C’è un metodo sicuro per smascherare i fascisti o postfascisti comunque camuffati. Quando sono in difficoltà cominciano a sparare, per così dire, assurdità e baggianate a tutto spiano, nella speranza di sviare l’attenzione mediante le loro cacchiate di distrazione di massa.

L’ultima del buon Fabio Rampelli è proprio grossa e secondo me l’incredibile sua trovata, punire con multe salatissime enti e società che utilizzano termini stranieri, maschera la sincera sofferenza di chi come lui, che ha portato avanti a lungo i temi della cosiddetta destra sociale, si ritrova oggi parte di un governo antisociale e filocapitale come nessun altro nella storia della Repubblica, ivi compreso quello che lo ha proceduto e che ne costituisce per tanti aspetti il modello.

Rampelli e altri come lui mi sembrano proprio dei postfascisti sull’orlo della crisi di nervi, date le enormi difficoltà che trovano nel portare avanti la linea imposta dalla Nato e dal Capitale e che significa guerra, miseria, campo libero all’evasione fiscale, alla corruzione e alle mafie, devastazione ambientale, promozione del riscaldamento globale, oppressione e morte dei migranti, distruzione di ogni spazio e servizio pubblico per aprire ulteriore campo d’intervento al capitale privato, e tante altre bruttissime cose.

Nulla di nuovo del resto. Il fascismo nasce come arma di riserva del capitale e questa definizione si applica tanto più alla perfezione anche al postfascismo, chiamiamolo così, meloniano di rigida osservanza draghiana. Colpiscono così le evidenti similitudini tra la baggianata incredibile proposta da Rampelli e la campagna anti-lei del 1938 colla quale il regime fascista tentò di mascherare la sua crisi, aggravata dalle sanzioni successive all’aggressione criminale contro l’Etiopia, crisi che sarebbe sfociata da lì a poco nell’altrettanto criminale partecipazione alla Seconda guerra mondiale a fianco di Hitler. Questo disastroso epilogo costituisce a sua volta purtroppo un elemento di similitudine con quei tempi e quelle vicende, dato il sempre più inquietante evolvere dell’escalation bellica in Ucraina.

Quella guerra terminò coll’insurrezione antifascista del 25 aprile che applicò il detto della Terza internazionale: “prevenire la guerra imperialista colla rivoluzione o trasformarla in rivoluzione”. Speriamo di essere ancora in tempo a realizzare la prima di queste due alternative.

Quella guerra, dicevo, terminò coll’insurrezione antifascista del 25 aprile, preceduta da una lotta durissima, da una guerra che combinava, secondo lo storico Claudio Pavone, tre aspetti tra loro interconnessi: liberazione nazionale, guerra di classe e guerra civile. Costellata, la Resistenza, di episodi eroici e atti di grande significato politico, come l’attentato di Via Rasella che scatenò la vile strage delle Fosse ardeatine. Il goffo tentativo del presidente del Senato coi busti del Duce sul comodino di gettare fango su quella legittima azione di resistenza che colpì un battaglione di scherani fascisti armati nel pieno esercizio delle loro funzioni repressive e criminalmente assassine costituisce con ogni evidenza un’altra dimostrazione della crisi di nervi che affligge il suo partito.

Le dichiarazioni di La Russa che prova a falsificare la storia costituiscono da un lato un’ulteriore dimostrazione della crisi di nervi della destra e dall’altro un assaggio del modo in cui il governo meloniandraghiano si prepara ad affrontare il 25 aprile. Così come lo sono le incredibilmente ipocrite dichiarazioni della Meloni sui martiri delle Fosse ardeatine uccisi in quanto italiani, quando italiani – e diretti progenitori politici e culturali di Meloni, La Russa & C. – erano anche coloro che coadiuvarono gli assassini e vari fra di essi giunsero a premere il grilletto.

Queste destre oscene, ignoranti e bugiarde prosperano perché dilagano in Italia come altrove individualismo, nichilismo, rifiuto della politica, frutti amari e marcescenti del nullismo pluridecennale della sedicente sinistra imperniata sul Pd, che nel succedersi dei nomi e delle stagioni, fino all’attuale chimera Schlein, che fa un po’ di manfrina sulle famiglie omogenitoriali e sul salario minimo, ma resta sostanzialmente filodraghiana sulla guerra e su altri temi. Per contrastare queste destre non bastano ovviamente i pannicelli caldi di Schlein & C., ma ci vuole una sinistra vera, politica e sindacale, sul modello francese. Una sinistra che va oggi promossa dando una decisa accelerazione al progetto di Unione popolare come perno politico organizzato, cui partecipino decine di migliaia di gruppi e milioni di persone oggi disorientate e abbandonate a uno stato catatonico di sconforto.

Con questo spirito prepariamoci alle manifestazioni del 25 aprile, che dovranno esprimere il ripudio del popolo italiano nei confronti del governo meloniandraghiano e del fascismo o postfascismo comunque mascherati, espressione nostrana della fase finale del capitalismo che potrebbe ben presto sfociare in una guerra catastrofica che significherebbe senz’altro la fine della civiltà umana.

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