Oltre il 50% della produzione ittica nazionale avviene tra Piombino e il Golfo di Follonica. Quasi diecimila tonnellate di orate, spigole, ricciole e ombrine riempiono ogni anno le cassette delle attività che, da oltre vent’anni, si occupano di acquacoltura nella zona di fronte all’Arcipelago Toscano. Il polo nazionale di allevamento ittico occupa circa 200 persone, a cui vanno aggiunti i lavoratori dell’indotto. Un settore importante per la filiera agro-alimentare italiana che ora guarda con preoccupazione alla nave rigassificatrice ormeggiata nel porto di Piombino. Ancora la Golar Tundra non è in funzione. Solo a maggio, quando è previsto l’avvio della struttura, si potranno effettuare i test sul campo per verificare quale sarà l’impatto reale dell’impianto sugli allevamenti.
“Noi produciamo un alimento, la qualità delle acque è determinante”. Claudio Pedroni è il presidente di Agroittica Toscana, una società attiva nell’acquacoltura dal 1994. Dalla finestra del suo ufficio vede la Golar Tundra. “Ho la fortuna di avere la scrivania vista rigassificatore”, ironizza. “Riguardo alla sicurezza delle acque di Piombino, Snam ha dato garanzie attraverso degli studi matematici teorici, svolti dall’Università di Genova – spiega Pedroni – ma non ha potuto effettuare dei test veri e propri. Quindi la rispondenza pratica sul campo non c’è”. Su richiesta degli allevatori sarà un ente pubblico terzo a effettuare le verifiche, una volta che la nave sarà in funzione. Per evitare che giudice e giudicato vengano rappresentati dallo stesso soggetto, sarà il Centro Interuniversitario di Biologia Marina, un consorzio formato dai dipartimenti di sette università italiane, a controllare che le stime di Snam corrispondano al vero nel concreto.
“Questi test non sono stati fatti prima perché ci sarebbero voluti 12 mesi – continua il presidente di Agroittica Toscana -. Noi speriamo che vada tutto bene, ma resta il fatto che il rigassificatore ogni giorno rilascerà nella darsena del porto di Piombino 18mila metri cubi di acqua fredda e addizionata con il cloro necessario per tenere pulite le tubature”. La Golar Tundra, infatti, è un impianto a ciclo aperto che, dopo aver utilizzato il calore dell’acqua del Tirreno per riportare il gnl allo stato gassoso, restituisce al mare un’acqua sette gradi più fredda rispetto alla temperatura di prelievo. Uno sbalzo che preoccupa gli allevatori, consapevoli del fatto che anche solo un grado e mezzo di differenza influisce sullo sviluppo e la crescita del pesce.
“Nei dati presentati da Snam, questa grande mole d’acqua e cloro rimarrebbe circoscritta alla darsena portuale, per poi diluirsi. Se questo non accadesse, però, e si dovesse disperdere, sarebbero dolori”, commenta Pedroni. Agroittica Toscana gestisce due impianti: uno è offshore, a circa quattro miglia dalla costa, nel Golfo di Follonica, e non dovrebbe essere influenzato dalle operazioni della Golar Tundra. Il secondo, invece, è situato a terra nel comune di Piombino. La presa a mare di questo impianto dista solo un chilometro dal porto. “Se gli studi teorici non dovessero essere corretti, nessuno ha idea di come si potrebbe risolvere la cosa – dichiara il dirigente – I dubbi che abbiamo possono essere confutati solo dopo l’entrata in funzione della struttura. Speriamo vada tutto come previsto, perché sarebbe impossibile sostituire nella filiera nazionale la produzione del nostro polo. L’Italia sarebbe costretta a importare grandi quantità di pesce dall’estero”.
Nel frattempo il presidente della Regione e commissario straordinario per l’opera, Eugenio Giani, ha concesso a Snam un’altra proroga di tre mesi per decidere sulla futura collocazione della nave. La preoccupazione dei comitati che si oppongono al rigassificatore è che in realtà Snam non abbia idea di dove trasferirla. Inizialmente era previsto che la Golar Tundra, dopo i primi tre anni di attività nel porto, si spostasse nella zona del Golfo di Follonica. “Fortunatamente questa opzione sembra essere scongiurata. Avevano pensato di piazzarla in mezzo alle vasche. Non sapevano neanche che in mezzo al Golfo ci fossero oltre quattro chilometri quadrati di allevamenti”, racconta Pedroni. E conclude: “Io ho partecipato alle riunioni in Comune in cui Snam disse che, nel pensare a dove collocare la nave, aveva consultato solo le mappe di Google e non le carte nautiche, dove ovviamente i nostri impianti sono segnati. Mi chiedo come sia possibile fare un investimento galleggiante in mare e non prendere in mano neanche una carta nautica”.