“Noi siamo sempre più convinti, dopo aver ascoltato oggi le parole del procuratore capo di Roma Francesco Lo Voi, che il processo per il sequestro, le torture e l’uccisione di Giulio Regeni vada fatto in Italia e debba iniziare prima possibile”. Così l’avvocata Alessandra Ballerini, accanto ai genitori di Giulio Regeni, Paola e Claudio, dopo l’udienza davanti al Gup di Roma nell’ambito del procedimento a carico dei quattro agenti egiziani della National Security Agency, il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi e Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, accusati di avere sequestrato, torturato ed ucciso il ricercatore friulano.

“Lo pensiamo non solo per Giulio, ma perché venga sancito il principio che i cittadini italiani non possono essere sequestrati, torturati e uccisi, non possono subire la violazione dei loro diritti fondamentali, nell’assoluta impunità, perché gli aggressori si sottraggono al processo abusando del nostro sistema di diritto e di garanzia”, ha aggiunto la legale. E ancora. “Nessuno vuole negare il diritto di difesa a queste quattro persone, ma che vengano, si facciano processare e si difendano”. Nel corso dell’udienza i magistrati romani hanno chiesto al Gup l’intervento della Corte Costituzionale, in modo da sbloccare lo stallo. La questione di costituzionalità è stata sollevata in merito all’articolo 420 bis del codice di procedura penale, nella parte in cui, con la modifica della riforma Cartabia, prevede che l’assenza di conoscenza del processo da parte dell’imputato derivi dalla mancata attivazione della cooperazione dello Stato estero.
Il Gup scioglierà così la riserva il 31 maggio: in quell’udienza potrebbe accogliere la richiesta della Procura e inviare gli atti alla Corte Costituzionale,
recepire quanto definito in una memoria dell’Avvocatura di Stato secondo cui la riforma Cartabia consente di procedere con il processo, oppure emettere una sentenza di non luogo a procedere. Oggi di fronte al giudice era prevista l’audizione della premier Giorgia Meloni e del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ma era la stessa Avvocatura dello Stato, nelle scorse settimane, a comunicare al tribunale di Roma che non ci sarebbe stata nessuna testimonianza in aula. Questo perché il contenuto dei colloqui con Al Sisi, si spiegava in una nota, è riservato e non divulgabile.
“Grazie a tutte le persone che nel mondo non solo ci sostengono emotivamente, ma stanno facendo indagini per noi, molto preziose. Stateci vicino”, ha concluso la legale della famiglia al termine dell’udienza, ringraziando attivisti e ‘scorta mediatica’ che avevano atteso l’esito dell’udienza fuori dal Tribunale.
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