Era l’alba dell’11 maggio del 2021 quando quell’uomo, che lei aveva amato e accolto in casa per più di un anno, fece irruzione nella sua abitazione a Tortolì, in Sardegna, e l’accoltellò 18 volte, per vendicarsi di esser stato lasciato e denunciato per stalking. In casa, con lei, c’era il figlio Mirko che, svegliato dalle urla della madre, corse a difenderla: le salvò la vita, a costo della propria. Sono passati due anni dalla tragedia e il prossimo 11 aprile Mirko avrebbe compiuto 20 anni: per questo adesso Paola Piras ha deciso di tornare a parlare di quanto accaduto. Lo ha fatto in un’accorata intervista al Corriere della Sera, in cui ricostruisce l’inferno che ha cambiato per sempre la sua vita e racconta le difficoltà che ogni giorno deve fronteggiare. Sul suo corpo porta i segni della furia di quell’uomo ma è la sua mente ad avere le ferite più indelebili: “Io non ricordo niente, per me quella mattina e tanti altri momenti sono il buio – spiega Paola -. Il cervello impedisce alla memoria di tornare a galla per proteggermi, perché sa che non reggerei anche a questo. Una cosa però l’ho saputa: mi hanno detto che quando mi hanno trovata, Mirko era già morto, accanto a me, e io lo accarezzavo“.
All’epoca fu trasportata in fin di vita in ospedale, fece 40 giorni di coma e poi mesi di riabilitazione: “Quando mi sono svegliata avevo in mente Samuele, il mio figlio più piccolo. Nel sonno del coma vedevo una strada con la sabbia del deserto, una moto, e un bambino piccolissimo, morto, che per me era lui. Ma nell’inconscio evidentemente c’era Mirko, perché appena ho aperto gli occhi ho chiesto a Lorenzo, il mio figlio più grande: Mirko dov’è? Mi ha risposto ‘mamma, Mirko non ce l’ha fatta’. Il mio cervello ricorda che io dissi soltanto ‘ok’. Lorenzo racconta un’altra scena…”. Adesso Paola Piras si è trasferita in Lombardia, dove è “una sconosciuta, non ho addosso gli sguardi di nessuno quando esco. Né pietà, né curiosità, né dolcezza né cattiverie. E va bene così“. Nel tempo, rivela, “mi hanno accusata, insultata. Qualcuno sostiene che sia morto per colpa mia, che avrei dovuto fare questo o quello… Ma che ne sanno? Io sono diventata impermeabile a tutto. Ho subito il danno più grande, che cosa vuole che siano due parole d’accusa? Ma mi disturba molto se le critiche toccano i miei figli. Le lascio immaginare i commenti perché mi ero messa con un pachistano, perché avevo avuto tre figli da due matrimoni diversi e per di più per cinque anni avevo pure lavorato per un mago… Secondo alcuni una cosa di cui vergognarmi, secondo me un periodo divertente”. E ancora: “L’uomo che ha fatto a pezzi la mia vita né io né i miei figli l’abbiamo mai più nominato – sottolinea -. Non ho voluto leggere gli atti del processo e di lui non mi importa niente. Anzi no: mi importa che sia confermato l’ergastolo che gli hanno dato in primo grado“.