C’è il fiume Brembo che soffre già, ad aprile, e scorre a fatica, tra pietre ed enormi insenature; e più su, dove la vallata si divide in due, ci sono gli abeti rossi che sembrano scheletri, uccisi da un insetto simile al coleottero, il bostrico. La siccità e la scomparsa progressiva delle peccete montane stanno colpendo la Valle Brembana, nella Bergamasca, ma qui i sindaci non hanno il tempo per pensare alle conseguenze dei cambiamenti climatici. Qui i sindaci – e i loro Comuni – stanno cercando di sopravvivere alla burocrazia. E alle regole – “assurde”, secondo loro – del Pnrr: “Se non le cambiamo, saltiamo tutti per aria” dicono, “c’è chi è già in ginocchio, e chi lo sarà presto”. Il motivo? I contributi del Piano non stanno arrivando, gli amministratori sono costretti dallo Stato ad anticipare soldi che non hanno col rischio, a fine anno, di non poter chiudere i bilanci.
Ma andiamo con ordine. Per capire cosa sta accadendo, bisogna tenere presente che dei 171mila progetti candidati ai finanziamenti del Pnrr (per un importo complessivo di 180 miliardi di euro) circa 70mila sono destinati ai Comuni sotto i 5mila abitanti. Ciò che sta emergendo è che per “riempire” questa fetta – ingente – di contributi, rivolti agli enti locali, sono confluiti nel Piano di ripresa e resilienza anche progetti approvati negli anni scorsi – fino al 2020 – dalle Regioni (la Regione Lombardia, in questo caso). Con un cambio di gestione dell’erogazione dei fondi che, per i piccoli Comuni, ha fatto tutto la differenza del mondo: se, in passato, la Regione garantiva i contributi durante la fase di avanzamento dei lavori – immaginate di dover sistemare una diga, mettere in sicurezza l’alveo di un fiume o una strada a strapiombo sulla valle – ora, col Pnrr, gli amministratori devono anticipare i pagamenti. Anche dell’intero importo. Il paradosso – detto che i Comuni non hanno soldi, in genere, e che faticano ad accedere a prestiti che, in ogni caso, sono modesti – è che i sindaci devono ricorrere alle anticipazioni di cassa per cantieri già aperti, necessari, e il cui via libera era stato dato secondo regole diverse.
“TRACOLLO FINANZIARIO INEVITABILE” – I Comuni della Valle Brembana hanno inviato una lettera al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, al presidente dell’Anci, Antonio Decaro, a quello dell’Uncem, Marco Bussone e a quella Anpci, Franca Biglio, per chiedere che le regole del Pnrr vengano modificate. Il rischio, scrivono, è “l’inevitabile tracollo finanziario e di gestione di molte piccole amministrazioni comunali, ottenendo esattamente l’effetto contrario a quello auspicato” dal Piano. “La necessità di anticipare cifre così ingenti – si legge nella lettera – rende di fatto impossibile onorare i pagamenti in favore delle imprese appaltatrici“. Quando, come detto, “molti Comuni hanno realizzato o stanno realizzando opere di protezione dei territori dai rischi incombenti sui centri abitati e sulle infrastrutture viarie”. Si parla di paravalanghe, opere contro la caduta di massi, argini fluviali e di vallecole. La richiesta è di modificare la modalità di distribuzione dei fondi del Pnrr: “Erogazione dell’anticipo del 20-30% prima dell’inizio dei lavori, erogazione del 60-70% a seguito della comunicazione dell’avvio dei lavori e il restante saldo alla presentazione della certificazione di regolare esecuzione delle opere”. Ora, invece, lo Stato chiede di anticipare, a seconda dei casi, il 50% dei soldi o, la maggior parte delle volte, l’importo totale.
L’IMPRESA APRE IL CONTENZIOSO, MA IL COMUNE È SENZA SOLDI – Tra i 22 Comuni firmatari della lettera, il caso più emblematico è quello di Isola di Fondra, 160 abitanti, un mucchio di case stretto tra le pendici di due montagne. Sul versante a est, coi suoi 2300 metri di altitudine, c’è il Monte Pietra Quadra. Da qui, nel 1810, si verificò uno dei disastri più gravi nella storia della Valle Brembana: una slavina piombò sul centro della frazione di Trabuchello, distruggendolo, e seppellì 42 persone. Ne morirono 28. “È un’area a forte rischio – racconta il sindaco, Carletto Forchini – altre valanghe si sono staccate nel ’56, poi nel 2009. L’anno scorso abbiamo completato la posa di tre chilometri di barriere, in quota. L’azienda che ci ha fatto i lavori è stata molto efficiente. Abbiamo anticipato 131mila euro, ma gliene dobbiamo ancora 260mila. Ma quei soldi non li abbiamo e io non so dove andare a prenderli”. La ditta, così, ha fatto causa al Comune, il Tribunale le ha dato ragione e ha imposto all’amministrazione di saldare il conto entro la metà di aprile. “Stiamo impazzendo per risolvere la situazione” continua Forchini, “accusano i piccoli Comuni di non essere in grado di impiegare i soldi del Pnrr. Ma la verità è che i soldi non arrivano, li dobbiamo mettere noi. Va detto, comunque, che se noi siamo in difficoltà, l’impresa lo è ancora di più. Per fare un esempio, solo per l’utilizzo dell’elicottero hanno speso 100mila euro”.
