di Francesco Schettino

Com’è noto, l’avvocato Ignazio la Russa è stato eletto presidente del Senato, ma la maggioranza del voti favorevoli non ne abilita la capacità di sostenere il ruolo. A provare l’esatto contrario è sopraggiunto il suo improvvido commento dell’attentato di via Rasella a Roma del 23 marzo 1944 seguito dall’eccidio delle Fosse Ardeatine che rappresentano una ferita che ogni anno, nella triste ricorrenza, si rinnova.

E’ accaduto che l’avvocato La Russa, parlando dei militari di via Rasella, non ha trovato di meglio che presentarli come “una banda di musicisti semi pensionati”. La frase ha suscitato aspre critiche per sedare le quali l’avvocato La Russa – dopo qualche giorno – si è scusato con quanti si fossero ritenuti offesi. E’ intervenuta, da ultimo, anche la premier Meloni, parlando di una “sgrammaticatura istituzionale” che, seguita dalle scuse, aveva esaurito ogni motivo di contestazione.

Senonché l’avvocato La Russa non è un anonimo quisque de populo e neanche un semplice parlamentare sodale del partito della premier, bensì il presidente del Senato e -come tale – rappresenta la seconda carica dello Stato e – nel caso di morte o impedimento sopravvenuto del Capo dello Stato – è destinato a subentrargli. Ne deriva che non può parlarsi di semplice sgrammaticatura istituzionale – come bonariamente e riduttivamente l’ha definita la premier – segnalabile con la matita rossa. Si tratta di una sgrammaticatura costituzionale, che (volendo proseguire nella metafora scolastica) doveva essere sottolineata con la matita blu a significarne la peculiare gravità.

Ravvisabile anche sotto il concorrente profilo che l’avvocato La Russa, nella sua narrazione, ha sorvolato sul fatto che i militari facevano parte del terzo battaglione Polizeiregiment ‘Bozen’ destinato a Roma per operare – con compiti di guardia e sorveglianza armata della città occupata – dopo essere stato debitamente addestrato all’uso di granate fucili mitra e mitragliatrici. E dunque non era gruppo di miti innocui e inermi musicisti!

E ha di nuovo glissato sul fatto – stabilito dalla Corte di Cassazione in una sentenza del 2007 – che i ‘musicisti’ marciavano muniti di sei bombe a mano infilate nei cinturoni e di una micidiale MP 40, cioè una Maschinenpistole (in italiano ‘pistola mitragliatrice’) calibro 9 con caricatore di 32 cartucce calibro 9×19 parabellum. Che non sono, propriamente, gli strumenti tipici dei seguaci di Euterpe. Come invece vengono tratteggiati con accento idilliaco, se non pure nostalgico, i militari coinvolti nell’azione dei Gap. Un’azione che sempre la Corte di Cassazione ha avuto modo di qualificare, con l’autorità del giudicato, come un legittimo atto di guerra portato contro l’occupante e diretto unicamente a colpire i militari.

A questo punto si pone un problema politico costituzionale che non può essere eluso.

Può l’avvocato La Russa che, come presidente del Senato, è investito della funzione rappresentativa di una Repubblica che si dichiara democratica e antifascista, occupare la seconda carica dello Stato pur esprimendosi sui fatti di via Rasella con omissioni e amnesie di quanto rappresentato dalla Corte di Cassazione? La questione non può essere risolta semplicisticamente scusandosi, come se le cose dette fossero una banale mancanza di tatto nei confronti di coloro che si fossero sentiti offesi. E neanche con l’addebito di una sgrammaticatura istituzionale che invece è costituzionale.

Il presidente del Senato è un politico esperto, di lunghissimo corso parlamentare iniziato il 1992 ed è stato anche ministro della Difesa nel 2008. Ha 76 anni e dunque non è un giovane a cui si può concedere l’indulgenza per l’età. Dovrebbe dimettersi.

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