Diventa sempre più pesante la rata dei mutui a tasso variabile (o di nuova erogazione) che gravano sulle famiglie italiane. Secondo gli ultimi dati di Banca d’Italia, relativi a febbraio, i tassi sono saliti al di sopra del 4% (comprensivi di spese accessorie). Per la precisione il valore si colloca al 4,12%, in aumento dal 3,95% di gennaio. Per quanto riguarda i prestiti al consumo l’interesse è ormai al 9,88% (9,79 nel mese precedente). L’Unione nazionale consumatori calcola che il nuovo rialzo si traduca in un aumento della rata media di 159 euro rispetto ad un anno fa. “Non solo in un solo mese i tassi salgono da 3,95 a 4,12, +0,17% ma rispetto a febbraio 2022, quando erano a 1,85, decollano di 2,27 punti percentuali” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unc. “Considerando l’importo e la durata media di un mutuo, un rialzo dei tassi così consistente significa che la rata, per chi ha sottoscritto ora un mutuo a tasso variabile, aumenta rispetto a un anno fa da 585 a 744 euro, con un rincaro pari a 159 euro al mese. Una mazzata annua pari a 1908 euro” conclude Dona.
Il dato di febbraio, peraltro, ancora non incorpora il rialzo dei tassi di interesse deciso dalla Banca centrale europea a marzo che provocherà inevitabilmente un ulteriore incremento delle rate di mutui e prestiti. Alle prese con i rincari dei prezzi al consumo, salari che non salgono e rate che invece lo fanno, le famiglie italiane sono costrette ad intaccare i risparmi. Come emerge dalle cifre diffuse da Banca d’Italia, i depositi del settore privato sono diminuiti del 2,4% rispetto ad un anno fa. Si ricorre quindi ai prestiti, che sono cresciuti dell’1,1% sui dodici mesi. I prestiti erogati alle famiglie sono aumentati del 2,5 per cento sui dodici mesi (3,0 nel mese precedente) mentre quelli alle società non finanziarie sono diminuiti dello 0,5 per cento (nel mese precedente il tasso di variazione sui dodici mesi era risultato nullo).
Nonostante il deteriorarsi della situazione il governatore di Banca d’Italia, e membro del board della Bce, Ignazio Visco, continua a chiedere moderazione salariale e a sconfessare gli studi della stessa Banca centrale europea che ha in più occasioni rimarcato come l’inflazione dipenda soprattutto dalle aziende che alzano i prezzi più dei costi e sollecitato interventi per sostenere il potere di acquisto dei lavoratori. Un appello, quello di Visco prontamente accolto dal governo guidato da Giorgia Meloni che ieri ha ribadito la necessità di non far crescere i salari. Evocando una “pericolosa spirale” prezzi-salari del tutto inesistente, risponde con un altro mini taglio del cuneo fiscale che lascerà nelle tasche dei lavoratori pochi euro in più al mese. Una misura mirata dichiaratamente a placare le rivendicazioni dei lavoratori e tener bassi i salari, nel Paese in cui negli ultimi 30 anni sono cresciuti dello 0,3% e un dipendente su quattro è in povertà relativa.