“Il primo corso in Italia per diventare principesse”. Il corso era in programma ad aprile. La pubblicità è di qualche settimana fa. Una scuola per imparare il galateo, il portamento, la camminata con i tacchi, il bon ton, la dizione, il trucco e l’acconciatura. A fare da biglietto da visita, la fotografia di una bambina con tanto di corona, trucco e vestitino bianco con pizzi. Tre mesi di lezioni per ragazzine dai 6 ai 9 anni. A organizzare il tutto “Stefania Vadalà eventi”, che ha una sede a Rho.

La notizia è stata ripresa anche dal nostro giornale, ma al di là della cronaca merita una riflessione più profonda. E’ assurdo che si sia anche solo pensato ad un corso per principesse: una scuola di stereotipizzazione. Due i motivi.

Il primo: l’idea di essere una principessa si associa a quella della ricchezza, della borghesia. Pensare di insegnare a delle bambine o a dei bambini di diventare aristocratici è fuorviante, perversa. In un Paese dove un giovane su quattro è a rischio di povertà servirebbe una scuola che insegni l’idea di solidarietà, di cooperazione, che non crei ancor più lo stigma del divario sociale.
Il secondo: perché associare alle bambine l’immagine di una principessa? Perché insegnare la camminata con i tacchi, il trucco e l’acconciatura? Nessuna contrarietà al dare valore alla femminilità o alla bellezza, ma chi insegna vede sempre più sfilare in classe bambine truccate a otto-nove anni. Ho alunne che si fanno le unghie a dieci. Conosco bambine che a sei anni si truccano. I bambini devono fare i bambini: giocare a fare le principesse così come le poliziotte, le contadine come le ballerine, le cassiere come le ingegnere, le scienziate come le parrucchiere.

Non sentivamo il bisogno di avere una scuola per principesse in una società dove la lotta contro gli stereotipi resta una priorità culturale che dev’essere fatta a scuola come a casa.

Mi auguro che nessuno si sia iscritto ad un corso così assurdo, che nessuna madre o padre abbia pensato di fare della propria figlia una principessa: andrebbe tolta loro la genitorialità!

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