Il miele? Lo chiamano il “Dolce nettare degli Dei”, ma qualcuno cerca di produrlo senza api. Illazioni? Macché! A sentire l’Olaf – Ufficio europeo antifrode –, che ha messo sotto la lente 320 lotti importati in Europa da pesi extra Ue. nel 46% dei campioni non c’era il puro nettare delle api. La contraffazione danneggia pesantemente l’immagine del miele fra i consumatori. Da dove arriva il simil-miele? Il falso miele proviene in massima parte dalla Cina ma non solo. La frode preoccupa anche gli apicoltori italiani che anche sui social criticano pesantemente il miele non italiano. E non hanno tutti i torti. Secondo l’Istat per l’anno 2022 si stima una produzione di miele nazionale superiore alle 23.000 tonnellate, mentre l’importazione di miele in Italia si attesta sulle 20.000 tonnellate circa. Dunque, di miele d’importazione ne circola non poco, anche nel nostro Paese. Un consiglio al consumatore? Leggete attentamente le etichette e occhio alla dicitura “Miele Italiano”. Per fare luce sul fenomeno contraffazione abbiamo sentito il dottor Franco Mutinelli, Direttore, Centro di referenza nazionale per l’apicoltura – IZSVe, e la Dr.ssa Marianna Martinello, Chimico, Centro di referenza nazionale per l’apicoltura – IZSVe.

E’ vero che quasi la metà del miele importato in Europa è contraffatto? Come si arriva alla contraffazione e che cosa c’è nel vasetto?
Nel quadro dell’azione coordinata dell’UE denominata “Dagli alveari”, 15 Stati membri dell’UE (BE, BG, CZ, DE, DK, EL, ES, FR, HU, IE, IT, LT, PL, RO, SE) oltre a Svizzera e Norvegia hanno campionato random (casualmente) 320 partite di miele provenienti da 20 paesi esportatori, che sono state inviate al Centro di Ricerca Comunitario (Joint Research Centre, JRC) per l’analisi. L’indagine aveva lo scopo di rilevare la presenza di sciroppo di zucchero esogeno (estraneo quindi al miele prodotto dalle api) aggiunto in modo fraudolento al miele per aumentarne il volume e quindi trarne maggiore profitto. Dei 320 campioni ricevuti dalle autorità competenti dei paesi partecipanti, 147 (46%) sono risultati sospetti di non essere conformi a quanto previsto dalla direttiva UE sul miele 2001/110/CE, di non essere quindi miele “puro” ma adulterato con zuccheri di diversa origine. Questo dato è riferito a campioni provenienti da paesi terzi importati nell’UE, non alla sola Italia.

La provenienza?
Il numero assoluto più elevato di partite sospette proveniva dalla Cina (66 su 89, pari al 74%), sebbene il miele proveniente dalla Turchia (14 su 15, il 93%) presentasse la percentuale relativa più elevata di campioni sospetti. Il miele importato dal Regno Unito presentava un tasso di sospetto ancora più elevato (10 su 10, quindi del 100%). Tuttavia, le informazioni disponibili sulla tracciabilità suggeriscono che ciò potrebbe essere il risultato di miele prodotto in altri paesi e ulteriormente lavorato nel Regno Unito prima della sua riesportazione nell’UE.

Perché tutto ciò?
La finalità della frode è ovviamente un guadagno illecito commesso da operatori che per interesse economico adulterano il miele diluendolo con sciroppi zuccherini più economici. Nel vasetto ci sarà quindi miele mescolato con sciroppo zuccherino di diversa origine, come sciroppi di mais, barbabietola o canna da zucchero, grano o riso.

