanno raggiunto 53,2 miliardi di euro, un picco superato solo nel 2008, 2011 e 2012. Anche la pressione fiscale è ai massimi e ha raggiunto il 45,3% del Pil, con un aumento di 89,6 miliardi su un anno (+1 punto di Pil). “Gli effetti stock-flussi compensano esattamente il miglioramento del saldo pubblico, e non comportano alcun miglioramento rispetto alle previsioni per il 2022”, ha scritto Samuel Serviere, responsabile della politica fiscale e di budget della Fondation iFRAP.
Aumenta anche la spesa pubblica, anche se meno rispetto al Pil. “La resilienza della nostra economia ci consente di raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica”, ha detto il ministro dell’economia Le Maire: il governo infatti punta a una crescita del Pil maggiore della spesa. Secondo i dati Insee l’incremento della spesa pubblica nel 2022 è stato di 58,6 miliardi di euro, ovvero del 4 per cento. Rispetto al Pil si tratta del 58,1%, dopo il 59,1% del 2021 e il 61,3% del 2020. Nell’ultimo anno sono cresciute le spese operative, le retribuzioni (+13,6 miliardi di euro dopo +9,9 miliardi nel 2021) con la rivalutazione dell’indicizzazione per i dipendenti pubblici scattata il 1 luglio 2022, e con l’aumento del salario minimo. Le prestazioni sociali sono aumentate quasi allo stesso ritmo del 2021 (+1,1%), con un aumento di 7,5 miliardi di euro, così come per le prestazioni in denaro (+1,0%, ovvero +5,2 miliardi di euro dopo il -2,1% nel 2021), a cui hanno contribuito soprattutto le pensioni di anzianità (+15,3 miliardi di euro) e le prestazioni di solidarietà (Rsa, indennità, assegni per gli adulti disabili), nonché le assenze per malattia. I trasferimenti sociali sono invece rallentati dopo il forte rimbalzo nel 2021 (+13,8%), causa cure e misure sanitarie di contrasto alla pandemia. Ridotti, infine, i permessi e le indennità di disoccupazione con la ripresa del mercato del lavoro e la fine della crisi sanitaria (-14,4 miliardi di euro).
Con 346 miliardi di euro nel 2021, il 13,8% del Pil, le pensioni in Francia sono la prima voce di spesa per il welfare, che cuba complessivamente il 23,9% del Pil, a fronte di una media Ocse del 13,3 per cento. Nella sua ultima relazione annuale di settembre 2022, il Conseil d’orientation des retraites (Cor), organo statale consultivo sul tema pensionistico, sottolineava comunque che il sistema avrebbe generato un surplus di 3,2 miliardi di euro nel 2022, dopo quello di 900 milioni di euro nel 2021, il primo dal 2008. Un risultato positivo frutto della ripresa economica e del buon andamento del mercato del lavoro. Ma, secondo il Cor, dal 2023 il sistema pensionistico dovrebbe ritornare in deficit, situazione che in assenza di riforme dovrebbe persistere per molti anni. Il disavanzo varierebbe tra il 2022 e il 2032 da -0,5 punti a -0,8 punti di Pil, vale a dire un importo da 10 miliardi in cinque anni a 20 miliardi in dieci anni, a seconda dello scenario. Tuttavia, come indicato in una nota dal fondo pensionistico Union Mutualiste Retraite (Umr), per realizzare queste proiezioni il Cor ha rivisto al ribasso alcune delle sue ipotesi, compresa quella relativa agli incrementi di produttività, ora compresi tra lo 0,7% e l’1,6% all’anno, rispetto all’1% e all’1,8% stimati in precedenza. Il Cor ha anche mantenuto un tasso di disoccupazione al 7%, mentre il governo prevede un calo al 5% nel 2027.
Dalla riforma il governo francese spera di ottenere 9 miliardi di euro al 2027 (0,3% del Pil) e 15 miliardi al 2030 (0,6% del Pil). “Tante difficoltà, contestazioni, adesso violenze, per recuperare 10 miliardi”, ha detto l’ex presidente Francois Hollande. Miliardi che puntano a coprire un disavanzo previsto su stime incerte, e nel frattempo va a impattare con certezza la vita di alcune delle fasce più fragili della popolazione francese, con l’obiettivo di far crescere il tasso di occupazione nella fascia 60-64 anni, oggi al 33 per cento. Significativa a questo proposito l’evoluzione del rapporto tra salari e pensioni evidenziato dall’Insee: nel 1975 i redditi dei lavoratori erano superiori del 46% a quelli dei pensionati, mentre nel 2016 erano diventati inferiori del 2 per cento. “Chiaramente, lo scopo perseguito dai datori di lavoro e dal governo rimane la concorrenza tra i lavoratori e la loro accettazione del dumping sociale come modello collettivo e individuale. Per la Cgt – ha dichiarato il segretario confederale, Boris Plazzi – è esattamente il contrario: ci battiamo per un innalzamento sostenibile di tutti gli standard sociali e in tutto il mondo”. Il presidente francese ha affermato che le uniche alternative alla riforma sarebbero ulteriori aumenti delle tasse, il taglio dei sussidi, o il taglio della spesa pubblica per istruzione, assistenza sanitaria o difesa. Eppure, il budget militare per il periodo 2024-2030 è previsto in crescita a 413 miliardi di euro, dai 295 miliardi del periodo 2019-2025.