Quasi 5mila impiegati e quadri italiani del gruppo Stellantis potrebbero avere brutte sorprese con le prossime buste paga. Lo scorso 8 marzo azienda e sindacati, ad esclusione della Fiom Cgil, hanno sottoscritto un rinnovo contrattuale che, sulla carta, contempla aumenti medi di 207 euro lordi al mese. Accordo ampiamente pubblicizzato da azienda e sindacati firmatari. Questo in teoria, perché la pratica è altra cosa. Le retribuzioni base dei metalmeccanici sono molto basse e a questo si ovvia, almeno in parte, con superminimi che vanno dai 500 ai 1.500 euro al mese, a seconda del livello di inquadramento. Spesso però questi superminimi sono contrattati a livello individuale e il più delle volte non sono definitivi ma assorbibili. Ossia, se cambiano le condizioni del contratto, possono essere rivisti e ridotti. Secondo quanto risulta a Ilfattoquotidiano.it, dopo la firma del rinnovo l‘azienda ha deciso di procedere in questo modo e così, invece degli annunciati 207 euro, molti dipendenti si ritrovano in busta paga soli pochi euro in più. Se il superminimo è al di sotto dell’aumento concordato viene pagata la differenza, diversamente non arriva nulla o pochi euro. L’azienda non ha risposto alla richiesta di un commento.

Gianluca Ficco della Uilm ricorda a Ilfattoquotidiano.it come, a meno che non sia espressamente disposto diversamente, i superminimi sono sempre riassorbibili e che questa è prassi piuttosto diffusa tra le aziende. Nel caso di rinnovo Stellantis questo dovrebbe anzi avvenire in misura minore e riguardare soprattutto le qualifiche più alte. Inoltre, rimarca Ficco, il rinnovo contempla anche un aumento delle indennità per le funzioni direttive e l’erogazione di una tantum che non vengono riassorbite. Il sindacalista nota infine come Fiat (ora Stellantis) abbia sempre fatto da apripista per altri rinnovi nel settore e l’auspicio è quindi che anche nelle prossime vertenze si tenga conto della necessità di adeguare le retribuzioni all’incremento del costo della vita dovuto all’inflazione.

Il gruppo Stellantis, sorto dall’unione tra la francese Psa e l’italiana Fca, conta in Italia 47mila lavoratori. Circa 5mila sono gli impiegati e i quadri degli uffici centrali interessati dal possibile riassorbimento degli aumenti. L’intenzione del gruppo è quella di ridurre questa forza lavoro di 800 unità, il 20% del totale, con esodi volontari. Il ridimensionamento degli aumenti è forse una piccola spinta a valutare l’uscita. Il baricentro si sta spostando verso la Francia come temuto da qualcuno? Difficile dirlo e non sembrano esserci particolari ragioni economiche visto che, a quanto risulta a Ilfattoquotidiano.it, un impiegato francese del gruppo guadagna in media il 50% in più di un collega italiano. Tuttavia gli equilibri dell’azionariato pendono verso Parigi. A guidare il gruppo c’è Carlos Tavares, ex amministratore delegato di Psa. La Exor, della famiglia Agnelli – Elkann (la cui sede è peraltro in Olanda) rimane il primo azionista con il 14,3%. Ma poi ci sono le quote della famiglia Peugeot (7,1% con possibilità di salire all’8,3%) e dello stato francese (6,5%).

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