Arrestato per la morte della moglie, indagato per quella della suocera, a rischio anche l’amante. È l’ultimo sviluppo dell’inchiesta sul medico bolognese Giampaolo Amato. Dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip Claudio Paris, infatti, emerge che il professionista è sotto inchiesta anche per il decesso di Giulia Tateo, morta 22 giorni prima della figlia. Secondo i pm, però, gli esiti medico-legali su questo secondo caso di possibile omicidio con somministrazione di farmaci sono da intendersi “come preliminari e necessitanti di indagini di conferma“. In tutto ciò, le analisi sono “risultate positive a Midazolam ed al suo metabolita”, ed è emerso anche il sospetto della presenza di sevoflurano nel prelievo di polmone.
“FORSE UNA TISANA” – Il Midazolam, del resto, compare anche nella vicenda relativa all’omicidio della moglie di Amato. Un’ipotesi plausibile, secondo il Gip Claudio Paris, è che il professionista abbia somministrato i farmaci letali alla moglie all’interno di una tisana. “Riacquistata da qualche tempo la fiducia della moglie – ricostruisce il giudice che ha disposto il carcere per il medico 64enne – l’indagato ben può averle somministrato il Midazolam all’interno di qualche bevanda, come peraltro aveva già fatto in passato”. Del resto, sottolinea “è proprio la figlia” a riferire della ripresa abitudine del padre di preparare tisane per la madre. I due coniugi, che vivevano sostanzialmente da separati in casa, secondo le indagini nel periodo precedente alla morte della 62enne, tra il 30 e il 31 ottobre 2021, sembravano stessero vivendo un periodo di riavvicinamento. Secondo il Gip, sulla base delle consulenze medico legale disposte, “deve affermarsi che Isabella Linsalata è deceduta per un’intossicazione acuta da (diversi) xenobiotici”. Per la Procura sostanze sedative e psicotrope/psicoattive e, in particolare, sevoflurano e midazolam.
LA BOTTIGLIA DI VINO – Nel frattempo emergono altri particolari su tutta la vicenda. Su una bottiglia di vino bevuta nel maggio 2019 da Isabella Linsalata tre anni dopo sono state trovate trovate tracce di Midazolam, la stessa sostanza poi rilevata dal medico legale nell’autopsia. La bottiglia è stata conservata e consegnata agli investigatori dalla sorella della vittima. L’episodio emerge dagli atti che hanno portato all’arresto per omicidio premeditato: l’ipotesi è infatti che Amato abbia organizzato una “complessa macchinazione“, spiega il Gip Claudio Paris, che ha provocato la morte della donna con sostanze con ogni probabilità sottratte nei giorni precedenti da uno degli ospedali dove lavorava come medico. Il 19 maggio 2019 la 62enne era stata trovata dalla sorella in condizioni particolari: “Sembrava che fosse un po’ ubriaca e rimbambita“, ha riferito poi. Isabella aveva detto alla sorella che il vino che aveva bevuto a cena era amarissimo (cosi come lo erano le tisane preparate dal marito nei giorni precedenti). A quel punto la sorella aveva recuperato la bottiglia in questione, trovata, già lavata, nel bidone del vetro. Dopo aver saputo ha cercato quindi di far analizzare la bottiglia, non trovando però laboratori idonei. A marzo 2022 la bottiglia è stata sequestrata dagli inquirenti e analizzata, con esito positivo.
I SOSPETTI – Isabella Linsalata, tra l’altro, sospettava sin dall’inizio del 2019 che il marito le somministrasse a sua insaputa sostanze tossiche, anche se con ogni probabilità escludendo che l’uomo volesse in quel modo ucciderla. Lo evidenzia sempre il gip, che ha disposto il carcere per Amato. Tutto questo emerge da una serie di elementi, a partire proprio dalle dichiarazioni della sorella e di due amiche, con le quali la vittima non solo si confidava, ma assunse iniziative “per fugare i propri dubbi al riguardo”. Ed è soprattutto “grazie alla lungimiranza, al senso di protezione (prima) ed all’ostinata ricerca della verità (poi) serbati in particolare da queste tre donne, che non l’hanno mai abbandonata, che si dispone oggi di accertamenti di tipo tecnico formatisi ben prima del suo decesso”, sottolinea il giudice, parlando di “prove a futura memoria“, raccolte da Isabella e dalle tre donne, come nel caso della bottiglia di vino conservata dalla sorella.