“DIGITALIZZAZIONE? QUI NON ARRIVA LA FIBRA OTTICA” – “È una follia, abbiamo le mani legate. E se capita qualcosa sul tuo territorio, non puoi fare niente”. Carmelo Goglio è il sindaco di Olmo al Brembo, 500 abitanti nell’alta Valle Brembana. Racconta di come il Pnrr sembrava “la panacea di tutti i mali, ma ora è tutto fermo“; e delle difficoltà di partecipare ai bandi per via della carenza di personale (come sta accadendo nel Sud Italia) o per il fatto che la piattaforma, attraverso la quale vengono caricate le rendicontazioni, cambia sempre: “Qui ho una persona sola, ed è la stessa che si occupa, ogni giorno, di tutto il resto”. Quando lo raggiungiamo al telefono, è fuori per lavoro (è il responsabile di quattro centrali idroelettriche della valle) e per avere informazioni più precise, chiama in Comune. “Nella vita di tutti i giorni, noi sindaci, facciamo altro – dice – ci occupiamo del nostro paese la sera, quando stacchiamo dal lavoro, o in vacanza. Fino a ieri ci davano 500 euro, ora mille, è vero, ma sono soldi che dobbiamo prendere dalle casse comunali, che piangono. Il Pnrr? È un’ottima cosa, in linea di principio. Ma mi servono davvero 50mila euro per la digitalizzazione del Comune, che si traduce, di fatto, nella realizzazione del sito, quando la fibra ottica, qui, non esiste?“. Durante il Covid, la scuola del paese non poteva permettersi le lezioni a distanza: quando un bambino si collegava da casa, il sistema si bloccava.
LA SOLUZIONE È TANTO SEMPLICE – E chi i problemi, nel proprio Comune, ancora non li ha, sa che dovrà affrontarli a breve. È il caso di Gloria Carletti, sindaca di Foppolo, maestra di sci e presidente del Collegio regionale dei maestri. Il suo paese, 170 abitanti a 1500 metri sul livello del mare, è noto per il turismo invernale. Ma è tristemente noto anche per le vicissitudini legate alle precedenti amministrazioni – un sindaco è finito in carcere – che hanno lasciato un debito (ancora non del tutto quantificato) di 16 milioni di euro. “Dobbiamo fare alcuni lavori per la messa in sicurezza del territorio – spiega – per un importo complessivo di 900mila euro, in due anni. Quando l’impresa mi chiederà un acconto o il saldo finale, io cosa faccio? Prima del Pnrr non era così. Prima la Regione o il ministero ti inviavano i contributi durante l’avanzamento del cantiere. Ora ti pagano solo se tu hai già pagato l’impresa. È un sistema insostenibile che va cambiato”.
Anche per Jonathan Lobati, per dirla con le sue parole, “a breve, quando dovrò anticipare i soldi che non ho, mi troverò il problema fuori dalla porta”. Lobati è sindaco di Lenna e presidente della Comunità montana della Valle Brembana. È da poco stato eletto consigliere regionale con Forza Italia, motivo per cui decadrà da primo cittadino e si dimetterà da presidente della Comunità montana. “Abbiamo vinto due bandi con finanziamenti ingenti – racconta – uno, da 935mila euro, relativo alle infrastrutture sociali, grazie al quale costruiremo il centro di soccorso dell’alta valle, che diventerà la sede della Croce Rossa, e uno, da 197mila euro, relativo all’ambiente, con la realizzazione di tre casette ecologiche”. Secondo Lobati, da una parte, va alleggerita la burocrazia che ruota intorno al Pnrr e, dall’altra, lo Stato deve fare in modo di garantire, in anticipo, l’80-90% dei contributi.
In un’interlocuzione coi sindaci, ha espresso preoccupazione anche Franca Biglio, presidente dell’Anpci e sindaca di Marsaglia (Cuneo): “Sono collegata proprio ora col Mef – ci dice, al telefono – è un problema che sta coinvolgendo tutti i piccoli comuni e che sto vivendo sulla mia pelle. Se avessi saputo prima di questa situazione, non avremmo partecipato ai bandi. Sono arrabbiata nera, qui rischiamo il default“. La soluzione migliore per Biglio è il ricorso agli aiuti ponte di Cassa depositi e prestiti: “Fattura non quietanzata a Cdp, che anticipa l’importo al Comune a tasso zero, a sua volta il Comune, ad avvenuto ricevimento delle risorse da parte dello Stato, restituisce i soldi alla cassa”. E aggiunge: “Semplicissimo”.
Foto di sinistra del collage: Gianluca Colombi
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