La Corte d’Assise non le ha riconosciuto la liquidazione delle spese per le attività svolte durante il procedimento, definendo la sua attività “inerte“. Ma Caterina Biafora, l’avvocato che patrocina alcune delle decine di vittime ferite durante la tragedia di piazza San Carlo, non ci sta, e dichiara tutta la sua amarezza. “Mi domando qual è stata la mia colpa. Avere lavorato più degli altri, avere avuto più parti civili o il fatto di essere malata, ‘scomoda’ e quindi inidonea?”, queste le parole dell’avvocato, che, secondo quanto si apprende dalle pagine torinesi del Corriere della Sera, sono riportate in un atto depositato davanti ai giudici della Corte d’Assiste d’Appello responsabile del processo sui fatti di piazza San Carlo. La vicenda risale al 3 giugno del 2017, quando durante la partita Juventus – Real Madrid, alcune persone armate di spray urticante scatenarono una calca che provocò la morte di tre persone e più di 1600 feriti. Tra gli imputati nel processo anche l’ex sindaca di Torino Chiara Appendino e l’ex questore Angelo Sanna.

Durante il processo di primo grado la Corte di Assise non ha riconosciuto al legale Biafora la liquidazione delle spese per le attività svolte nel corso del procedimento, e i giudici l’hanno definita “completamente inerte”: questo nonostante il raggiungimento con le controparti di un accordo per indennizzare “ben 68 persone costituite parte civile”. Da qui l’amarezza e l’umiliazione di Biafora, che prosegue nell’atto: “Se la Corte avesse tenuto conto di tutta l’attività espletata avrebbe potuto riconoscere anche alla sottoscritta la liquidazione delle spese alla quale, invece, è stata ingiustamente negata. Rendendo non equo il compenso statuito e configurando un ‘gap pay’ di chiara evidenza discriminatoria”. Un trattamento reputato “offensivo” che non tiene conto, secondo la legale, del lavoro svolto, dei risultati ottenuti e del carteggio con i clienti, che testimonia l’attività nei mesi del processo. “È inaccettabile che dei magistrati possano insinuare dubbi sulla professionalità della scrivente basandosi su presunzioni circa fatti non corrispondenti al vero del tutto smentiti dalla realtà”.

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