Più di mezza Europa contro Victor Orban, l’Italia non c’è. Quindici Paesi Ue, insieme al Parlamento europeo, si uniscono nella causa della Commissione europea contro l’Ungheria riguardante la legge anti-Lgbt approvata nel giugno 2021 dal Parlamento di Budapest. Si tratta della più grande procedura sulla violazione dei diritti umani mai portata davanti alla Corte di giustizia dell’Unione europea, di cui però l’Italia non farà parte. Tra gli ultimi Stati che si sono aggiunti ai ricorrenti, anche Francia e Germania (oltre a Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna, Portogallo, Danimarca, Irlanda, Malta, Austria, Finlandia, Svezia, Slovenia, Grecia). Il governo tramite fonti fa sapere di essersi sottratto alla procedura per ragioni tecniche: di fatto però l’Italia di Giorgia Meloni è l’unico Stato tra i grandi d’Europa a non prendere posizioni contro Orban. E si trova di nuovo a scontrarsi con Bruxelles sulla questione diritti, dopo gli attriti per lo stop alla registrazione dei figli di coppie omogenitoriali.
La causa della Commissione contro l’Ungheria riguarda la legge che vieta la “promozione dell’omosessualità” ai minori. Il provvedimento ungherese, che fu definito “vergognoso” dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, vieta di mostrare ai minori qualsiasi contenuto, nei media e nelle scuole, che ritragga o promuova l’omosessualità o il cambio di sesso. Secondo Bruxelles, la legge, fortemente voluta dal premier ungherese, Viktor Orban, viola in particolare i valori europei ed i diritti fondamentali degli individui, in particolare le persone Lgbtiq+. I Paesi europei avevano tempo fino a ieri, giovedì 6 aprile, per unirsi ai ricorrenti nella causa intentata dall’esecutivo comunitario, con l’ong Forbidden Colors che ha sostenuto le adesioni alla causa ed è tra i promotori di una petizione sul tema. Di recente, il governo ungherese ha invece presentato un controricorso alla Corte di giustizia dell’Ue sulla procedura d’infrazione aperta contro Budapest e culminata con il deferimento dell’Ungheria alla Corte.
La legge anti-Lgbt di Orban secondo i ricorrenti viola le direttive sui servizi nel mercato interno, sui media audiovisivi, la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue e l’articolo 2 del Trattato sull’Ue, quello sul rispetto dei diritti umani e la non discriminazione. Fonti del governo, scrive Repubblica, spiegano la mancata adesione con una motivazione tecnica: l’articolo 2 non sarebbe mai stato utilizzato per contestare l’incompatibilità di una legge nazionale. Una motivazione che evidentemente non ha fermato gli altri big, dalla Spagna a Germania e Francia, passando per i paesi del Benelux. Hanno aderito anche Paesi come Austria, Danimarca, Finlandia e Svezia, che su altre tematiche – ad esempio l’economia e l’immigrazione – si trovano talvolta a condividere invece la stessa linea di Orban.
“L’Italia si schiera con Orbàn e una minoranza di Stati Membri che si battono contro una società europea aperta e inclusiva“, afferma Yuri Guaiana, rappresentante di +Europa presso l’Alde. “Con questa scelta – sottolinea Guaiana – il governo Meloni ha modificato la posizione del governo Draghi che aveva aderito alla dichiarazione del 17 maggio 2021 in cui si impegnava a proteggere i diritti fondamentali delle persone LGBTI+ e alla lettera dei capi di Stato e di governo ai presidenti delle istituzioni europee, il 24 giugno 2021. Il governo decide quindi di far mancare il sostegno del nostro Paese ai valori fondamentali alla base della nostra Unione quali la dignità umana, la libertà, la democrazia, l’uguaglianza, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani schierandosi implicitamente con leggi ispirate dalla Russia di Putin. +Europa continuerà a lottare, al fianco delle comunità LGBTI+ europee, per riportare l’Italia – conclude Guaiana – nel solco dell’azione dei Paesi fondatori dell’UE a difesa dei valori comuni europei”.