“A RISCHIO ANCHE L’AMANTE” – Anche la donna con cui Giampaolo Amato ebbe una relazione extraconiugale è posta nel “concreto rischio di subire una sorte analoga a quella della Linsalata, tanto più ove la stessa dovesse decidere davvero di rifarsi una vita”. È quanto si legge motivazioni delle esigenze cautelari del gip per Giampaolo Amato. Nel delineare la personalità dell’indagato il giudice per le indagini preliminari ricorda gli esami fatti dalla moglie che avevano rilevato la presenza di ansiolitici che lei non assumeva, già nel 2019: “Nonostante questa consapevolezza e la previsione dunque di poter esser smascherato guadagnandosi un ergastolo, anche a distanza di quasi due anni e mezzo da quei primi tentativi, non riesce ad astenersi dal suo proposito omicidiario, in preda com’è a quell’irrefrenabile e morboso desiderio” dell’altra donna.
L’INTERCETTAZIONE – “Ma secondo te, ci dobbiamo veramente iniziare a pensare, questo qua fuori di testa può aver fatto qualcosa quella sera?”. “Questo qua”, per gli investigatori, sarebbe Gianpaolo Amato e le parole intercettate sono della giovane con cui l’uomo aveva una relazione extraconiugale. La telefonata agli atti dell’inchiesta è del primo aprile 2022, alcuni mesi dopo la morte di Linsalata, tra la giovane e un’amica. La prima, osserva il Gip, “mette in campo l’ipotesi che davvero Amato possa aver ucciso la moglie” la sera tra il 30 e il 31 ottobre 2021, e questa circostanza è, secondo il giudice, “elemento a carico di straordinaria importanza“. Nella conversazione con l’amica, si chiede la giovane donna, “questo riesce ad essere un pazzo furioso, ma davvero noi siamo convinti che lui… non si sia fatto venire un momento di delirio, perché io in quel periodo no non gli rispondevo più al telefono, non ci sentivamo più: ero dura di nuovo…”. Il riferimento è agli alti e bassi della relazione tra i due.
IL MOVENTE – Il movente dell’omicidio di Isabella Linsalata, secondo il gip, è “di tipo innanzitutto sentimentale, senza tuttavia potersi neppure escludere l’incidenza di spinte di tipo economico“. Il giudice ricostruisce la relazione extraconiugale dell’indagato con una giovane e conclude che è “senz’altro questo inconfessabile desiderio“, lasciare la moglie per un’altra, “che lo ha spinto a cagionarne volontariamente la morte”. L’indagato, dipendente dell’Ausl (che ne ha disposto la sospensione dal servizio) viene descritto dal gip come “un uomo al cospetto di dolorosissime decisioni, diviso com’è tra la volontà di non far soffrire i propri familiari e il desiderio di vivere liberamente la sua relazione con la giovane amante (che tuttavia nella sua mente, nonostante la non semplice tempistica di realizzazione, ha ormai assunto un’incidenza soverchiante)”. Proprio per via “delle sue palesate ambiguità subisce in quel periodo una serie di pressioni, frustrazioni ed umiliazioni che ne fanno un uomo all’angolo, infelice e pericoloso”. Il giudice, accogliendo e facendo proprie le richieste della Procura, prosegue il ragionamento: “È chiaro che questo stato di cose si risolverebbe d’un tratto se cessasse di frapporsi l’unico ostacolo alla sua storia d’amore” ossia “il suo matrimonio con la Linsalata; o meglio, si risolverebbe in maniera tutto sommato indolore per l’immagine che vuole preservare di sé, se tale matrimonio cessasse per cause di forza maggiore, per nulla riconducibili agli occhi dei terzi alle sue défaillances di marito, ed al suo desiderio, potenzialmente già trapelato o comunque intuibile, di lasciare la moglie per un’altra donna”.
