La “terza guerra mondiale a pezzi” nella via crucis di Papa Francesco al Colosseo. Evento che, “per via del freddo intenso di questi giorni”, come ha spiegato il Vaticano, il Pontefice seguirà in diretta televisiva nella sua residenza, Casa Santa Marta, unendosi alla preghiera di coloro che si raccoglieranno con la diocesi di Roma all’Anfiteatro Flavio. Così come aveva fatto san Giovanni Paolo II nel venerdì santo 2005, quando seguì la via crucis al Colosseo in diretta televisiva nella cappella del suo appartamento privato, alla terza loggia del Palazzo Apostolico. Bergoglio ha voluto che le quattordici meditazioni che ripercorrono la salita al Calvario, la passione, la morte e la deposizione nel sepolcro di Gesù fossero “voci di pace in un mondo di guerra”. Dal dramma del conflitto in Ucraina e in tanti altri Paesi del pianeta dove ancora si combatte a quello dei migranti. “Proprio dalla Terra Santa – si legge nella preghiera iniziale della via crucis – si snoda stasera il cammino della croce dietro a te (Gesù, ndr). Lo percorreremo ascoltando la tua sofferenza, riflessa in quella di fratelli e di sorelle che nel mondo hanno sofferto e soffrono la mancanza di pace, lasciandoci scavare dentro da testimonianze e risonanze giunte all’orecchio e al cuore del Papa anche nel corso delle sue visite. Sono echi di pace che riaffiorano in questa ‘terza guerra mondiale a pezzi’, grida che vengono da Paesi e aree oggi dilaniati da violenze, ingiustizie e povertà. Tutti i luoghi dove si patiscono conflitti, odi e persecuzioni sono presenti nella preghiera di questo venerdì santo”.
La meditazione della decima stazione è stata scritta da un giovane ucraino e da uno russo. “L’anno scorso, – scrive il ragazzo del Paese aggredito – papà e mamma hanno preso me e mio fratello più piccolo per portarci in Italia, dove nostra nonna lavora da più di vent’anni. Siamo partiti da Mariupol durante la notte. Alla frontiera i soldati hanno bloccato mio padre e gli hanno detto che doveva rimanere in Ucraina a combattere. Noi abbiamo continuato in pullman per altri due giorni. Arrivati in Italia io ero triste. Mi sono sentito spogliato di tutto: completamente nudo. Non conoscevo la lingua e non avevo nessun amico. La nonna si sforzava per farmi sentire fortunato ma io non facevo altro che dire di voler tornare a casa. Alla fine la mia famiglia ha deciso di rientrare in Ucraina. Qui la situazione continua ad essere difficile, c’è guerra da tutte le parti, la città è distrutta. Ma nel cuore mi è rimasta quella certezza di cui mi parlava la nonna quando piangevo: ‘Vedrai passerà tutto. E con l’aiuto del buon Dio tornerà la pace’”.
Segue, quindi, la riflessione del giovane del Paese aggressore: “Io, invece, sono un ragazzo russo… mentre lo dico sento quasi un senso di colpa, ma al tempo stesso non capisco perché e mi sento male due volte. Spogliato della felicità e di sogni per il futuro. Sono due anni che vedo piangere la nonna e la mamma. Una lettera ci ha comunicato che mio fratello più grande è morto, me lo ricordo ancora nel giorno del suo 18esimo compleanno, sorridente e brillante come il sole, e tutto questo solo qualche settimana prima di partire per un lungo viaggio. Tutti ci dicevano che dovevamo essere orgogliosi, ma a casa c’era solo tanta sofferenza e tristezza. La stessa cosa è successa anche per papà e nonno, anche loro sono partiti e non sappiamo nulla. Qualche mio compagno di scuola, con tanta paura, mi ha detto all’orecchio che c’è la guerra. Tornato a casa ho scritto una preghiera: Gesù, per favore, fa’ che ci sia la pace in tutto il mondo e che tutti possiamo essere fratelli”.