Solo pochi giorni fa, peraltro, il Parlamento europeo aveva approvato l’emendamento al testo della Risoluzione sullo Stato di diritto che “condanna le istruzioni date dal governo italiano alla municipalità di Milano di sospendere la registrazione delle adozioni delle coppie omogenitoriali”. L’emendamento è stato presentato dal gruppo di Renew europe dopo lo stop alla registrazione sui certificati di nascita dei nomi dei genitori non biologici di figli nati da coppie omogenitoriali. Il Parlamento Europeo ha approvato per alzata di mano l’emendamento: nel testo si legge che “ritiene che questa decisione porterà inevitabilmente alla discriminazione non solo delle coppie dello stesso sesso, ma anche e soprattutto dei loro figli“.
Diritti
La causa Ue contro la legge ungherese anti-Lgbt: 15 Stati si uniscono, anche Francia e Germania. L’Italia di Meloni è con Orban
Più di mezza Europa contro Victor Orban, l’Italia non c’è. Quindici Paesi Ue, insieme al Parlamento europeo, si uniscono nella causa della Commissione europea contro l’Ungheria riguardante la legge anti-Lgbt approvata nel giugno 2021 dal Parlamento di Budapest. Si tratta della più grande procedura sulla violazione dei diritti umani mai portata davanti alla Corte di giustizia dell’Unione europea, di cui però l’Italia non farà parte. Tra gli ultimi Stati che si sono aggiunti ai ricorrenti, anche Francia e Germania (oltre a Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna, Portogallo, Danimarca, Irlanda, Malta, Austria, Finlandia, Svezia, Slovenia, Grecia). Il governo tramite fonti fa sapere di essersi sottratto alla procedura per ragioni tecniche: di fatto però l’Italia di Giorgia Meloni è l’unico Stato tra i grandi d’Europa a non prendere posizioni contro Orban. E si trova di nuovo a scontrarsi con Bruxelles sulla questione diritti, dopo gli attriti per lo stop alla registrazione dei figli di coppie omogenitoriali.
La causa della Commissione contro l’Ungheria riguarda la legge che vieta la “promozione dell’omosessualità” ai minori. Il provvedimento ungherese, che fu definito “vergognoso” dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, vieta di mostrare ai minori qualsiasi contenuto, nei media e nelle scuole, che ritragga o promuova l’omosessualità o il cambio di sesso. Secondo Bruxelles, la legge, fortemente voluta dal premier ungherese, Viktor Orban, viola in particolare i valori europei ed i diritti fondamentali degli individui, in particolare le persone Lgbtiq+. I Paesi europei avevano tempo fino a ieri, giovedì 6 aprile, per unirsi ai ricorrenti nella causa intentata dall’esecutivo comunitario, con l’ong Forbidden Colors che ha sostenuto le adesioni alla causa ed è tra i promotori di una petizione sul tema. Di recente, il governo ungherese ha invece presentato un controricorso alla Corte di giustizia dell’Ue sulla procedura d’infrazione aperta contro Budapest e culminata con il deferimento dell’Ungheria alla Corte.
La legge anti-Lgbt di Orban secondo i ricorrenti viola le direttive sui servizi nel mercato interno, sui media audiovisivi, la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue e l’articolo 2 del Trattato sull’Ue, quello sul rispetto dei diritti umani e la non discriminazione. Fonti del governo, scrive Repubblica, spiegano la mancata adesione con una motivazione tecnica: l’articolo 2 non sarebbe mai stato utilizzato per contestare l’incompatibilità di una legge nazionale. Una motivazione che evidentemente non ha fermato gli altri big, dalla Spagna a Germania e Francia, passando per i paesi del Benelux. Hanno aderito anche Paesi come Austria, Danimarca, Finlandia e Svezia, che su altre tematiche – ad esempio l’economia e l’immigrazione – si trovano talvolta a condividere invece la stessa linea di Orban.
