La mattina, in un colloquio con il Corriere della Sera, aveva giurato che non avrebbe più parlato di fatti storici ma solo di attualità. Il pomeriggio ha deciso di far uscire un comunicato di scuse sui generis, rivolto a chi “si è sentito offeso”, ammettendo di aver sbagliato solo a non precisare che i tedeschi uccisi fossero nazisti, ribadendo però ancora la storia della “banda musicale“. Il presidente del Senato Ignazio La Russa non riesce proprio a uscire dall’avvitamento in cui si è infilato pretendendo di riscrivere alla sua maniera l’azione partigiana di via Rasella, a Roma, nella quale il 23 marzo 1944 morirono 33 soldati del Polizeiregiment Bozen. La seconda carica dello Stato, nella sua nota con cui intende “chiedere scusa“, spiega: “Ho sbagliato a non sottolineare che i tedeschi uccisi in via Rasella fossero soldati nazisti, ma credevo che fosse ovvio e scontato oltre che notorio“.
In realtà La Russa ribadisce la storia dei nazisti “musicisti”: “Non so poi se effettivamente è errata la notizia, più volte pubblicata e da me presa per buona, che i riservisti altoatesini inquadrati nella polizia tedesca facessero anche parte della banda militare del corpo”. Vale la pena sottolineare, peraltro, che il presidente del Senato “non sa se effettivamente è errata” ma la “notizia” l’ha voluta dire comunque apertis verbis in un’intervista a un giornale. E dall’altra parte, 24 ore dopo, bisogna concedere che dalla “informazione presa per buona” dalla seconda carica dello Stato e rivenduta all’opinione pubblica come vera è sparita almeno la parte secondo cui i militari uccisi dai partigiani del Gap a via Rasella erano “pensionati“, così come La Russa aveva definito ieri i militari in forza all’esercito nazista occupante (il reggimento dopo 20 giorni sarebbe passato direttamente sotto le SS). Come ha ribadito oggi al Fatto Quotidiano Alessandro Portelli, storico autorevole, autore di L’ordine è già stato eseguito e di altri saggi e podcast sulle Fosse Ardeatine, i nazisti ammazzati nell’azione partigiana “erano dei poliziotti di un corpo affiliato alle Ss. Erano armati e infatti poi hanno continuato la loro funzione repressiva in altre parti d’Italia”. La storia della banda a cui si è molto affezionato il presidente del Senato “è una leggenda. Effettivamente i poliziotti della Bozen erano costretti a cantare mentre marciavano in formazione, lo hanno raccontato alcuni sopravvissuti. C’erano anche dei bambini romani che andavano appresso ai soldati mentre cantavano: nelle memorie di alcuni di quei bimbi, il battaglione era diventato una banda. Ma un conto è un ricordo infantile, altro è che la seconda autorità dello Stato lo faccia proprio e lo ribadisca in pubblico”. Portelli ricorda tra le altre cose che l’archivio di Rosario Bentivegna, tra i protagonisti dell’azione di via Rasella, è conservato nell’archivio della biblioteca del Senato.
La Russa si duole che “che nell’ambito di una lunga intervista rilasciata a Libero, a seguito delle mie poche parole in risposta a una precisa domanda sulle pretestuose critiche indirizzate a Giorgia Meloni in occasione delle celebrazioni per l’eccidio delle Fosse Ardeatine – a cui ho più volte partecipato con profondo sdegno e commozione – sia nata una polemica più ampia di quella che volevo chiudere. Quel che è certo, è che proprio per evitare polemiche, mi sono volutamente astenuto nel dire che sull’azione partigiana di via Rasella molti, anche di sinistra, sono stati assai critici. Mi sono limitato a dire: ‘non è stata una delle pagine più gloriose della Resistenza partigiana’”. E così, mentre si scusa, La Russa ribadisce il concetto per l’ennesima volta.
Oggi l’Anpi ha chiesto di nuovo le dimissioni di La Russa. “Dovrebbe avere lui la coscienza delle dimissioni da presidente del Senato dopo le sue parole su via Rasella – dice il presidente Gianfranco Pagliarulo – perché è palesemente inadeguato al ruolo che ricopre”. Nel frattempo l’associazione dei partigiani di Milano ha ufficializzato che alla manifestazione nazionale del 25 aprile non saranno invitati a parlare dal palco né il presidente del Senato Ignazio La Russa, né quello della Camera Lorenzo Fontana. Va detto che un intervento di cariche dello Stato non sono abituali (di recente è accaduto con Laura Boldrini nel 2013 e Pietro Grasso nel 2017) ma, dopo le polemiche di ieri e di oggi, la decisione assume un ulteriore significato. “La seconda carica dello Stato – commenta il presidente milanese dell’Anpi Roberto Cenati – dovrebbe essere un punto riferimento per tutti, unire il Paese non per dividerlo e lui sta facendo un’azione divisiva denigrando la Resistenza che invece è stato un moto unitario di tutti i partiti e di popolo che ci ha liberato dal nazifascismo, ha restituito la libertà a tutti”. “E’ chiaro che al corteo partecipa chiunque vuol partecipare” ha aggiunto, e quindi “tutti sono benvenuti” anche e soprattutto perché “vogliamo che il 25 aprile sia una manifestazione partecipata e non divisiva. Non è una cosa di parte”. E anche per questo a parlare dal palco non sono tradizionalmente invitati esponenti del governo “di qualsiasi coalizione siano”. E non sempre sono invitate le prime cariche dello Stato. Quest’anno però nella decisione del Comitato permanente antifascista hanno pesato anche le “esternazioni” fatte in passato da La Russa e da Fontana. Sul palco interverranno il sindaco di Milano Giuseppe Sala, lo stesso Cenati, il presidente nazionale dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo, il segretario della Cisl Luigi Sbarra, la presidente dei partigiani cristiani Mariapia Garavaglia, quello dell’Aned, l’associazione ex deportati, Dario Venegoni mentre sarà proiettato su un maxischermo l’intervento del partigiano Aldo Tortorella, deputato ed ex presidente del Pci che il 10 luglio compirà 97 anni. A parlare sarà poi una studentessa per “dare voce ai giovani – ha aggiunto Cenati – e passare anche a loro il testimone della memoria”.