Il dramma dei migranti rivive, invece, nella meditazione della seconda stazione: “La mia via crucis cominciò sei anni fa, quando lasciai la mia città. Dopo tredici giorni di viaggio arrivammo nel deserto e l’attraversammo per otto giorni, imbattendoci in auto bruciate, taniche d’acqua vuote, cadaveri di persone, fino a giungere in Libia. Chi doveva ancora pagare i trafficanti per la traversata fu rinchiuso e torturato fino a quando non pagò. Alcuni persero la vita, altri la testa. Mi promisero di mettermi su una nave per l’Europa, ma i viaggi furono cancellati e non riavemmo i soldi. Lì c’era la guerra e arrivammo a non far più caso alla violenza e alle pallottole vaganti. Trovai lavoro come stuccatore per pagare un’altra traversata. Alla fine salii con più di cento persone su un gommone. Navigammo ore prima che una nave italiana ci salvasse. Ero pieno di gioia, ci inginocchiamo a ringraziare Dio; poi scoprimmo che la nave stava tornando in Libia. Lì fummo rinchiusi in un centro detentivo, il peggior posto del mondo. Dieci mesi dopo ero di nuovo su una barca. La prima notte ci furono onde alte, quattro caddero in mare, riuscimmo a salvarne due. Mi addormentai sperando di morire. Svegliatomi, vidi accanto a me persone che sorridevano. Dei pescatori tunisini chiamarono i soccorsi, la nave attraccò e delle ong ci diedero cibo, vestiti e riparo. Lavorai per pagare un’altra traversata. Era la sesta volta; dopo tre giorni in mare giunsi a Malta. Rimasi in un centro per sei mesi e lì persi la testa; ogni sera chiedevo a Dio perché: perché uomini come noi devono ritenerci nemici? Tante persone che fuggono dalla guerra portano croci simili alla mia”.
C’è, inoltre, il dramma di tanti ragazzi di oggi nella meditazione della terza stazione: “Noi giovani vogliamo la pace. Ma spesso cadiamo e la caduta ha tanti nomi: ci buttano a terra la pigrizia, la paura, lo sconforto, e anche le vuote promesse di una vita facile ma sporca, fatta di avidità e corruzione. È questo che accresce le spirali del narcotraffico, della violenza, delle dipendenze e dello sfruttamento delle persone, mentre troppe famiglie continuano a piangere la perdita dei figli; e l’impunità di chi truffa, rapisce e uccide non ha fine. Come ottenere la pace? Gesù, tu sei caduto sotto la croce, ma poi ti sei rialzato, hai preso di nuovo la croce e con essa ci hai dato la pace. Ci spingi a prendere in mano la vita, ci spingi al coraggio dell’impegno, che nella nostra lingua si dice compromiso. E significa dire no a tanti compromisos, ai falsi compromessi che uccidono la pace. Siamo pieni di questi compromessi: non vogliamo violenza, ma attacchiamo sui social chi non la pensa come noi; vogliamo una società unita, ma non ci sforziamo di capire chi abbiamo accanto; peggio, trascuriamo chi ha bisogno di noi. Signore, mettici nel cuore il desiderio di rialzare qualcuno che sta a terra. Come fai tu con noi”.
Il Papa concluderà la via crucis con una preghiera intitolata 14 grazie: “Signore Gesù, Parola eterna del Padre, per noi ti sei fatto silenzio. E nel silenzio che ci guida al tuo sepolcro c’è ancora una parola che vogliamo dirti ripensando al cammino della via crucis percorsa con te: grazie! Grazie, Signore Gesù, per la mitezza che confonde la prepotenza. Grazie, per il coraggio con cui hai abbracciato la croce. Grazie, per la pace che sgorga dalle tue ferite. Grazie, per averci donato come nostra Madre la tua santa Madre. Grazie, per l’amore mostrato davanti al tradimento. Grazie, per aver mutato le lacrime in sorriso. Grazie, per aver amato tutti senza escludere nessuno. Grazie, per la speranza che infondi nell’ora della prova. Grazie, per la misericordia che risana le miserie. Grazie, per esserti spogliato di tutto per arricchirci. Grazie, per aver mutato la croce in albero di vita. Grazie, per il perdono che hai offerto ai tuoi uccisori. Grazie, per avere sconfitto la morte. Grazie, Signore Gesù, per la luce che hai acceso nelle nostre notti e riconciliando ogni divisione ci ha reso tutti fratelli, figli dello stesso Padre che sta nei cieli”.
Twitter: @FrancescoGrana