“L’Italia si schiera con Orbàn e una minoranza di Stati Membri che si battono contro una società europea aperta e inclusiva“, afferma Yuri Guaiana, rappresentante di +Europa presso l’Alde. “Con questa scelta – sottolinea Guaiana – il governo Meloni ha modificato la posizione del governo Draghi che aveva aderito alla dichiarazione del 17 maggio 2021 in cui si impegnava a proteggere i diritti fondamentali delle persone LGBTI+ e alla lettera dei capi di Stato e di governo ai presidenti delle istituzioni europee, il 24 giugno 2021. Il governo decide quindi di far mancare il sostegno del nostro Paese ai valori fondamentali alla base della nostra Unione quali la dignità umana, la libertà, la democrazia, l’uguaglianza, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani schierandosi implicitamente con leggi ispirate dalla Russia di Putin. +Europa continuerà a lottare, al fianco delle comunità LGBTI+ europee, per riportare l’Italia – conclude Guaiana – nel solco dell’azione dei Paesi fondatori dell’UE a difesa dei valori comuni europei”.
Solo pochi giorni fa, peraltro, il Parlamento europeo aveva approvato l’emendamento al testo della Risoluzione sullo Stato di diritto che “condanna le istruzioni date dal governo italiano alla municipalità di Milano di sospendere la registrazione delle adozioni delle coppie omogenitoriali”. L’emendamento è stato presentato dal gruppo di Renew europe dopo lo stop alla registrazione sui certificati di nascita dei nomi dei genitori non biologici di figli nati da coppie omogenitoriali. Il Parlamento Europeo ha approvato per alzata di mano l’emendamento: nel testo si legge che “ritiene che questa decisione porterà inevitabilmente alla discriminazione non solo delle coppie dello stesso sesso, ma anche e soprattutto dei loro figli“.
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Parigi, 13 mar. (Adnkronos) - La regina Camilla ha inviato una lettera a Gisele Pelicot, la donna francese che il marito ha fatto violentare per anni da decine di uomini, per "esprimerle la sua solidarietà ai massimi livelli". Lo ha riferito a Newsweek un collaboratore reale, aggiungendo che la sovrana, che lavora da anni per le vittime di violenza domestica, ha voluto riconoscere "la straordinaria dignità e il coraggio" della donna francese.
Dominique Pelicot ha ripetutamente drogato e violentato la moglie Gisèle per quasi un decennio, ha reclutato decine di uomini per fare lo stesso e ha filmato più di 200 di queste aggressioni in un caso che ha sconvolto la Francia e il mondo. E la regina "è rimasta profondamente colpita da questi fatti e dalla straordinaria dignità e dal coraggio di quella donna nel render pubblica la sua vicenda", ha affermato la fonte. "Naturalmente, ha contribuito a mettere in luce un problema sociale molto significativo, nonostante tutte le sofferenze personali che aveva attraversato".
"Quindi - prosegue la fonte reale - come sostenitrice di lunga data delle vittime di abusi domestici e sessuali, la regina ha scritto in privato a madame Pelicot, determinata a esprimerle al massimo il proprio sostegno." La lettera è un esempio del modo in cui Camilla intenda fare a livello globale ciò che fa regolarmente in Gran Bretagna - scrive il Newsweek - come dimostra la visita del 6 febbraio a Brave Spaces, a Exeter, nel sud-ovest dell'Inghilterra. L'organizzazione benefica spera di trovare una sede permanente, ma al momento offre supporto alle vittime di violenza domestica da una stanza sul retro del CoLab, uno sportello unico che fornisce servizi di supporto a una moltitudine di persone vulnerabili.
