L’inchiesta toscana sui rifiuti tossici Keu si è conclusa nel novembre 2022 e 26 indagati sono in attesa delle eventuali richieste di rinvio a giudizio della Procura: tra loro, oltre ad alcuni imprenditori del settore delle concerie, ci sono anche l’ex capo di gabinetto dei presidenti di Regione Eugenio Giani ed Enrico Rossi, l’ex dirigente della Direzione Ambiente in Regione Edo Bernini, il consigliere regionale del Pd Andrea Pieroni e la sindaca dem di Santa Croce sull’Arno Giulia Deidda. Ma gli strascichi dell’indagine continuano. Con Keu s’intende la cenere derivata dal processo di essiccamento dei fanghi di depurazione dopo la concia: mescolandola con calce e cemento, è utile per produrre granulati inerti a uso edile, come riempimento di cantiere o nel bitume degli asfalti. Un’operazione legale, nell’ambito dell’economia di riciclo dei materiali. Almeno finché un’azienda non viola il presupposto di mantenere la concentrazione degli aggregati inquinanti nella norma. Principio che – secondo l’accusa della Direzione antimafia di Firenze – l’imprenditore Francesco Lerose, ritenuto vicino alla cellula toscana della ‘ndrangheta, ha eluso nei suoi impianti di Bucine (in provincia di Arezzo) e Gello (vicino a Pontedera) sversando direttamente il Keu, rimosso dalle concerie di Santa Croce a costi irrisori, nella terra dei cantieri con percentuali di cemento minime, cosicché metalli come cromo e antimonio sono stati rilasciati nel sottosuolo. Il consorzio dei conciatori – secondo quanto ricostruito dall’inchiesta – pagò a Lerose 58 euro a tonnellata contro 220 di mercato, risparmiando 24 milioni su 100mila tonnellate.
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Ma l’origine della contaminazione sta a monte, già nella procedura per rendere i metalli pesanti del Keu inerti, cromo esavalente in primis. Secondo i funzionari dell’Arpat, che furono ascoltati dalla Regione in un’audizione secretata, gli ispettori analizzavano il Keu in entrata e in uscita, ma non potevano monitorare, per volontà politica, il depuratore Acquarno a Santa Croce sull’Arno – proprietà della Ecoespanso Srl – i cui rifiuti venivano sottoposti a temperature inadeguate e quindi resi inerti solo temporaneamente. Le certificazioni ricevute sarebbero quindi “illegittime“, in deroga alla legge, frutto di accordi tra conciatori e Regione “per eludere controlli a sorpresa”, come scrive il Tirreno. Sullo sfondo c’è il legame tra le aziende dei conciatori e la politica. Spulciando nei rendiconti elettorali – obbligatori dopo il decreto Spazzacorrotti – si evince che la potente Associazione Conciatori di Santa Croce, elargiva generosi contributi a quasi tutti i partiti in cambio di un occhio di riguardo, finanziando tra l’altro anche la campagna del presidente della Regione Toscana Eugenio Giani.
La filiera del veleno si è estesa a macchia d’olio: da Gello attraversando tutta la Valdera fino a Massarosa (vicino a Viareggio) e da Bucine lungo tutto l’Aretino. Finora – tra tutte queste aree – è stato bonificato solo il terrapieno dell’aeroporto di Pisa. Il materiale “avvelenato” è finito in particolare sotto l’asfalto della strada regionale 429, un’importante arteria che attraversa la Toscana, collegando Ponte a Elsa (frazione della zona Empoli-San Miniato, vicino alla superstrada Firenze-Pisa-Livorno) a zone popolose e laboriose in cui si trovano centri come Castelfiorentino, Certaldo o Poggibonsi. Si calcola che sotto questa strada siano finite circa 8mila tonnellate di riempimento strutturale contaminato. “La cosa più grave – sottolinea Samuela Marconcini, dell’Assemblea No Keu – è che la gente che vive intorno alla strada non ha allacci con l’acquedotto e attinge l’acqua dai pozzi. Il Comune di Empoli non ha mai risposto alle nostre interrogazioni”.
