Caro mio direttore,
A te devo la mia assunzione all’Indipendente qualche lustro fa. La redazione di Napoli da te fortemente voluta fu la dimostrazione del “credo in questa città”. E credesti anche in un giovane e promettente cronista, Gennaro Sangiuliano. Bè, diciamo che lui ti ha dato più soddisfazioni della sottoscritta.
Hai detto recentemente di noi napoletani che, pur piacendoti, siamo socialmente disorganizzati. Cosa ne pensi allora di certi veneti che a casa nostra si comportano da rozzi, incivili, scostumati, lazzari? Glielo facciamo dire direttamente da De Luca a Zaia, per intercessione di Crozza?
Sabato pomeriggio, autobus 140 da Posillipo alla Riviera di Chiaia (stiamo parlando della Napoli da cartolina, mica della Napoli Est di Gomorra), sono in compagnia di Mario Epifani, direttore di Palazzo Reale (“Aprirò tutti i segreti delle più belle stanze del re”, disse il giorno del suo arrivo. Detto fatto). Salgono due controllori che colgono in flagranza di reato due coppie distinte di veneti sulla sessantina, sprovvisti di biglietto. Invece di scusarsi, con arroganza e villania, apostrofano i mister dell’ordine pubblico: “Ma come voi napoletani vi mettete a fare la multa a noi… Il mondo va a rovescio”.
Lo squallido esempio di razzismo all’incontrario li avrebbe sicuramente portati a un linciaggio verbale da parte degli occupanti dell’autobus se i due funzionari (meriterebbero una medaglia) non li avessero invitati a scendere. Spero che la sanzione sia stata doppia.
Via dei Tribunali, ventre del centro storico dove Luciano Ferrara, fotoreporter da Premio Pulitzer, coglie un turista, stesso inconfondibile accento del Nord, che getta un pacchetto di sigarette mappuciato (stropicciato, per i non napoletani). Luciano: “Ma come si permette? A casa sua lo farebbe…”. Risposta maldestra: “Un napoletano non può darci lezioni di educazione a noi..”. Poco più in là una turista abbassa lo zip al bambinello per urgenza pipì. “Signora, scusi, la strada non è una cloaca a cielo aperto”. Reagisce sfastidiata (infastidita): “Come che te dico siamo in un vicolo…” si giustifica, con accento veneto.
Avvilente che malgrado gli sforzi di dare una faccia più pulita alla città, (re)boom di presenze per Pasqua e lunghi ponti, siamo trattati come una sottomarca. Eppure siamo la capitale della bellezza, della filosofia, del bel canto (il San Carlo risplende dopo l’ultimo restauro). Aperte al pubblico da ieri le nuove sale del Museo Archeologico, che diventa il più grande al mondo. E siamo alla vigilia della più bella festa dello scudetto.
A questo punto siamo noi che invochiamo il regionalismo differenziato… per non mischiarci con gli altri.