Quando la busta con il sigillo della famiglia reale britannica è arrivata insieme a migliaia di lettere di sostegno, la signora Pelicot "era sbalordita, commossa e molto orgogliosa di vedere che era riuscita a portare la sua battaglia fino alla famiglia reale britannica", ha detto a Le Monde l'avvocato della donna, Antoine Camus.
Il processo per stupro di massa, durato tre mesi in Francia lo scorso autunno, ha visto 51 uomini condannati per un totale di 428 anni. L'elettricista in pensione Pelicot è stato incarcerato alla pena massima di 20 anni. La 72enne, che The Independent ha definito la donna più influente del 2025, ha coraggiosamente scelto di rinunciare all'anonimato durante il processo che si è svolto nel villaggio di Mazan, nel sud-est della Francia.
Tel Aviv, 13 mar. (Adnkronos) - "In merito all'accusa del sangue pubblicata dalla 'Commissione d'inchiesta': è uno dei peggiori casi di accusa del sangue che il mondo abbia mai visto (e il mondo ne ha visti molti). Accusa le vittime dei crimini commessi contro di loro. Hamas è l'organizzazione che ha commesso orrendi crimini sessuali contro gli israeliani. È davvero un documento malato che solo un'organizzazione antisemita come l'Onu potrebbe produrre". Lo ha scritto su X il portavoce del ministero degli Esteri israeliano Oren Marmorstein.
Roma, 13 mar (Adnkronos) - Si terrà la prossima settimana, probabilmente giovedì 20 marzo, una seduta straordinaria della Camera dei deputati di tre ore e mezza per discutere le mozioni delle opposizioni sull'emergenza carceri. Lo ha stabilito la Conferenza dei capigruppo di Montecitorio.
Ramallah, 13 mar. (Adnkronos) - Secondo la Società dei prigionieri palestinesi e la Commissione per gli affari dei prigionieri ed ex prigionieri, almeno 25 palestinesi sono stati arrestati dalle forze israeliane durante le ultime incursioni nella Cisgiordania occupata. Tra gli arrestati ci sono una donna e diversi ex prigionieri, si legge nella dichiarazione congiunta su Telegram. Aumentano gli arresti a Hebron, dove secondo l'agenzia di stampa Wafa oggi sono state arrestate 12 persone, tra cui 11 ex prigionieri.
Roma, 13 mar (Adnkronos) - "Non c'è stato l'affidamento da parte del governo di infrastrutture critiche del Paese a Starlink" e "come già rassicurato dal presidente Meloni ogni eventuale ulteriore sviluppo su questa questione sarà gestito secondo le consuete procedure". Lo ha detto il ministro dei Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani in Senato rispondendo a una interrogazione del Pd.
Roma, 13 mar (Adnkronos) - Per quel che riguarda il piano 'Italia a 1 giga', "con riferimento alle aree più remote, il governo sta valutando con Starlink e altri operatori l'ipotesi di integrazione della tecnologia satellitare come complemento alle infrastrutture esistenti". Lo ha detto il ministro dei Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani rispondendo in Senato a una interrogazione del Pd.
"Nel caso specifico di Starlink, sono in corso delle interlocuzioni con alcune regioni italiane - del nord, del centro e del sud - per sperimentare la fornitura di un 'servizio space-based' rivolto ad aree remote o prive di infrastrutture terrestri. In ogni caso, si ribadisce che non sono stati firmati contratti nè sono stati conclusi accordi tra il governo italiano e la società Space X per l'uso del sistema di comunicazioni satellitari Starlink per coprire le aree più remote del territorio", ha chiarito Ciriani.
Roma, 13 mar (Adnkronos) - "Presso la presidenza del Consiglio non è stato istituito alcun tavolo tecnico operativo per lo studio della concessione a Starlink della gestione delle infrastrutture di connessione e telecomunicazione delle sedi diplomatiche italiane o delle stazioni mobili delle navi militari italiane". Lo ha detto il ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani rispondendo al Senato a una interpellanza del Pd.