A Pontedera resta la questione più grave. Il cantiere del centro residenziale Green Park, fiore all’occhiello del Comune riaperto nel 2020, è costellato, dallo stadio fino alla zona residenziale della Scafa, di teloni che coprono i cumuli di materiale dissotterrato. Il sindaco Matteo Franconi (Pd) spiega: “Una volta che l’amministrazione comunale è venuta a conoscenza della presenza di un potenziale contaminazione nell’area privata, a seguito di percorso istruttorio con Arpat e le autorità competenti, nell’estate del 2022 è stata adottata una ordinanza nei confronti della proprietà e della ditta appaltatrice affinché provvedessero entro il mese di settembre 2022, alla rimozione dei rifiuti depositati nella pista di cantiere e nelle aree interessate da spargimenti superficiali, nonché alla contestuale messa in sicurezza di emergenza attraverso lo stoccaggio nelle piazzole indicate dal piano di rimozione proposto dalla stessa ditta e approvato da Arpat. Tale ordine è stato eseguito e verificato dagli organi di controllo“.
Sbirciando nel cantiere attraverso reti di protezione squarciate, si notano teli lacerati dai quali affiorano cumuli di terra a pochi passi da case, scuole – qui c’è un liceo e vari istituti professionali – una palestra e soprattutto lo stadio, quindi una zona molto frequentata. Il sindaco Franconi parla di “messa in sicurezza”, in realtà si può accedere all’interno del cantiere da qualsiasi punto. Lo smaltimento fissato con scadenza 22 settembre, poi, è slittato perché una sentenza del Tar ha annullato l’ordinanza comunale poiché “il materiale fu certificato come regolare, per cui se l’interrato è illegale, questo il committente delle opere non poteva saperlo”. Il Comune ha fatto ricorso al Consiglio di Stato, ma intanto Donatella Salcioli (per Legambiente Valdera) commenta che “spetta al sindaco la tutela della salute pubblica” e chiede di coinvolgere la Regione nella bonifica. In particolare la pressione si alza sull’assessora all’Ambiente della giunta Giani, Monia Monni. La situazione sembra avere i caratteri dell’urgenza: bisogna considerare il clima della Valdera, specie in autunno: il terriccio portato in superficie e malamente coperto, può ruscellare all’esterno per la pioggia, o volare negli edifici adiacenti con il vento.
In uno studio pubblicato nell’estate 2022 su Sustainability MDPI, rivista scientifica che si occupa in particolare di sostenibilità, descrive l’alta tendenza del Keu alla lisciviazione, il fenomeno per cui il percolato infiltra il terreno sottostante e le falde acquifere. E’ un rischio possibile dato il lasso di tempo intercorso dalle ultime analisi dell’Arpat, nel 2022, quando l’Agenzia regionale per l’ambiente ha scritto nelle conclusioni che in quel momento il sottosuolo non presentava valori preoccupanti di cromo esavalente. “Questo studio ha valore scientifico – commenta Salcioli – Se l’avesse scritto l’Arpat, sarebbe stato molto importante, perché avrebbe avuto conseguenze immediate”. Cioè provvedimenti più incisivi.
Lo studio – che è stato inserito nei rispettivi dossier sia da Legambiente che dal M5s – è firmato dai ricercatori del Dipartimento di ingegneria ambientale dell’università di Pisa Alessio Castagnoli, Francesco Pasciucco, Renato Iannelli e Isabella Pecorini e dal ricercatore indipendente Carlo Meoni. Per rendersi conto dello stato di contaminazione di tali aggregati basta leggere il valore del cromo riportato nell’analisi degli esperti: se per il suolo naturale è ritenuto non significativo a 107 mg/kg – mentre per i siti industriali arriva a 800 mg/kg – nei campioni analizzati oscilla da 1.232 a 3.309 mg/kg. E parliamo di un’area residenziale densamente popolata, con scuole e impianti sportivi, non di una discarica isolata. A Gello, dove operava l’impianto di Lerose, già prima del riciclo Keu furono costruite molte case intorno alla vecchia discarica, ma i proprietari tacquero per non deprezzare il valore.
A Pontedera, sede storica della Piaggio che ha assicurato un certo benessere e continuità di lavoro, si difendono: “Non siamo nella Terra dei Fuochi o a Taranto“. Eppure emergono delle costanti in comune, come l’inerzia delle istituzioni o la difficoltà di incidere da parte delle associazioni ambientaliste, specie in un paese come Santa Croce per via del fatto che il consorzio dei conciatori impiega circa 5mila persone. “Il segnale più preoccupante – è il commento di un ex consigliere di opposizione che chiede di restare anonimo – è la propensione in Toscana nell’anteporre il calcolo economico alla salute“.