“Tempistiche serrate calate su uffici sottodimensionati”: il Pnrr per i piccoli Comuni, in particolare al Sud, non è solo il luccichio dei soldi dei finanziamenti (quando arrivano) ma anche un difficile gioco dell’oca. A dirlo sono i sindaci alle prese con forti carenze di personale: fare i progetti con scadenze ravvicinate e miriadi di indicatori in cui districarsi diventa difficilissimo, spesso impossibile. È il caso dei comuni del Sannio: una provincia, quella di Benevento, che conta 260mila abitanti, 25mila in meno rispetto a 20 anni fa. E 15mila li ha persi in soli cinque anni: bimbi non ne nascono, i ragazzi se ne vanno. Il Pnrr qui è stato accolto anche come un’occasione per contrastare questa erosione demografica. I Comuni, tutti sotto i 15mila abitanti a parte il capoluogo Benevento, si sono attrezzati come potevano per intercettare i finanziamenti.
Questo dopo l’entusiasmo iniziale, che ha portato, anche nel capoluogo, a volare di fantasia: sulla scrivania di Clemente Mastella, a Benevento, sono arrivate pure proposte per un aeroporto. Cestinate visto che si parla di un Comune a meno di 70 chilometri da Capodichino e in una regione in cui c’è già un secondo aeroporto (che ha avuto diversi problemi). I piccoli Comuni dal canto loro hanno puntato su quel che era alla portata: rinnovare le scuole, creare asili nido, strutture sportive. Avviandosi a un vero e proprio tour de force. Molti sindaci infatti spiegano che per come sono strutturati i bandi si tratta di scegliere tra il Pnrr e l’ordinario: “In un Comune come il mio – spiega Danilo Parente, sindaco di Apollosa (2500 abitanti) – l’ufficio tecnico è di due persone, se aderisci a un bando come quello per la palestra all’aperto (Missione 4 Istruzione e Ricerca, Investimento 1.3 “Piano per le infrastrutture per lo sport nelle scuole”) che ha una tempistica inusuale visto che devi concluderlo in un mese, di fatto devi concentrarti unicamente su quello. Tralasciando però tutto il resto”.
Il personale è un tasto dolente per comuni piccoli in un area interna del sud: “Noi ce la siamo cavata – spiega Vito Fusco, sindaco di Castelpoto, 1200 abitanti – ma per prendere 3 finanziamenti devi fare i salti mortali e seguire gli iter passo passo. La questione è che questi fondi servirebbero a sanare le diseguaglianze, ma con bandi competitivi che premiano chiaramente Comuni con più personale o dove sono possibili partenariati avviene il contrario: la verità è che sarebbero servite più procedure negoziate per dare scuole o palestre o asili a chi ne ha bisogno, non a chi arriva prima. Un Comune dell’Emilia con le stesse dimensioni del mio ha il doppio dei dipendenti: chiaro sia più veloce ed efficiente nel compilare i bandi”.
Un discorso univoco, come spiega anche Pasquale Iacovella, primo cittadino di Casalduni, 1200 abitanti: “Non posso lamentarmi e anzi, devo fare i complimenti ai miei dipendenti: sono pochi, non giovanissimi, ma per farsi trovare pronti si sono addirittura premurati di seguire corsi di formazione autonomamente, non perché gliel’ho indicato io. Certo è difficile per un comune piccolo: il meccanismo è farraginoso e non è certo quello della determina cui si era abituati”.
Il personale dunque: pochi, spesso a un passo dalla pensione o quasi e travolti da meccanismi non semplici. Eppure una contromisura era arrivata: “Sì, ci avevano dato la possibilità di implementare l’organico proprio per il Pnrr – spiega Giuseppe Addabbo, sindaco di Molinara, 1500 abitanti – con il fondo da 30 milioni di euro previsto da Draghi con il decreto 152 del 2021. Noi avevamo aderito e ci avevano dato la possibilità di aggiungere al nostro personale 3 unità ad hoc…il problema è che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del provvedimento con cui vengono ripartite le risorse è arrivata un mese fa…e dunque queste unità aggiuntive non ancora le vediamo. È una logica che premia i numeri e non il territorio, ancora una volta”.
E c’è anche un’altra riflessione che offrono i sindaci dei piccoli comuni di un’area interna del sud scollegata dai centri urbani e al centro di un forte processo di spopolamento: “Noi abbiamo avuto 250mila euro per la digitalizzazione…siamo contenti, ma forse sono troppi per una comunità piccola come la nostra dove invece servirebbe altro”, spiega il sindaco di Molinara cui fa eco Danilo Parente di Apollosa. “Siamo naturalmente contentissimi di poter realizzare una palestra all’aperto: mi consente di infrastrutturare il paese, di dotarlo di un’area sportiva all’avanguardia e va benissimo. Ma il ritorno qual è? Sono soldi che l’Italia ha in prestito e che dunque dovrebbero generare un ritorno per poi restituirli: non so se la palestra da sola basta a creare economie…”.
Infine la questione dei finanziamenti. Soldi che a volte, come spiegano alcuni sindaci, ancora non arrivano: “Noi siamo bloccati sul progetto per intervenire sul dissesto idrogeologico, risorse figlie di vecchie misure poi confluite nel Pnrr – spiega Angelo Pepe, sindaco di Apice, 5300 abitanti – abbiamo fatto i lavori in base alle anticipazioni, ma ho dovuto sospendere perché non ci hanno dato la differenza. E le imprese vanno in forte difficoltà e aprono contenziosi. Chi li paga questi contenziosi? La verità è che non sono i Comuni che non spendono, è che c’è un problema a livello ministeriale: soltanto di password per accedere alle diverse piattaforme c’è un’inflazione pazzesca, non sarebbe stato più semplice creare una piattaforma unica?”.