Calcio

Romelu Lukaku e l’espulsione: il paradosso di punire la vittima dei razzisti. Così si è arrivati alla figuraccia

Esistono sfumature, interpretazioni avventate e un regolamento troppo generico. Ma c’è una certezza: se una partita finisce con la punizione di un calciatore vittima di razzismo, mentre per gli autori dei beceri cori e ululati viene semplicemente chiesto un “supplemento di indagine” (quindi la sanzione arriverà, chissà, più avanti…) è evidente che il calcio italiano ha sbagliato tutto. Infatti, dopo l’espulsione di Romelu Lukaku nel finale di JuventusInter – semifinale di andata di Coppa Italia – tutti cercano di correre ai ripari. “Il razzismo è insopportabile ovunque, tanto più su un campo di calcio su qualunque campo di calcio”, scrive in un tweet il ministro per lo sport Andrea Abodi. Mentre la Lega Serie A in una nota “condanna con fermezza ogni episodio di razzismo e ogni forma di discriminazione. Le Società di A, come sempre hanno fatto, sapranno individuare i colpevoli, escludendoli a vita dai propri impianti”.

Dichiarazioni di circostanza, che però non servono a evitare la figuraccia. La nazionale del Belgio si è subito schierata dalla parte di Lukaku: “No al razzismo“, il tweet accompagnato da una foto dell’esultanza di Lukaku con la maglia dei Diavoli Rossi. Anche il club dove è cresciuto, l’Anderlecht, ha scritto in italiano: “Tutti con te Rom”. I tre principali quotidiani sportivi italiani nelle loro prime pagine in edicola non accennano nemmeno ai buu e ai cori razzisti, mentre la più importante testata sportiva europea – L’Equipe – sul suo sito dedica un articolo alla partita dal titolo: “Romelu Lukaku è stato vittima dei cori razzisti dei tifosi della Juventus”. Non esattamente una bella pubblicità per il nostro calcio. Poi è arrivato pure il comunicato della società che cura l’immagine di Lukaku: la Roc Nation, agenzia fondata da Jay-Z che ha nel suo “roster” musicisti e sportivi di tutto il mondo. “Gli insulti razzisti da parte dei tifosi della Juventus sono stati oltremodo spregevoli e non possono essere accettati”, ha dichiarato Michael Yormark, presidente di Roc Nation. “Le autorità italiane devono sfruttare questa occasione per affrontare il razzismo, piuttosto che punire la vittima degli abusi”, ha aggiunto. Un concetto che è stato ribadito da molti, compreso il deputato Mauro Berruto, ex ct della Nazionale italiana di pallavolo maschile e oggi responsabile sport del Pd: “Di nuovo, il mondo capovolto. Il razzismo e l’antisemitismo sono una piaga da estirpare nel mondo ultras, qualsiasi sia il colore della bandiera. Invece chi reagisce così, con dignità e coraggio, viene espulso. Incredibile”, ha scritto su Twitter.

Perché Lukaku è stato ammonito (e quindi espulso, visto che aveva già ricevuto un cartellino giallo) per aver esultato zittendo i tifosi razzisti? La cronaca dice che al 93esimo minuto viene assegnato un rigore all’Inter. Mentre l’attaccante nerazzurro è sul dischetto pronto per tirare si sentono dagli spalti piovere ululati e altri appellativi razzisti. Lukaku segna e si ferma, portando una mano alla fronte per mimare un saluto militare e l’altra alla bocca, facendo con l’indice il gesto del silenzio. Resta immobile. Tutti interpretano il suo gesto come una risposta alla curva bianconera, ma allo Stadium Lukaku ha esultato esattamente come aveva già fatto in occasione del gol contro la Svezia, quando indossava la maglia del Belgio nella partita giocata lo scorso 24 marzo. Quel modo di festeggiare infatti è un tributo a Jérémy Doku, suo connazionale fermato dall’ennesimo infortunio. Il significato è chiaro: andare avanti senza ascoltare le critiche. O gli ululati. In quel momento, l’esultanza dell’attaccante nerazzurro sembra effettivamente rivolgersi alla curva bianconera, che lo aveva appena apostrofato con appellativi razzisti e appunto i soliti tristi buu.

L’arbitro Davide Massa decide di mostrare il secondo cartellino giallo a Lukaku, ritenendo di applicare la norma presente a pagina 95 del regolamento: in caso di festeggiamento di una rete, il calciatore deve essere ammonito se “agisce in un modo provocatorio o derisorio“. Una regola incomprensibile, perché rischia di sfociare in un’ammonizione ad ogni gol. Il balletto di un calciatore può essere considerato derisorio? Un attaccante che si porta la mano all’orecchio dopo un gol – Luca Toni lo ha fatto per una carriera – è provocazione? Secondo Massa, quindi, Lukaku ha “provocato” i razzisti chiedendo loro di stare zitti. Così a una regola scritta male si è aggiunta un’interpretazione insensata. Innanzitutto perché il direttore di gara non ha tenuto conto del fatto che l’esultanza di Lukaku non era pensata ad hoc per la situazione, ma era un suo modo di festeggiare, già utilizzato di recente. Lo stesso errore fu commesso da Daniele Doveri, che ammonì l’atalantino Lookman per aver esultato mimando il gesto degli occhiali, suo marchio di fabbrica. Inoltre, se è vero che Lukaku ha rivolto la sua esultanza alla curva, Massa non ha valutato il contesto in cui è maturata: il razzismo, appunto. Quando nel 2019 Mario Balotelli, che allora vestiva la maglia del Brescia, fermò il gioco e scagliò il pallone verso i tifosi dell’Hellas Verona per aver sentito versi scimmieschi, non fu ovviamente ammonito. Anzi, la partita fu sospesa per qualche minuto. Un’opzione che gli arbitri hanno sempre a disposizione in caso di cori razzisti tanto quanto i cartellini per le esultanze, ma non utilizzano praticamente mai.