Stanno insieme da 16 anni in maniera continuativa e senza tentennamenti. È un piccolo record quello della band Street Clerks, che il pubblico televisivo conosce come band fissa nei programmi di Alessandro Cattelan. Un sodalizio artistico tra il conduttore e la band che continua dal 2014, l’anno dopo la partecipazione dei ragazzi a “X Factor”. Ora è uscito il loro terzo album, “Everything Is Like It’s Meant To Be”, con otto canzoni dal grunge al country, passando per il reggae e il rock con testi in inglese, lingua madre di Alexander Woodbury, (voce e chitarra della band).
“Everything is like it’s meant to be” (Tutto è come dovrebbe essere) il titolo del disco è il vostro mantra artistico?
La scelta del titolo si ricollega a un concetto a cui pensavamo da qualche anno: accettare la vita che circonda, quella che è dentro e fuori di noi. Senza avere aspettative diverse o raccontarsela in modo diverso. Un invito ad andare in profondità alle cose senza false aspettative.
Chi sono i protagonisti delle vostre canzoni?
C’è una ragazza caduta nella spirale della droga, che rifiuta di essere aiutata, c’è una donna affascinante corteggiata da un ragazzo timido e un contadino carismatico e seducente che adora le donne, bere e fumare marjuana. Sono storie che abbiamo voluto raccontare attingendo anche dalle nostre conoscenze personali, come è successo con il contadino che abbiamo conosciuto veramente e vive in Garfagnana, in Toscana.
La vostra band nasce nel 2007. Qual è il segreto per non sciogliersi?
Dipende dalla nostra storia che è sempre stata quella di mantenere il focus su di noi e quello che ci piace fare. Non è stato semplice, ma ce l’abbiamo sempre messa tutta. Abbiamo sempre cercato di dialogare e, alla fine, nonostante gli scontri si trova sempre un punto di incontro. Dopo tanti anni ci capiamo ormai anche dai piccoli gesti, prevale sempre grande sintonia nella musica e la voglia di suonare assieme rimasta intatta dal primo giorno. Oggi siamo un po’ più responsabili.
Nel 2013 avete partecipato a X Factor Italia. La musica è cambiata, consigliereste a un emergente di andare ad un talent?
Non c’è una cosa che bisogna fare o non bisogna fare. Dipende sempre da come ci si sente. Di sicuro non bisogna fare come noi che siamo andati a X Factor senza sapere a cosa stavamo andando incontro, senza avere percezione dell’importanza della comunicazione e soprattutto cosa ci piacesse fare. Anche se vai in un contesto tv tra autori e pubblico paga sempre essere fedeli a sé stessi, anche se non è facilissimo. Ma ciò che fai nel tempo è essere coerenti e ricerca. I giovani di oggi li vediamo molto più disinvolti e sicuri sul palco.
Collaborate in tv dal 2014 con Alessandro Cattelan. È il vostro manager occulto?
(Scoppiano a ridere, ndr) Da un certo punto di vista, se parliamo di televisione, sì. Anche se poi facciamo musica, dischi, mentre in televisione mostriamo la parte più giocosa e sperimentale del nostro mondiale. Ci fondiamo con lo stile di Alessandro ed è una cosa molto divertente che ha funzionato e continua a funzionare. Questo avviene anche perché Ale è un amico e ci dà spesso consigli da amico sui nostri pezzi. Proveniamo da un background simile di ascolti degli Anni 90, quindi ci capiamo al volo.