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Fdi vuole il carcere per gli ecoattivisti: “Fino a 3 anni per chi imbratta edifici pubblici o beni culturali”. Ultima generazione: “Non ci spaventa”

Fino a 3 anni di carcere per “deturpa o imbratta edifici pubblico o di culto ed edifici sottoposti a tutela come beni culturali”. Fratelli d’Italia vuole punire con la reclusione gli attivisti, in particolare di Ultima generazione, che con azioni dimostrative protestano contro l’inazione dei governi di fronte al cambiamento climatico. Un disegno di legge a prima firma del senatore Marco Lisei “dichiara guerra” ai giovani ambientalisti dei collettivi che negli ultimi mesi si sono resi protagonisti di diverse azioni. Il testo – ancora in fase di perfezionamento – agisce sul decreto legge numero 14 del febbraio 2017 e sull’articolo 635 del codice penale rafforzando le misure in materia di tutela del decoro, nonché le sanzioni previste dal codice penale per chi danneggia beni culturali o ambientali.

E la risposta di Ultima generazione non è tardata: “Siamo molto sorpresi nel vedere una maggioranza che invece di occuparsi della crisi climatica è sempre più attiva nel promuovere leggi ad hoc per punire azioni non violente messe in campo da persone preoccupate per il futuro di tutti”, dice Simone Ficicchia, portavoce del collettivo per il quale la procura di Pavia aveva chiesto la sorveglianza speciale. “Segnalo che esiste già il reato di danneggiamento, che ci è stato anche contestato come ipotesi di reato per le nostre azioni: ma probabilmente questo reato non può essere perseguito in tribunale proprio perché il danneggiamento non c’è mai stato. Per questo si punta a punire l’’imbrattamento, ma questo rischia di portare a una interpretazione arbitraria della legge. È una cosa molto pericolosa”, osserva che annuncia un nuovo ciclo di azioni del collettivo “che saranno direzionate su Roma, a partire dalla metà di aprile. Parliamo di blocchi stradali o azioni più eclatanti e performative, come quelle che abbiamo visto su monumenti e musei negli ultimi tempi. Ma potrebbe esserci anche altro”. E avvisa: “Il disegno di legge non ci ferma e non ci spaventa. Siamo pronti a qualsiasi rischio legale e anche ad andare in carcere”.

Nel dettaglio, per chi ha riportato una o più denunce o è stato condannato – anche con sentenza non definitiva – per vandalismo o danneggiamento volontario di beni culturali tutelati, il disegno di legge di Fdi prevede il divieto, per un minino di sei mesi ad un massimo di un anno, di avvicinarsi ad una distanza inferiore a 10 metri agli edifici sottoposti a tutela. La trasgressione del divieto comporta una multa che va dai 500 ai 1.000 euro. Il disegno di legge inoltre punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni anche chi deturpa o imbratta edifici pubblici o di culto ed edifici sottoposti a tutela come beni culturali. Il disegno di legge del partito di Giorgia Meloni “raddoppia” e aggrava le proposte della Lega, già criticate dai movimenti ambientalisti.

Nella relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge, il relatore Lisei evidenzia come “il diritto di scegliere di compiere azioni di disobbedienza civile” non debba essere “assolutamente confuso con il non-diritto a compiere azioni vandaliche per porre all’attenzione delle persone questo o quel problema o esigenza”. Per il senatore di Fdi si tratta di “un non-principio che non può essere in alcun modo legittimato”.

Lisei elenca una serie di fatti verificatisi nell’ultimo anno, i quali dimostrerebbero che “l’obiettivo dissuasivo non sempre ottiene il risultato sperato”: “Basti pensare, ad esempio, a chi ha condotto il veicolo che guidava, un suv Maserati a noleggio, sulla scalinata di Trinità dei Monti, a chi ha percorso a bordo di uno scooter, sempre a noleggio, una parte del parco archeologico degli scavi di Pompei, a chi ha fatto scii nautico a Venezia nel Canal Grande, ai graffiti sulle mura del Colosseo, alla vernice su una facciata di Palazzo Madama e su altri immobili delle istituzioni pubbliche”. Azioni – rimarca ancora Lisei – che “hanno una loro gravità e non possono essere etichettati come ‘bravate’: sono gravi in ambito sociale perché coloro che le hanno commesse o non le hanno considerate affatto un’anomalia comportamentale o le ha commesse sapendo che sono un’anomalia ma non se ne sono assolutamente curati”.