Si legge “stretta sulle assunzioni a chiamata diretta”. Ma poi si scopre che in realtà è una strettina, e anzi a ben vedere aumentano. Nella pubblica amministrazione c’è da sempre una guerra tra gruppi in competizione nello stesso habitat: i dirigenti esterni che imperversano e funzionari interni che arrancano, fermi sul binario di una carriera senza sbocchi e progressioni. Protagonisti di un’eterna lotta per i ruoli apicali si vedono arrivare in ultimo un decreto a firma del Ministro Paolo Zangrillo che viene annunciato come una “grande svolta” che premia il merito, ma su un punto iniziale ed essenziale, le chiamate dirette, parte con una mezza verità che per l’altro mezzo è bugia.

Nel caso specifico, la norma approvata giovedì e attesa in Gazzetta Ufficiale riduce dal 20% al 12% la quota di dirigenti esterni che accedono ai ruoli della pa. Chi ben conosce la materia non ha dubbi che sia una presa per i fondelli perché quel 20% includeva anche i dirigenti per il Pnrr ma la soglia ordinaria era fissata all’8% per le prime fasce e cioè i direttori generali e al 10% per le seconde vale a dire i dirigenti semplici. Il decreto le porta entrambe al 12% aumentando una del 2% e l’altra del 4. Con una differenza però: la soglia del 20% era legata agli obiettivi del 2026, quindi per tre anni ancora, mentre la nuova regola ordinaria varrà sempre, anche una volta terminata la partita dell’emergenza legata alla spesa dei fondi europei. Per altro a febbraio il ministro Raffaele Fitto ha spalancato le porte a 200 assunzioni a chiamata diretta e il decreto conteneva la stabilizzazione di quelli assunti due anni fa.

Il decreto promette poi di premiare i funzionari più “bravi”, almeno sulla carta, che avranno una via d’accesso accelerata alla dirigenza pubblica: quando una pa indicherà gli organici di cui ha bisogno potrà anche indicare una quota non superiore al 40% di posti riservati ai suoi dirigenti di seconda fascia, che potranno concorrere se avranno almeno 5 anni di servizio alle spalle e i titoli necessari per accedere alla posizione. La Scuola Nazionale della Pubblica amministrazione farà i confronti tra i candidati paragonando valutazioni, titoli, incarichi e via dicendo. E questo intervento invece sembra risponde a un problema oggettivo che affligge la Pa da molti anni: la frustrazione di chi ci lavora avendo una carriera senza possibilità di progressione e per quanto lavori rischia di non arrivare mai alla dirigenza. Questa “riserva” potrebbe dare motivazione e ristabilire quella quota di merito che ora non viene valorizzata.

Anche chi ha contratti a termine verrà premiato con la stabilizzazione, se avrà dimostrato di averla “meritata sul campo”. Anche per loro ci potrà essere una quota riservata non più dal 15 ma del 30% per l’accesso a posizioni dirigenziali nello stesso ente, ma la valutazione – stando alle anticipazioni uscite sui giornali – sarà fatta sul lavoro concreto che hanno svolto, da assunti a tempo indeterminato per il tramite di incarichi dirigenziali a termine. Non accedono a questa progressione i titolari di incarichi esterni. E’ previsto poi un Osservatorio del lavoro pubblico, in seno al ministero, per monitorare e promuovere le iniziative e gli indirizzi in materia di innovazione, lavoro agile, valutazione e misurazione delle performance. Dopo la pubblicazione si avranno le reazioni della dirigenza pubblica.

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