Per la seconda volta in poche ore il Parlamento svizzero ha bocciato il pacchetto di aiuti predisposti dal governo per il salvataggio di Credit Suisse e il finanziamento dell’acquisizione da parte di Ubs. Il piano includeva 109 miliardi di franchi svizzeri (110 miliardi di euro) in forma di garanzie finanziarie per eventuali perdite che dovessero derivare dall’operazione. Il voto ha un valore esclusivamente simbolico poiché l’impegno del governo è stato assunto utilizzando la legge di emergenza e non può essere annullato. I potenziali costi del salvataggio ammontano a oltre 13mila franchi per ciascuno degli 8,4 milioni di abitanti del paese. Oltre alle garanzie del governo c’è una linea di credito da 100 miliardi di franchi messa a disposizione dalla banca centrale svizzera. Nell’insieme il piano di salvataggio vale quindi 209 miliardi di franchi. Nei giorni scorsi il governo svizzero ha fatto ricorsi ai poteri previsti dalla legge di emergenza per cancellare o ridurre i bonus che avrebbero dovuto comunque essere distribuiti ai manager del colosso bancario fallito. Dall’unione delle due banche potrebbero derivare fino a 30mila licenziamenti, verosimilmente concentrati sull’organico di Credit Suisse che conta circa 50mila addetti. Il voto contrario è la testimonianza del forte malcontento dell’opinione pubblica nei confronti dell’operazione.

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