Quali i metodi analitici che permettono di scoprire la contraffazione?
Il miele presente sul mercato deve essere conforme alla Direttiva 2001/110/CE del Consiglio, in particolare ai criteri di composizione indicati nell’allegato II. Gli sciroppi zuccherini utilizzati per adulterare il miele, imitano la composizione zuccherina del miele genuino e i prodotti adulterati saranno nella maggior parte dei casi conformi alle disposizioni. Poiché gli zuccheri sono naturalmente presenti nel miele, il miele e gli sciroppi sono molto simili chimicamente, l’individuazione degli adulteranti è una sfida e, sebbene le tecniche di ricerca siano in continua evoluzione, faticano a tenere il passo con l’evoluzione delle frodi. Il JRC ha utilizzato diversi metodi considerati elettivi per questo tipo di studi (EA/LC-IRMS, HPAEC-PAD, LC-HRMS, 1H-NMR) per rilevare biomarcatori che sono presenti negli sciroppi zuccherini ma non nel miele. Pertanto, la presenza di un marcatore di adulterazione nel miele o un rapporto isotopico 13C/12C che non rispetta i valori di riferimento, suggerisce che il miele possa essere non conforme al requisito secondo cui il miele commercializzato non deve essere aggiunto di “alcun ingrediente alimentare, neppure gli additivi, e non è effettuata nessun’altra aggiunta se non di miele.

Come viene prodotto il falso miele per essere esportato nella Ue?
Il falso miele soddisfa i requisiti della direttiva comunitaria e, salvo si ricorra a tecniche analitiche particolari, non è facilmente distinguibile dal miele prodotto dalle api. L’intento è che appaia proprio come il miele genuino. Oltre all’aggiunta di sciroppi zuccherini con lo scopo di aumentarne il volume, può essere soggetto a sofisticazione, quindi all’aggiunta di sostanze estranee alla sua composizione al fine di renderlo il più possibile simile al miele a livello organolettico, come ad esempio mediante aggiunta di aromi o coloranti.

Ci sono rischi per la salute?
Ad oggi non risultano rischi per la salute, gli interessi nell’adulterazione sono puramente economici. Sicuramente la diluizione del miele con sciroppi zuccherini riduce anche le sue note proprietà dovute alla presenza delle numerose sostanze bioattive presenti nel prodotto genuino.

Che cosa pensa della legislazione sulle miscele? In Italia è obbligatorio indicare in etichetta la provenienza, in Europa no.
Si tratta di una tecnologia di lavorazione del miele consentita dalle norme vigenti. In Italia la sola indicazione “Miscela di mieli…” non è sufficiente (art. 2-bis – Legge n. 81 dell’11 marzo 2006). Sull’etichetta devono essere indicati il Paese o i Paesi di origine in cui il miele è stato raccolto, ad esempio: Paese di origine: Argentina, Paesi di origine: Italia e Argentina, Paesi di origine: Italia, Cina e Ungheria, Miscela di mieli originari dell’UE: Italia e Ungheria, Miscela di mieli originari e non originari dell’UE: Argentina, Italia, Miscela di mieli non originari dell’UE: Argentina, Messico.

I danni di immagini e commerciali per l’apicoltura italiana?
L’obbligo di indicare il paese in cui il miele è stato raccolto è una garanzia della tracciabilità del prodotto e anche indicativa della qualità dello stesso in relazione alle varietà di miele prodotte (oltre 60 in Italia).

C’è da fidarsi della dicitura Miele Italiano in etichetta e perché?
Per quanto riguarda l’area di produzione, ai sensi dell’articolo 2 comma 4 della Direttiva 2001/110/CE, si fa riferimento al paese o ai paesi in cui il miele è stato raccolto, i quali devono essere indicati in etichetta con la dicitura “Paese di origine: Italia” oppure, secondo la Circolare del MIPAAF del 31 maggio 2012 n. 4, “Miele italiano”. Tale informazione contenuta in etichetta chiaramente identifica l’origine del miele nella piena responsabilità di chi confeziona/produce. Nello specifico del miele italiano, oltre ad un obbligo di legge, è un’indicazione dell’origine nazionale a garanzia della produzione del territorio italiano e della qualità che la accompagna.

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