Lo stabat mater mi gira ancora nella testa in questo venerdì santo dell’anno in cui siamo liberi dalla guerra al virus ma siamo dentro una guerra a est con il Mediterraneo che ci circonda e ti commuove quando lo guardi. Il pensiero sbatte sempre lì a Cutro e non riesce a distogliersi. A Bisceglie c’è chi non dimentica e Comunità Oasi 2 e Comune organizzano nel centro del porto una preghiera ecumenica tra cattolici, musulmani e buddisti dedicata alle vittime di Cutro. Tutti verso una croce in legno formata da legname dell’imbarcazione finita nel tragico incidente di Cutro. Una croce che sta facendo il giro dell’Italia verso la quale vanno le preghiere di tutti, del popolo intero.
All’organizzatore dell’Oasi 2, Giampiero Losappio, chiedo che colore hanno le lacrime: “Hanno un colore scuro, purtroppo, grigio carico di sofferenza e soprattutto di ingiustizia. Oggi condividiamo con gli ospiti della nostra comunità un senso di dolore profondo, di coloro che sono riusciti a fare un percorso verso un mondo nuovo, verso la libertà mentre, mentre molti di quelli che sono stati sulla barca di questa croce che oggi abbiamo voluto qui non ce l’hanno fatta”.
Poi si incontra Kalusha, che ha gli occhiali a goccia, al quale chiediamo del mare: “Eh sì il mare oggi…soprattutto per me, sembra una cosa semplice, ma il mare per me è tutta una vita, il passato, il presente e anche il futuro… per me il mare è una speranza”. Kalusha è arrivato col mare nel 2017, il 14 gennaio del 2017, me lo precisa come fosse un dato anagrafico, la data di nascita. E poi mi aggiunge, quando gli chiedo come si trova a pregare davanti a questa croce: “L’impressione è che mi sento molto fortunato, pensando agli altri che non sono riusciti, per me è proprio stata una fortuna”. Viene dalla Costa D’Avorio Kalusha e quando gli chiedo cosa significhi il suo nome mi dice che Kalu significa luna, e sha non lo sa e nessuno riesce a spiegarcelo lì a Bisceglie. Allora gli propongo figlio della luna e lui è molto felice di questo appellativo, gli piace a Kalusha Sidy Mohamed che mi scrive il suo nome a matita su un foglio poggiato sulla spalla del suo amico Sidiki al quale chiedo che lavoro faccia, e lui mi risponde: “faccio il magazziniere è un lavoro che mi sono trovato qua, facile da imparare”.
E quando gli chiedo cosa sogna un magazziniere lui sorride e mi risponde: “Il mio sogno è di cambiare la vita sia per me che per mio fratello. Qui mi sono creato una famiglia e posso dire grazie a Dio che sono cambiate un po’ di cose, non tutte ma un po’ di obiettivi li sto raggiungendo”. Quando gli chiedo del mare, si intristisce e mi dice: “A me non piace il mare, perché ogni volta che ci passo vicino mi ricordo la storia che ho vissuto. Anch’io sono venuto coi barconi e non mi piace il mare, non ci vado mai”.
E Sidiki Kourouma, che viene dalla Guinea, mi spiega che il suo nome significa colui che dice la verità, perché Sidiki era un profeta amico di Maometto. Davanti alla croce di Cutro, ci si accorge quanto non sappiamo e quanto dovremmo sapere perché scompaia il grigio dalle nostre lacrime e la notte dalle nostre anime distratte.