Tutti presi a fare i soloni sui Saloni del libro, i commentatori culturali dei grandi media e i politici della polemica di giornata si sono lasciati sfuggire un’occasione d’oro. Durante la presentazione della prossima Biennale Teatro di Venezia, che si svolgerà dal 15 giugno al 1 luglio, è andato dritto al sodo Stefano Ricci, il duro e guru del duo dei curatori artistici ‘ricci&forte’ (vogliono che si scriva così in minuscolo). Uscendo un attimo, proprio al momento chiave, dal testo ufficiale allegato in cartella stampa, nel passaggio introduttivo sul colore ‘Verde Emerald’ scelto come titolo a garanzia che “questa nuova edizione del Festival, piattaforma di una resistenza politica e poetica, (…) sarà un laboratorio ipnotico e vibrante di creazione scenica, riferimento essenziale come avamposto di utopie eroiche e meraviglie rivoluzionarie’, Ricci ha voluto sottolineare quanto le scelte della Biennale Teatro, anche quest’anno, vogliano non casualmente essere in controtendenza, prima di tutto con i governi che in questo momento pensano di mettere regole assurde alla vita delle persone e vogliono barricarci dentro a frontiere ‘sorde e codarde’, ignorando quanto invece possa essere ‘fonte di rigenerazione il clandestino’, inteso anche come categoria artistica vera e propria cui intenzionalmente va dato spazio. Le parole, si sa, sono pietre: e gli uomini di teatro, naturalmente, sanno bene come lanciarle.
Così, per passare sul concreto, ecco come sarà, per la gioia del ministro neo-autarchista della Cultura Gennaro Sangiuliano, la ricca e poliedrica programmazione di una delle poche grande istituzioni già guidate da italiani. In apertura c’è il nuovo spettacolo ‘Naturae’ della compagnia dei carcerati di Volterra diretti da Armando Punzo, che si aggiudica il Leone d’Oro per l’esemplare carriera teatrale spesa in direzione ostinata e contraria a chi sa solo invocare la galera e l’inasprimento delle pene, ad ogni pie’ sospinto. E gli ultimi due giorni, addirittura, a Venezia ci sarà la ripresa di ‘Catarina e a beleza de matar fascistas’, centocinquanta minuti scritti e diretti dal portoghese Tiago Rodrigues: è la storia di una famiglia dove tutte le donne, di generazione in generazione, vengono chiamate Catarina e sono legate dal vincolo di dover uccidere un fascista.
Provocatorio spunto per un testo contro i colpi di spugna sulla storia dei regimi dittatoriali, già ai primi passaggi, un anno fa a Roma e allo Storchi di Modena, suscitò, ovviamente solo per il titolo, le proteste di qualche occhiuto ‘fratellino d’Italia’ di turno. Considerato un regista di prim’ordine a livello internazionale, Rodrigues è stato appena chiamato a guidare il festival d’Avignone.
L’intero cartellone di Biennale Teatro Emerald spingerà sull’acceleratore dell’impegno, con il colore verde che vuole rappresentare proprio l’uomo ‘nel suo eludere la gabbia sociale per recuperare una dimensione morale più ampia’: oltre a Punzo e Rodrigues, sono stati scelti altri nomi che di per se stessi sono garanzia di provocazione, dal collettivo svedese FC Bergman, Leone d’argento, a Romeo Castellucci, per non dire dei palestinesi Bashar Murkus con la Kashabi Ensemble di Haifa, che riprendono la performance ‘Milk’ presentata ad Avignone sui ‘corpi resilienti’ delle donne e delle madri che perdono i figli nelle tragedie della storia.
Sempre alquanto intrigante, come di tradizione nelle migliori Biennali teatro, l’apertura ai nuovi linguaggi e ai nuovi protagonisti della scena europea, dallo svedese Mattias Anderson ai catalani El Conde de Torrefiel, dalle francesi Noémie Goudal e Maëlle Poésy che riprendono ‘Anima’ all’autore e regista svizzero Boris Nikitin, che si è affermato con singolari opere tra auto-fiction e verità, e si presenta così: ‘cresciuto a Basilea in una famiglia di immigrati ucraino-slovacco-franco-ebrei’. Come si chiede retoricamente lo stesso Ricci: ‘Non è dunque il Teatro quello smeraldo prezioso e potente che ci aiuta a smascherare i ciarlatani finti maghi che ci circondano?’