Regeni, sit-in davanti al Tribunale: presente anche Schlein. La legale della famiglia: “Processo si faccia e vada avanti in Italia”
“Siamo qui presenti alla faccia degli assenti, perché chi uccide sia processato in Italia e non resti impunito“. Queste le parole di Alessandra Ballerini, legale dei genitori di Giulio Regeni, fuori dal tribunale di Roma in occasione della nuova udienza di fronte al Gup, nel procedimento per l’omicidio del ricercatore friulano che vede imputati quattro agenti egiziani della National Security Agency, il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi e Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, accusati di avere sequestrato, torturato ed ucciso Giulio Regeni.
Fuori dal tribunale decine di attivisti, la scorta mediatica presente in ogni udienza del procedimento, ma anche la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein. La deputata e leader dem ha abbracciato i genitori di Regeni, Paola e Claudio, al suo arrivo, per poi rivendicare: “Siamo qui per dare un segnale di vicinanza alla famiglia di Giulio Regeni e alle tante persone che in questi anni non hanno mai smesso di chiedere verità e giustizia. Crediamo fortemente che questo processo debba andare avanti, debba essere fatto e siamo qui con questa speranza”.
Fuori dal tribunale esposti gli striscioni che chiedono giustizia per il ricercatore italiano ucciso in Egitto nel 2016, mentre tante persone hanno mostrato cartelli e tulipani gialli in segno di solidarietà.
Nel corso dell’udienza di oggi la famiglia aveva chiesto la testimonianza della premier Giorgia Meloni e del ministro degli Esteri Antonio Tajani, ma la richiesta non è stata accettata. Questo perché, come ha spiegato l’Avvocatura generale dello Stato con una nota inviata al giudice Roberto Ranazzi, non può essere raccontato il contenuto dei colloqui intercorsi tra le nostre autorità e il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi. “Passa un principio pericoloso, che la puzza dei soldi prevale sempre sul profumo dei diritti. Non soltanto dovevano venire, ma almeno dovevano rendere noti cosa si sono detti, quale sarebbe la presunta collaborazione promessa da Al-Sisi”, ha attaccato Giuseppe Giulietti, di Articolo 21, ex presidente Fnsi. Anche perché la collaborazione del Cairo non c’è mai stata, tra depistaggi e ostruzionismo: “C’è un unico modo di collaborare per l’Egitto: consegnando i quattro imputati alla giustizia italiana”, ha continuato.