SENTIMENTO ED EREDITA’ – E quindi “è senz’altro questo inconfessabile desiderio che può averlo spinto già nel 2019 ad attentarne alla vita“, sempre con una somministrazione di farmaci, “come pure è senz’altro questo inconfessabile desiderio che lo ha spinto a cagionarne volontariamente la morte nel 2021”. Il movente economico, invece, individuato dal giudice diversamente da quando sostenuto dalla Procura, riguarda la situazione “tutt’altro che florida” dell’indagato, anche per via della dispendiosità della relazione extraconiugale”. Sicché “avrebbe molto da perdere da un eventuale divorzio con la moglie – che viceversa dispone di un apprezzabile patrimonio immobiliare – e già gliene ha prospettato la possibilità”. Di contro, “l’eventualità di rimanere vedovo, oltre a regalargli la possibilità di vivere finalmente la propria storia d’amore” con l’amante, “gli offrirebbe altresì una lusinghiera successione“. Dopo la morte della moglie, tuttavia, la relazione tra i due si è interrotta, da quando l’amante è stata sentita come testimone in relazione all’indagine per omicidio.
LA MORTE – La svolta nel caso è arrivata a distanza di un anno e mezzo dalla morte della moglie dell’ex medico della Virtus Bologna. Isabella Linsalata, 62 anni, specialista in ginecologia e ostetricia, era stata trovata senza vita nel suo appartamento di Bologna, in zona Murri, lo scorso 31 ottobre del 2021. Una morte naturale si diceva, almeno fino a pochi giorni fa, quando il marito, Giampaolo Amato, 64 anni, è stato arrestato con l’accusa di omicidio aggravato, peculato e detenzione illecita di farmaci psicotropi. Secondo la Procura ha infatti ucciso la moglie somministrandole di nascosto benzodiazepine e un anestetico ospedaliero. Accuse respinte al mittente dall’uomo, che si dichiara innocente. Gli investigatori hanno eseguito l’ordinanza applicativa della misura cautelare in carcere sabato scorso: un provvedimento richiesto dalla Procura, con il pm Domenico Ambrosino, ed emesso dal gip. Sulla vicenda le bocche degli inquirenti sono cucite, nonostante le lunghe indagini e un caso rimasto praticamente nascosto.
LA STORIA – Amato, specializzato in oftalmologia e in medicina dello sport, con un dottorato in scienze neurologiche, già medico sociale della Virtus Pallacanestro (dal 2013 al 2020) e dipendente dell’Ausl di Bologna, anche se dal primo aprile risulta fuori turno all’ospedale Maggiore, si trova ora nel carcere della Dozza. Fu proprio lui il 31 ottobre 2021 a chiamare il 118 dicendo di avere trovato la donna priva di sensi nel letto del loro appartamento in via Bianconi. I sanitari constatarono il decesso, attribuendolo a cause naturali. I successivi accertamenti tossicologici e le indagini coordinate dalla Procura hanno invece portato a ipotizzare che la morte sarebbe stata provocata, secondo l’accusa, dalla somministrazione dolosa da parte del marito di due farmaci: una benzodiazepina e un anestetico ospedaliero, entrambe sostanze facilmente reperibili per un medico. Durante le stesse indagini sarebbe emerso che già alcuni anni prima la donna potrebbe essere stata oggetto di altre somministrazioni di benzodiazepina a sua insaputa, che si suppongono riconducibili al marito e mai denunciate, e che le avevano causato episodi di malessere e di narcolessia. L’uomo avrebbe preso i farmaci nella struttura dove lavorava, da qui l’accusa di peculato. Il medico 64enne durante le indagini, parlando con gli inquirenti, si è sempre dichiarato innocente, ma nell’interrogatorio di garanzia dopo l’arresto si è avvalso della facoltà di non rispondere. I suoi legali, Gianluigi Lebro e Cesarina Mitaritonna, hanno già fatto ricorso al Tribunale del Riesame, impugnando l’ordinanza di custodia, e sono in attesa della fissazione dell’udienza. Ora il nuovo colpo di scena.