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Emanuela Orlandi, il fratello Pietro ascoltato per più di 8 ore in Vaticano: “Ho fatto i nomi e consegnato le chat, ora niente sconti”

di F. Q.

“Al Promotore di giustizia del Vaticano ho consegnato le chat tra due cellulari del Vaticano, facendo anche i nomi”. È durato più di otto ore il confronto tra il fratello di Emanuela Orlandi, Pietro, e il promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi. Varcata da poco la soglia della Città Leonina, Pietro, sentito come “persona informata sui fatti” nell’ambito della nuova inchiesta aperta dal Vaticano sulla scomparsa di Emanuela, ha riferito di aver fatto “anche nomi eccellenti” come quello del “cardinale Giovanni Battista Re”, decano del Collegio cardinalizio. “E’ stato un incontro lungo, ma positivo, otto ore, sono andato alle tre tre e ho finito poco fa, però ho percepito la volontà di fare chiarezza”, ha detto ai giornalisti che lo attendevano all’uscita. “Lo stesso Diddi mi ha detto: ‘Io ho avuto mandato dal segretario e da papa Francesco di fare chiarezza al 100%, di indagare a 360 gradi e non fare sconti a nessuno, dalla base al vertice’ – ha proseguito -, e quello per me già è una cosa positiva. Perché io poi ho raccontato tutto le cose che avrei voluto portare quindi lì ho potuto verbalizzare nomi cognomi di tutte le indagini fatte privatamente”.

E ancora: “Lui mi ha assicurato che le indagini andranno avanti sicuramente fino alla fine – ha spiegato ancora Pietro Orlandi -. Anche perché sono cominciate da parecchio tempo. Ha detto ‘tu non sei il primo che ascoltiamo’, loro hanno già ascoltato diverse persone, hanno già dei documenti su cui lavorare. Ha detto ‘certo, tu ci hai aperto dei mondi nuovi con le cose che ci racconti’. Io gli ho detto che sono contento di questo cosa, gli ho detto che io sono contento proprio del fatto che lui ha detto che non farà sconti a nessuno”, ha spiegato Pietro Orlandi, sottolineando che il quadro che gli è stato tratteggiato è che “sicuramente ci sono delle responsabilità interne al Vaticano. Ho ribadito il fatto che io sono convinto che Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco siano stati e siano a conoscenza di quello che è avvenuto e forse c’è stato un cambiamento nella volontà e hanno deciso magari di fare chiarezza”.

Mi hanno assicurato che non c’è nessuna coincidenza con i funerali di Ratzinger, proprio perché loro già da diversi mesi hanno ascoltato delle persone, stanno andando avanti, stanno lavorando su molte cose. Però quello che gli ho raccontato, e davvero non ho fatto sconti a nessuno neanche io – dalla questione legata al pm di Roma Capaldo, che è la questione che reputo più importante, dalla questione di Londra, del racconto del gendarme sui famosi quattro cardinali, per far capire che in Vaticano nell’83 la pedofilia era accettata, quindi era una cosa su cui indagare -, è che la necessità è che non ci siano protezioni per nessuno”, ha concluso.

In serata, ospite della trasmissione di La7 “DiMartedì“, Pietro Orlandi è tornato anche sulla questione di una eventuale “incompatibilità” dell’attuale presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone (il magistrato che ha archiviato l’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela quando era procuratore capo della Procura di Roma, ndr) con un suo ipotetico ruolo di testimone nella inchiesta aperta dal Vaticano sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, è stata menzionata durante il colloquio di più di otto ore tra Pietro Orlandi e il promotore di giustizia vaticano, Alessando Diddi.

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